La Repubblica 30/01/2008, Mario Calabresi Corriere della Sera 30/01/2008, Alessandra Farkas, 30 gennaio 2008
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IL J´ACCUSE DEL FIGLIO DI WOODY ALLEN. La Repubblica 30 gennaio 2008. NEW YORK. «La scorsa settimana il Consiglio dell´Onu per i Diritti Umani in una sessione di emergenza ha condannato Israele per le incursioni a Gaza. Che il Consiglio sia stato capace di una reazione rapida è una benvenuta sorpresa. Non lo è però che Israele sia la sola nazione capace di provocare questa azione. Nei 17 mesi dalla sua creazione il Consiglio dei Diritti Umani ha approvato 13 condanne: 12 di queste contro lo stato ebraico». La denuncia è di un ragazzo prodigio di vent´anni, appassionato di diritti umani, che fa la scuola di legge dell´Università di Yale ed è portavoce dei giovani dell´Unicef. Il suo nome è Ronan Farrow, la mamma è la famosa attrice Mia - da cui ha preso il cognome - e il padre è Woody Allen.
Il suo j´accuse è stato pubblicato ieri nella pagina degli editoriali del Wall Street Journal, ma la sua non è solo una riscoperta delle radici ebraiche della famiglia, è soprattutto l´allarme per la mancanza di prese di posizione della Nazioni Unite davanti al genocidio in Darfur, come alle violazioni dei diritti umani in Bielorussia piuttosto che a Cuba.
Ronan è al centro delle cronache fin dai tempi della tempestosa separazione dei genitori, quando si scoprì che era uno studente strepitoso e geniale capace di entrare all´Università a soli 11 anni e di laurearsi a 15. L´anno dopo era stato accettato alla prestigiosa Yale Law School, ma aveva rinviato la frequenza per lavorare sul fronte dei diritti umani con l´Unicef, viaggiando in Nigeria, Angola e Sudan. Il padre tutto questo lo scoprì dai giornali perché Ronan non gli parla da anni: «E´ un amorale, ha sposato mia sorella Soon Yi e mi ha reso al tempo stesso suo figlio e cognato». Una rabbia che lo ha perfino portato a cambiarsi il nome da Satchel a Ronan, per rompere con il passato e con le scelte paterne. Un padre che sulle questioni di politica internazionale è sempre stato molto cauto, tanto che quando nel 2002 l´American Jewish Congress aveva proposto il boicottaggio del Festival di Cannes per protestare contro una recrudescenza di antisemitismo in Francia, si era opposto: «I boicottaggi erano quello che i tedeschi facevano contro gli ebrei. La Francia non è antisemita».
Il figlio invece non ha avuto paura di attaccare il Consiglio per i Diritti Umani, che ha sede a Ginevra, per la raffica di risoluzioni approvate contro Israele, mettendo a nudo uno degli organismi più discussi delle Nazioni Unite. Come racconta Ronan «il Consiglio rimpiazza quello che era considerato il cancro dell´Onu, la Commissione per i Diritti Umani», che aveva toccato il suo punto più basso quando a presiederla era stata scelta la Libia di Gheddafi. Due anni fa la vecchia Commissione era stata chiusa e si era pensato ad un nuovo inizio, con standard più severi per la selezione dei Paesi membri e regole per prevenire voti partigiani. Ma oggi, scrive Ronan, «la situazione non è migliorata: solo 25 dei 47 membri sono libere democrazie e Cina, Cuba, Russia e Arabia Saudita, nazioni continuamente responsabili per violazioni della dichiarazione universale dei diritti umani dell´Onu dominano il Consiglio, guidando un forte blocco di nazioni prevalentemente arabe e africane che votano compatte». Un comportamento che è sotto gli occhi di tutti anche al Palazzo di Vetro, dove nessuno si stupisce del fatto che - come sottolinea il giovane figlio del regista newyorkese - Cina e Egitto, alleati del Sudan, continuino a fare scudo al regime di Khartoum di fronte alle accuse internazionali sul Darfur.
