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 2008  gennaio 30 Mercoledì calendario

ARTICOLI VARI SOCGEN


LA STAMPA 29/01/2008
Domenico Quirico
Il top manager sussiegoso che ha conosciuto la galera. Daniel Bouton ha la faccia di uno che non è mai stato giovane, carico di glorie monetarie e amministrative pare aver sempre passato il suo tempo a annichilire gli avversari di Borsa. E’ un uomo di granito, insensibile alla fama ormai immortale e planetaria di bancario più gabbato della storia. Continua a scrivere agli azionisti e ai clienti messaggi pascoliani, l’ultimo ancora ieri mentre Sarkozy lo malmenava con una esplicita richiesta di farsi da parte. L’ha utilizzato per ribadire che è tutta colpa di quel Jérôme Kerviel e della sua diabolica capacità di dissimulazione, che la Société Générale ha «la capacità di rifarsi », ovviamente se guidata da lui, e trova nell’oscuro cotidie « motivi di ottimismo ».
La Francia è un paese di cavillosi, di contenziosi, di astuti ma che in realtà è di una ingenuità che spesso sorpassa il ridicolo. Se il poujadismo, che non è mai andato in pensione ma si è soltanto travestito con altre casacche, tornerà di moda bisognerà darne demerito a questo Bouton. Inevitabile associare l’entità del disastro della SocGen con l’ammontare del suo stipendio di manager, uno dei più alti di Francia, 3,3 milioni di euro.
Il fatto che fino a ieri la rivista Capital lo riverisse come un profeta della Borsa è una costatazione che fa solo riemergere molti francesi parecchio incarogniti. Non li rende più mansueti il sapere che lui a rinunciato in segno di buona volontà, visti i tempi, a sei mesi di stipendio. Sei mesi!
E’ un enarca di 58 anni e si potrebbe arrestar lì la sua biografia. Sì, proprio uno di quei tipi sussiegosi con un posto riservato alla destra del destino che Sarkozy detesta (forse perché non lo è) e che vorrebbe annacquare alla guida della République con robuste immissioni di un Terzo Stato fatto di « fatti da sé », ovvero di tipetti come lui senza troppi titoli e esami.
Allora: ispettore delle finanze a 23 anni, direttore di gabinetto di Alain Juppé quando il delfino di Chirac era al bilancio, poi dieci anni fa alla guida della Société Générale appena privatizzata: va bene, va bene, eran cose che fino a una settimana fa suscitavano, a leggerle, vaste e epidermiche commozioni. Si tira fuori il fazzoletto di fronte a questi « commis » di stato che hanno fatto grande la Francia fin da tempi di Fouquet; ma che talvolta tendono a strafare, a credersi indispensabili e onnipotenti e che nell’Antico Regime si correggevano affidandoli al fresco della Bastiglia.
E’ «una brillante macchina intelletuale» lo riverivano i suoi interessati estimatori dei giorni grassi. Apriamo gli armadi, cerchiamo scheletri allora. Come la mettiamo, per esempio, con questo soggiorno in galera, sei anni fa per una affare piuttosto sudicio di sbiancamento di assegni? E’ una storia di cui si attende il quattro febbraio il processo, che capita per Bouton nel momento meno indicato. Tra gli imputati occhieggiano banchieri dirigenti della Société Générale e sei rabbini, sì rabbini. L’affare, secondo l’accusa, funzionava così: donatori generosissimi versavano somme ingenti per iniziative benefiche in Israele. Gli assegni viaggiavano allegramente e speditamente per il vicino oriente, poi solo una parte finiva a alleviare la pena degli orfanotrofi, il resto veniva reincassato cash dai donatori. Geniale.
Tanto per non darsi obbiettivi di piccolo cabotaggio monsieur Bouton si descrive così: « Sono una macchina da guerra che prende decisioni». Però non sono sempre quelle giuste: la crisi dei mercati asiatici e la crisi russa gli hanno spiegazzato il pedigree, oltre che i conti di quella che una volta era la prima banca di Francia. Il suo motto era « stand alone » e lo opponeva patriotticamente a chi gli suggeriva di indaffararsi a cercare alleanze perché nel settore bancario tirava aria di tempesta e la guerra diventava senza esclusione di colpi.
