varie, 31 gennaio 2008
COLOMBINI Mario
COLOMBINI Mario Rosignano Marittimo (Livorno) 25 settembre 1946. Manager. Amministratore delegato della Calcestruzzi. Accusato di truffa, inadempimento di contratti di pubbliche forniture e intestazione fittizia di beni, con l’aggravante di avere agevolato l’attività della Mafia, il 30 gennaio 2008 fu arrestato • «[...] Fondi neri per le tangenti alla mafia e calcestruzzo “allungato” per costruire ponti, strade ed altre opere pubbliche con minor spesa e maggiori guadagni. Questa la convinzione dei magistrati che [...] a Caltanissetta hanno chiuso l’inchiesta sul colosso del settore [...] Imputazioni pesantissime lette all’alba da Colombini, incredulo, raggiunto da carabinieri e Gico della Guardia di finanza nella sua casa di Camparada, in Brianza. Con lui in carcere il direttore di zona per Sicilia e Campania, Fausto Volante, nei mesi scorsi sospeso dall’azienda. In manette anche l’ex dipendente della società bergamasca, Francesco Librizzi, succeduto come capo area per la Sicilia, e Giuseppe Giovanni Laurino, ex dipendente, stessa qualifica. L’aria di tempesta era annunciata da tempo in una terra dove le forniture per il materiale edilizio costituiscono uno dei bocconi prescelti dalle cosche. E il vertice della Calcestruzzi, un pianeta del sistema Italcementi (Gruppo Pesenti), alla vigilia di Natale aveva dato per questo un annuncio clamoroso: la sospensione delle attività nell’isola, l’allontanamento di personaggi sotto inchiesta e la costituzione di un pool di “saggi” per scrivere un “codice comportamentale”, il tutto con la piena disponibilità a collaborare con la Procura di Caltanissetta retta da Renato Di Natale. [...]» (Felice Cavallaro, “Corriere della Sera” 31/1/2008) • «Diciannove giorni prima di morire, il 30 giugno 1992, era stato Paolo Borsellino a scoprire il segreto: “Alla Calcestruzzi spa è interessato Totò Riina”, rivelò il pentito Leonardo Messina. Ma non restò altro tempo per indagare. Ci sono voluti ben sedici anni per far emergere i misteri del colosso italiano del cemento. E adesso, l’arresto dell’amministratore delegato dell’azienda bergamasca, Mario Colombini, suggerisce che questa non è solo una storia del passato, di quando Riina era in libertà. Secondo i magistrati nisseni, i vertici della Calcestruzzi avrebbero continuato a lavorare a fianco dei manager più fidati di Cosa nostra. Come ricompensa per i servizi e gli investimenti, il management della società avrebbe offerto ai padrini laute parcelle, prelevate dai fondi neri creati con una doppia gestione della produzione. Ovvero, il costo “mafia” sarebbe stato ammortizzato sul cemento destinato alle opere pubbliche: veniva dichiarata la consegna di una quantità, si caricava in betoniera molto meno. Un ex autista della Calcestruzzi arrestato nei mesi scorsi è il pentito che sta svelando ai magistrati tanti segreti, che non sarebbero solo siciliani. Per questa ragione, il gip Giovanbattista Tona ha disposto il sequestro dell0intera società e di un patrimonio che ammonta a 600 milioni di euro. [...] la Calcestruzzi. “Non pagava neanche il pizzo – ha spiegato Angelo Siino, il ministro dei lavori pubblici di Cosa nostra, oggi collaboratore di giustizia – la società era diretta emanazione dei Buscemi”. Erano i manager prediletti di Riina e Provenzano, l’anello di collegamento con i dirigenti della Calcestruzzi in Sicilia: non è ancora chiaro quanto Raul Gardini avesse compreso le collusioni dei suoi manager. A Caltanissetta, è in corso da mesi un’altra inchiesta per scoprire le vere ragioni del suicidio del magnate di Ravenna, nel ’93. Di certo c’è solo che i misteri di questa storia restano in un impianto di calcestruzzi nel cuore della Sicilia, a Riesi. Lì, il colosso del cemento arrivò negli anni Ottanta. Spiegano i pentiti: “Riina ordinò, non dobbiamo disturbarli”. [...]» (Salvo Palazzolo, “la Repubblica” 31/1/2008) • «La prova “cubetto” fatta nell’impianto Calcestruzzi di Castelbuono dava sempre esito negativo. Ma alla fine, qualche campione preso a sorpresa e fatto esaminare fuori, rivelò quello che è stato battezzato il metodo della “doppia ricetta”. Quella ufficiale, con la composizione a norma di legge dei conglomerati da fornire alle aziende, e quella taroccata con un risparmio di cemento che fruttava all’azienda ben 2,40 euro a metro cubo. Così, tanto per fare un esempio, con la sola fornitura di cemento alla ditta che stava realizzando la galleria dell’autostrada Palermo-Messina a Castelbuono, la Calcestruzzi spa avrebbe costituito una “riserva” di 240 mila euro, fondi neri con i quali pagare la quota di Cosa nostra. Così dicono i magistrati della Dda di Caltanissetta, Renato Di Natale e Nicolò Marino, che ritengono di avere concreti elementi per temere che questo metodo siciliano possa essere stato esportato dal colosso di Bergamo anche negli impianti del resto d’Italia che riforniscono i più grossi cantieri di opere pubbliche, da quelli per la Tav al maximuseo d’arte contemporanea di Roma, dalla chiesa di San Paolo a Pescara al ponte sul Po di San Rocco al Porto a Lodi, tanto per citare le più recenti. [...] “Il sistema illecito - scrivono i magistrati - è in grado di funzionare su tutto il territorio nazionale e comunque dalla sede centrale è stato seguito e avallato. Gli elementi raccolti sul sistema informatico inducono allo stato a ritenere che l’intera struttura della Calcestruzzi sia in condizione di utilizzare il sistema della doppia ricetta”. E se in Sicilia, la costituzione di fondi neri serviva a pagare Cosa nostra, i magistrati ritengono che “essa può essere adottata adeguatamente anche altrove”. [...]» (Alessandra Ziniti, “la Repubblica” 31/1/2008).