Dall´altra parte non si può ignorare che il sistema dei veti incrociati è invece capace di paralizzare il Consiglio di Sicurezza dell´Onu, che da una settimana non riesce a trovare l´accordo per una dichiarazione comune su quello che sta succedendo a Gaza e in Egitto. Così come a dicembre era fallita l´idea di approvare un documento in favore del processo di pace cominciato alla Conferenza di Annapolis, per la contrarietà dell´ambasciatore israeliano, immediatamente sposata dagli Stati Uniti.
Mario Calabresi
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Il figlio prodigio di Woody Allen «L’Onu? Un cancro antisemita». Corriere della Sera 30 gennaio 2008. NEW YORK – Suo padre, Woody Allen, è stato accusato per anni dalle organizzazioni ebraiche di essere un «self-hating jew», un ebreo che si odia in quanto tale. Sua madre, Mia Farrow, è una cattolica praticante. Ciò non ha impedito al loro unico figlio biologico, Ronan Seamus Farrow, di firmare sul Wall Street Journal un editoriale pro-Israele e anti-Onu tanto appassionato da meritargli il ringraziamento personale dell’ambasciatore di Gerusalemme al Palazzo di Vetro.
«La scorsa settimana il Consiglio delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, in una sessione di emergenza organizzata dai Paesi arabi e musulmani, ha condannato Israele per le incursioni a Gaza – tuona il 21enne Farrow ”. Che il Consiglio sia stato capace di una reazione rapida è una benvenuta sorpresa. Non lo è però che Israele sia la sola nazione capace di provocare tale azione ». «Nei 17 mesi dalla sua creazione, il Consiglio dei Diritti Umani ha approvato 13 condanne: 12 di queste contro lo Stato ebraico», prosegue l’editoriale, che accusa il Consiglio dell’Onu, nato due anni fa sulle ceneri della screditata Commissione per i Diritti Umani, di essere «un cancro antisemita altrettanto maligno del suo predecessore». E invita i Paesi membri a buttare tutto alle ortiche «per ricominciare da capo».
La passione delle sue argomentazioni non è passata inosservata alla Missione d’Israele alle Nazioni Unite. « una ventata d’aria fresca in mezzo ad un mare di fango antisemita – spiega l’ambasciatore di Gerusalemme all’Onu Dan Gillerman ”, Farrow fa bene a chiamare il Consiglio un cancro. un cancro mostruoso, perché mentre calunnia Israele ignora i genocidi e gli abusi dei diritti umani veri, in aumento in tutto il mondo ».
Nel suo editoriale Farrow dice anche questo. Una presa di posizione a sostegno dello Stato ebraico in netto contrasto con le politiche di suo padre, accusato per anni di schernire la cultura ebraico-americana e di avere una predilezione per le «shiksas », o donne non ebree. «Mi accusano di essere un ebreo che si odi» si difende Allen in un’intervista al Jerusalem Post dove spiega che «se è vero che sono ebreo e non mi amo molto, la religione non c’entra nulla».
Anche in questo il giovane Farrow è insomma l’opposto del padre, cui non rivolge la parola dai tempi della traumatica separazione dalla madre, nel 1992, e la successiva battaglia legale per la sua custodia, vinta dall’attrice. « un amorale, ha sposato mia sorella Soon Yi e mi ha reso al tempo stesso suo figlio e cognato», ha proclamato in un’intervista.
Mentre il regista di «Manhattan» e «Mariti e mogli » si è sempre vantato di non aver terminato gli studi (fu espulso dalla New York University nel 1953) suo figlio è una sorta di enfant prodige,
corteggiato per anni dalle università più prestigiose del Paese. A 11 inizia a frequentare i corsi universitari al Simon’s Rock College del Massachusetts, a 15 diventa il più giovane laureato nella storia del Bard College. L’anno dopo, a 16, viene accettato alla prestigiosa Yale Law School ma rinvia la frequenza per lavorare come «Assistente Speciale» dell’ex ambasciatore americano all’Onu Richard Holbrooke. La sua grande musa: sua madre, da anni attivista dell’Unicef. Con lei viaggia nel Sudan dilaniato dalla guerra civile e in Nigeria ed Angola, lavorando sul fronte dei diritti umani e scrivendo articoli impegnati dalla prima linea che vengono pubblicati da testate quali l’International Herald Tribune e il Washington Post.
Alessandra Farkas