Preferiva esibirsi, lui, in acquisti di misteriose banche dell’ex impero sovietico che era il suo supermercato personale. E poi la brillante macchina decisionista ha un carattere un po’ arrogante, ha pestato i piedi a concorrenti che ora gioiscono a vederlo insabbiato. L’altra grande banca francese Paribas, ad esempio, a cui ha rifiutato l’alleanza per costruire un gigante nazionale. O il Crédit Lyonnais contro il cui piano di salvataggio avviò una procedura giudiziaria.
Una parte della destra non lo ama: ai tempi del patriottismo economico ha dato una mano all’indiano Mittal a scalare la francesissima Arcelor. Adesso la sua banca, raggrinzita dalle perdite, è a portata di scalatori golosi e pazienti. E pensare che il suo motto era: «La mia miglior difesa contro gli assalti è la posizione in Borsa della società!».
Come la mettiamo ora monsieur Bouton?


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IL SOLE 24 ORE 29/01/2008
Andrea Malan
Quelle maxi-vendite del consigliere Day prima della bufera. PARIGI. Mentre si surriscalda la polemica politica non mancano i colpi di scena sul fronte della cronaca. Il trader accusato di fronde della banca francese Jerome Kerviel è stato liberato dopo essere stato ufficialmente messo in stato d’accusa. Robert Day, finanziere americano azionista di SocGen e membro del consiglio d’amministrazione, ha venduto in due giorni - tra il 9 e 10 gennaio - circa 1 milione di titoli della banca per un incasso totale di 95 milioni di euro; ed è emerso che il mercato Eurex, sul quale erano state compiute parte delle speculazioni di Kerviel, avrebbe avvisato già nel novembre scorso la SocGen di alcune irregolarità.
L’inchiesta giudiziaria
Ieri la procura di Parigi ha ufficialmente messo in stato d’accusa Jerome Kerviel, con le imputazioni di malversazione aggravata, falso, manipolazione di sistema informatico. La pena massima che il giovane rischia è di 7 anni e 750mila euro, qualora venga dimostrato il reato di malversazione; è stata invece lasciata cadere l’accusa più grave, quella di tentata frode. L’indagine - aperta anche per scoprire eventuali altre responsabilità - è stata affidata ai giudici Renaud van Ruymbeke e Françoise Desset, che hanno più volte lavorato insieme e hanno già gestito casi clamorosi, come quelli di Elf (solo il primo) e - più di recente - quello Clearstream.
Il tribunale della libertà ha peraltro deciso - contro la richiesta dei pm - di rimettere in libertà Kerviel; questi, secondo quanto reso noto ieri dalla procura, coopera pienamente con l’inchiesta e ha ammesso «di aver compiuto un certo numero di atti per dissimulare le posizioni avventurose sui mercati». Tali posizioni sarebbero state prese «a partire dal 2005», ovvero non appena Kerviel è stato trasferito dalle funzioni di supporto alla sala operativa; il suo obiettivo era «di ottenere dei bonus più elevati»; per l’anno scorso, per esempio, Kerviel contava di ricevere un bonus di 300mila euro invece di 100mila. A fine dicembre 2007 - afferma l’avvocato del giovane - la posizione comportava un utile di 1,4 miliardi di euro. All’inizio di quest’anno, il trader avrebbe poi aperto la posizione speculativa massiccia - 50 miliardi di euro, secondo quanto affermato dalla banca - soprattutto sugli indici di Borsa tedeschi e sullo Stoxx 50 europeo. Ed è stato l’errore di valutazione sull’inversione di tendenza dei mercati a metterlo nei guai.
Kerviel, però , ha portato un altro elemento nuovo all’inchiesta: secondo quanto riferito dal procuratore della Repubblica Jean-Claude Marin, il mercato a termine Eurex si era già "inquietato" nel novembre 2007 - ovvero due mesi fa - delle prese di posizione speculative di SocGen; il trader si sarebbe giustificato dichiarando che le operazioni erano coperte da strumenti fuori mercato.
