Il Sole 24 Ore 29/01/2008, Michele Calcaterra, 29 gennaio 2008
Spagna, doni elettorali per 20 miliardi. Il Sole 24 Ore 29 gennaio 2008. MADRID. Socialisti e popolari, a due mesi dal voto del 9 marzo, stanno tentando di conquistare l’elettorato spagnolo a suon di miliardi di euro
Spagna, doni elettorali per 20 miliardi. Il Sole 24 Ore 29 gennaio 2008. MADRID. Socialisti e popolari, a due mesi dal voto del 9 marzo, stanno tentando di conquistare l’elettorato spagnolo a suon di miliardi di euro. La promessa fatta domenica scorsa dal presidente José Luis Zapatero di distribuire a giugno a ciascun contribuente 400 euro costerà allo Stato 5 miliardi di euro. Il Psoe e il Pp hanno fatto finora proposte di tipo economico-fiscale per un ammontare complessivo di 20 miliardi. Cifre importanti dunque, il cui finanziamento potrebbe mettere in pericolo l’equilibrio dei conti pubblici, ora che l’economia ha rallentato. I più pessimisti affermano addirittura che la Spagna potrebbe passare nel 2008 da un surplus superiore al 2% a un deficit di bilancio. Tale sarebbe infatti il costo per sostenere i minori introiti di carattere fiscale, frutto della campagna elettorale, ma anche la prevedibile accelerazione delle opere pubbliche necessarie per sostenere l’economia e il mercato del lavoro. Il rigore degli anni passati, che ha permesso alla Spagna di diventare uno dei Paesi più virtuosi della Ue (il debito è sceso al 34% del Pil), potrebbe insomma lasciare il posto a una politica più propensa al sostegno dei consumi che al controllo della spesa. «Sull’economia spagnola - spiega al Sole 24 Ore il politologo e sociologo Victor Perez-Diaz, autore del libro «La lezione spagnola» (Il Mulino) - siamo in stato di allerta, non ancora di allarme. A breve termine, vale a dire per i prossimi uno o due anni, i segnali sono di difficoltà. Mentre in prospettiva i problemi potrebbero essere molto più seri». Perez-Diaz non vuole dire che il "miracolo spagnolo" ha ormai fatto il suo tempo, ma è convinto che senza un rinnovamento e una serie di riforme il Paese rischia di bruciare quanto fatto negli ultimi anni. «Nella Spagna di oggi - prosegue il sociologo - non vedo possibilità di convergenza verso i Paesi più progrediti se non si inizia a investire seriamente nell’istruzione e in ricerca e sviluppo. Stato e privati devono stipulano un ambizioso accordo di collaborazione». Di questa situazione, secondo Perez-Diaz, sono responsabili sia i socialisti sia i popolari. Ma soprattutto i primi, dato che sono stati al Governo nella legislatura che sta per concludersi. «Credo - prosegue il politologo - che il bilancio del presidente Zapatero sia stato negativo sul fronte delle riforme, ma ancor più su quello del nazionalismo e del terrorismo, che non è stato affrontato dal premier nella giusta dimensione». Secondo Perez-Diaz, nella lotta all’Eta Zapatero ha confuso i desideri con la realtà. «La posizione poco chiara del Governo - osserva - ha permesso il riarmo dei terroristi e alimentato le loro velleità politiche». Lo stesso vale per le sempre più forti spinte autonomiste delle regioni. Perez-Diaz è convinto che siano stati allentati troppo i cordoni e che lo Stato centrale abbia perso potere. «Con il rischio concreto - aggiunge - che entro dieci anni le autonomie inizino il processo di autodeterminazione e ottengano l’indipendenza». Quella di Perez-Diaz è una provocazione, ma non sono in pochi quelli che vedono in pericolo l’unità del Paese. Del resto, sottolinea il politologo, non è vero che Zapatero è disposto a scendere a patti con i nazionalisti pur di battere i popolari? Difficile dire come andrà a finire il 9 marzo. Molti osservatori credono, visti gli ultimi sondaggi, che il risultato possa essere di sostanziale pareggio tra destra e sinistra. I nuovi partiti (come Ciutadans), che denunciano il sistema e tentano di avvicinare il linguaggio della politica a quello del popolo «hanno più un valore morale - dice Perez-Diaz - che concreto. Tendono infatti a essere emarginati dall’establishment finanziario-mediatico». Il quadro generale è di una Spagna "felix", ma al termine di un ciclo in cui tutto è andato bene. La vera scommessa è dunque capire se il Paese sia preparato ad affrontare le sfide del futuro. Perez-Diaz non appare particolarmente ottimista e dice che la Spagna è concentrata troppo su se stessa. narcisista e poco sensibile alla politica estera. Il "miracolo" potrà continuare solo se ci sarà un cambio di marcia. Michele Calcaterra