Le accuse di insider
Il colpo di scena più grosso della giornata di ieri è però la comunicazione da parte dell’Amf (l’Autorità di controllo sui mercati finanziari) della vendita di quasi un milione di titoli SocGen fatta da Robert Day, finanziere americano. Day aveva venduto nel 2001 la sua Trust Company of the West alla banca francese, ottenendo in cambio 2 milioni di azioni e un posto in consiglio (posto che era poi stato rinnovato fino al 2010); Tcw è ora una filiale di Sg Asset Management. Le vendite sono avvenute il 9 e 10 gennaio a un prezzo tra i 95 e i 96 euro per azione contro i 71,05 della chiusura di ieri: dopo la buona tenuta della settimana scorsa, il titolo risente del moltiplicarsi delle incertezze - e ieri è stato colpito anche dalla brutta giornata dei mercati. Il cedimento del 3,8%, e del 28% dal 1° gennaio, rende ancora più delicato il prossimo aumento di capitale di SocGen. Quanto alle vendite da parte di Day, Frédérik-Karel Canoy, avvocato dell’associazione di piccoli azionisti Appac, ha immediatamente sporto denuncia per aggiotaggio e insider trading.
Queste vendite e la notizia che l’Eurex aveva già segnalato irregolarità due mesi fa hanno alimentato i dubbi sulla versione dei fatti fornita dalla stessa SocGen, ribadita ancora domenica in un lungo comunicato. Secondo la banca, i problemi sarebbero emersi solo venerdì 19 gennaio.
La Borsa e le scadenze
Domani il consiglio di amministrazione di SocGen si riunisce di nuovo; contemporaneamente, la Commissione Finanze del Senato inizierà le audizioni sul caso; verranno ascoltati, tra gli altri, il Governatore della Banca di Francia Noyer e le autorità di controllo. Quanto all’inchiesta affidata al ministro dell’Economia Lagarde, i suoi risultati dovrebbero essere resi noti entro giovedì o venerdì - ha detto il collega ministro del budget Eric Wurth. Mentre per scongiurare un effetto psicologico a catena, la rivale Bnp Paribas potrebbe annunciare già in settimana a sua volta i conti 2007.


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IL SOLE 24 ORE 29/01/2008
Beda Romano
Da Francoforte il primo allarme. FRANCOFORTE. Il buco miliardario di Société Générale ha un versante tedesco, operativo e possibilmente giudiziario. L’informazione ancora una volta giunge da Parigi dove la magistratura ha spiegato che fin dal novembre 2007 Eurex, la borsa dei derivati, aveva avvertito la banca francese di dubbi sulle operazioni di Jérôme Kerviel.
Eurex, che appartiene alla Deutsche Börse, non ha voluto commentare l’informazione. La società si è limitata a spiegare di essere stata «a conoscenza dell’incidente relativo alle transazioni sui derivati di Société Générale». E ha aggiunto: «I meccanismi e i processi di controllo anche in questo caso hanno funzionato perfettamente a tutti i livelli».
Di più dall’Eurex di Francoforte non filtra in questo momento. Peraltro la rivelazione della magistratura francese è in contrasto con la posizione di SocGen che ha detto di avere preso conoscenza del caso Kerviel solo in gennaio. Proprio il versante tedesco può essere utile in questo momento per tentare di chiarire alcuni aspetti della vicenda.
Come è noto, Kerviel ha provocato un buco di 4,9 miliardi di euro operando anche sui derivati con un’esposizione totale a livello nominale di circa 50 miliardi di euro: 30 miliardi sullo Eurostoxx, 18 miliardi sul DAX tedesco e 2 miliardi sul FTSE della Borsa di Londra. Tra le altre cose, il trader acquistava e vendeva futures scommettendo sull’aumento o il ribasso degli indici borsistici.
Per ogni punto in più o in meno Kerviel poteva guadagnare o perdere 25 euro. L’operazione in sé non è complicata. Ma richiede giornalmente che il margine messo a disposizione dal singolo trader per coprire la transazione venga giorno per giorno valutata da Eurex. A quanto pare in occasione di un controllo quotidiano sarebbe mancata la copertura.
E’ possibile che l’avvertimento di Eurex, rivelato ieri dalla magistratura francese, sia scattato in questo frangente. Non era chiaro ieri sera se la Borsa dei derivati abbia preso contatto nel novembre 2007 direttamente con SocGen, oppure passando dall’autorità di controllo tedesca, la Handelsüberwachungsstelle (meglio nota con l’acronimo di Hüst).
In ogni caso, non sembra che l’avvertimento del novembre 2007 abbia sortito un grande effetto. A quanto pare, secondo fonti di stampa tedesca, anche all’inizio di quest’anno Kerviel acquistò 140mila contratti futures alla Borsa di Eurex, scommettendo su un rialzo dell’indice Dax, che ai tempi era intorno agli 8mila punti. In poco più di due settimane, il Dax perse 600 punti, provocando un buco nel portafoglio di Kerviel di due miliardi di euro (ieri l’indice ha chiuso a 6.818 punti). Secondo Der Spiegel questa situazione indusse anche la società finanziaria Newedge che si occupa di eseguire le operazioni della SocGen sul l’Eurex, a lanciare nuovamente l’allarme.
Al di là di questi aspetti giudiziari, molti in Germania si chiedono se la decisione di Société Générale di liquidare le posizioni di Kerviel abbia contribuito al crollo dei mercati tedeschi. La banca assicura di avere limitato le operazioni tra il 21 e il 23 gennaio a un valore inferiore al 10% del mercato: il 7,8% lunedì, il 5,7% il martedì e il 6,1% il mercoledì. Operatori finanziari spiegano tuttavia che la vendita di futures può facilmente avere sul mercato effetti doppi, e colpire sia il fronte dei derivati che quello cash. Tra lunedì e mercoledì della settimana scorsa il Dax di Francoforte ha perso il 12,35%, più del CAC40 della Borsa di Parigi che invece ha lasciato sul terreno il 9,01 per cento.

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LA REPUBBLICA 26/01/2008
ETTORE LIVINI
Così il mago dei ’future’ ha affondato le Borse. La stangata di Société Générale è un giallo cui manca ancora la soluzione finale. C’ è un presunto ladro che organizza una truffa da cui non prevede di guadagnare soldi (quelli, almeno in teoria, sarebbero dovuti finire alla banca). C’ è un istituto, la stessa SocGen, che è il fiore all’ occhiello del credito francese, impiega i migliori ingegneri e fisici del Paese ma che non riesce a scoprire un trentunenne appassionato di judo mentre apre una voragine da 5 miliardi nei suoi conti. E ci sono i sospetti di chi crede che il caso di Jerome Kerviel, l’ enigmatico protagonista della vicenda, sia solo una scusa per nascondere sotto il tappeto di una frode una valanga di perdite con i mutui subprime. I dubbi, insomma, sono tanti. Ma sulla genesi e lo scoppio della vicenda, grazie alle prime ricostruzioni, ci sono per fortuna anche diverse certezze. Eccole. Gli esordi (agosto 2000-gennaio 2007): Jerome Kerviel finisce nel 2000 il master di finanza all’ Université de Lyon. In estate, trova lavoro a Société Générale. Lo sistemano al back-office, l’ ufficio incaricato di gestire amministrativamente e informaticamente tutti gli scambi della banca francese. Non è proprio quello che voleva, ma va bene lo stesso. Questi anni di tirocinio gli consentono di impadronirsi fino all’ ultimo byte di tutti i segreti del sistema telematico del gruppo, un atout che sarà decisivo per mettere in piedi la frode. A marzo 2004 Kerviel realizza il sogno della vita: entrare nel desk di trading della banca, il pool incaricato di comprare e vendere ogni giorno azioni e derivati sui mercati di tutto il mondo. Non solo: viene inserito in Delta One, il cuore di questo settore, uffici alla Defense, l’ avveniristico quartiere di Parigi. La genesi della truffa (inizio 2007) Nel primo anno di lavoro, Kerviel, stando alle ricostruzioni, opera in maniera lineare. Si occupa di «arbitraggio» sui future degli indici delle Borse europee. Si tratta di strumenti diffusissimi che consentono di scommettere sull’ andamento di un indice di Borsa - all’ insù o all’ ingiù - in un determinato arco temporale. I valori dei due titoli (uno che punta al rialzo e uno al ribasso) nel tourbillon di 70 miliardi di scambi al giorno non sono sempre allineati. Poca roba, millesimi di euro. Quanto basta però ai maghi dei future per speculare su queste minime discrepanze. Comprano due contratti, uno al rialzo e uno al ribasso, in modo da non esporre la banca al rischio dell’ oscillazione dei mercati, e lucrano solo sulla forbice di prezzo tra i due titoli. Come scommettere su una partita Milan-Inter puntando sulla vittoria di entrambe le squadre e sfruttando solo una minima differenza nei valori delle quote. Kerviel è uno di questi maghi. Aggressivo, veloce. Fiuta anche le minime opportunità e a colpi di piccoli guadagni infinitesimali, con decine di contrattazioni al giorno, macina profitti. Ma non gli basta. Il ragazzo è ambizioso (guadagna 100mila euro l’ anno di stipendio, bruscolini per il mondo della finanza) vuole di più. Arriva presto la mattina, si ferma al lavoro fino a tarda sera. «Mette a posto i suoi conti», pensano in ufficio. Ma non è così. Nella sua testa è già scattata un’ idea un po’ folle: «Inventare un nuovo sistema informatico di scambi per stupire i superiori», sostiene lui. Architettare una truffa, dicono in Société Générale, scommettendo in proprio con i soldi della banca. Il meccanismo è quasi banale: non accontentarsi dei minimi guadagni delle scommesse sicure (quelle con il paracadute al rialzo e al ribasso) ma scommettere solo in una direzione. Rialzo o ribasso. Inter o Milan, per capirsi. Scelta che fa guadagnare (o perdere come si è visto poi) cifre immense. La stangata (marzo-giugno 2007). I problemi del piano, si rende conto subito Kerviel, sono due: riuscire a muoversi senza paletti, visto che tutti i trader hanno un tetto ai loro investimenti, e nascondere nel sistema informatico - pieno di allarmi in caso di operazioni anomale - i suoi acquisti in un’ unica direzione. Lui non si spaventa. Conosce le password dei colleghi. In cinque anni di lavoro al back office ha decrittato le cinque «soglie d’ allarme» del circuito. Si mette alla tastiera e un passo alla volta, lavorando quando il resto del Delta One è già a casa, riesce a far sparire i blocchi informatici che limitano la sua operatività. Poi, violato il cuore telematico di Socgen, costruisce una sorta di conto corrente virtuale. Un portafoglio fittizio, dove per ogni scommessa al rialzo che lui fa sugli indici delle Borse (vera) viene contabilizzata la scommessa al ribasso (falsa). La diabolica macchina di Kerviel è pronta. E lui inizia a sperimentarla su campo. Nessuno si accorge di niente e così verso a fine anno Kerviel chiude la sua contabilità con un piccolo guadagno che va a ingrassare i conti della banca. A inizio 2008 riprende le danze puntando forte sul rialzo delle Borse. Ma, complice la bufera dei subprime, sbaglia. L’ inizio della fine (18 gennaio 2008). Alle 7 di sera Jean Pierre Mustier, numero uno della divisione trading di SocGen sta tornando a casa. Squilla il telefonino. é un collega dalla Defense. «C’ è un problema, vieni qui subito». Due ore prima i nuovi sistemi di controllo della banca (di cui Kerviel ignora l’ esistenza) hanno fatto scattare l’ allarme. C’ è una posizione debitoria anomala. E chiamando la controparte di questi contratti, gli impiegati hanno scoperto che sono inesistenti. Come i soldi della Parmalat alle Cayman. Bastano pochi minuti per risalire a Kerviel. La ricostruzione della voragine (19-22 gennaio). Sabato pomeriggio il trader è convocato alla Defense da Mustier. Si difende. Spiega che non si è messo in tasca un euro. Viene assistito dai medici della banca («è depresso, è stato appena mollato dalla fidanzata», dicono). A sera inizia a collaborare. E SocGen capisce il baratro in cui è sprofondata. Viene allertata la Banca di Francia. Le perdite potenziali, si scopre nella notte di domenica, sono pari a 1,5 miliardi. Si decide di liquidare i derivati. Lunedì l’ istituto transalpino inizia a vendere i titoli. Il mercato sta crollando. Le vendite di Socgen (25 miliardi in una seduta) ampliano i ribassi e secondo qualcuno convincono la Fed (che non sa ancora niente del giallo) a tagliare i tassi. Mercoledì sera le posizioni sono chiuse. Il crollo delle Borse ha ampliato il passivo a 4,9 miliardi. Il numero uno della banca Bouton avverte Nicolas Sarkozy (che se la prende per il ritardo) e la Fed. E giovedì mattina i vertici di Société Générale si presentano a raccontare al mondo per la prima volta i contorni di questo giallo ancora irrisolto.

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La Repubblica 26/01/2008
GIAMPIERO MARTINOTTI
E i mercati accusano la banca Colpa vostra i crolli in Borsa. PARIGI - Nicolas Sarkozy è furioso, il suo primo ministro non nasconde la sua irritazione, tutto il mondo politico brulica di sospetti: la tesi che attribuisce al solo Jérome Kerviel la perdita di 5 miliardi di euro suscita molte perplessità. Senza troppi giri di parole, Francois Fillon ha fatto capire di non credere all’ idea di una "truffa" organizzata da una sola persona. Ma il capo del governo e il presidente della Repubblica schiumano rabbia soprattutto per non essere stati avvertiti: hanno saputo del buco nei conti della Société Générale soltanto mercoledì mattina. Ce l’ hanno con il governatore della Banca di Francia, Christian Noyer, che non li ha messi al corrente di quel che stava succedendo. Come se non bastasse, la stampa inglese e quella americana hanno ripreso ieri le accuse che circolano nella City e a Wall Street: le vendite della banca francese sui mercati, per liquidare le posizioni a rischio, sarebbero all’ origine del crac delle Borse europee e della successiva decisione della Fed di abbassare i tassi. Una supposizione forse eccessiva, dato che il crollo era partito dai mercati asiatici, ma pare assodato che le vendite della Générale abbiano amplificato il movimento di panico. In ogni caso, una fonte della Federal Reserve assicura che Bernanke non era al corrente dei guai dell’ istituto. Noyer ha risposto senza troppi dettagli: «Le informazioni sono state date al momento opportuno». Passato lo smarrimento iniziale, ieri i politici sono scesi in prima linea. Un consigliere dell’ Eliseo, Raymond Soubie, ha fin dal primo mattino espresso i dubbi della presidenza sulla versione ufficiale: «E’ stupefacente che una sola persona possa aver provocato perdite di questa entità. Ma non abbiamo ragione di non credere alla direzione della banca». Una fonte anonima, citata dall’ agenzia Reuters, ha sottolineato il malumore dei vertici dello Stato: «Il fatto che Noyer non abbia informato le altre autorità è stato preso molto male dal governo. Il presidente della Repubblica non era molto contento e lo ha fatto sapere alla Banca di Francia». Fillon ha detto più o meno le stesse cose pubblicamente: «E’ difficile per ognuno di noi capire come una sola persona possa, in tempi relativamente brevi, provocare perdite considerevoli in un istituto di credito peraltro solido e serio». Poi non è riuscito a nascondere la sua irritazione per non essere stato informato a tempo: «E’ una banca privata e da questo punto di vista non ha nessun obbligo. Ma si tratta di un affare di tale importanza per il sistema finanziario francese che forse il governo avrebbe potuto essere avvertito prima. Ne parleremo con i dirigenti della Société Générale». Tutti i protagonisti della vicenda sono già stati convocati dal parlamento: mercoledì, la commissione Finanze del Senato ascolterà Noyer e il presidente dell’ organismo di controllo della Borsa. I politici vogliono andare veloci, senza aspettare la magistratura: l’ inchiesta giudiziaria, dicono in Procura, sarà lunga e difficile.

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La Repubblica 26/01/2008
Un giocatore d’ azzardo che voleva far carriera. ROMA - «Un personaggio con scarso senso della realtà che ha tentato di convincere se stesso di aver trovato un grande sistema per far guadagnare la banca. Voleva impressionare i suoi superiori». è il giudizio di Jean-Pierre Mustier, capo dell’ investment banking di SocGen che, riferisce il New Zealand Herald, ha interrogato per sei ore Kerviel per scoprire l’ enorme quantità di contratti fasulli e perdite reali realizzate dal trader fuori controllo. Mustier sabato scorso, ha spiegato al top management l’ entità del problema offrendo le proprie dimissioni, poi respinte. «Ha fatto l’ errore tipico di ogni giocatore d’ azzardo - spiegano dalla banca - scommettendo somme sempre maggiori nelle speranza di recuperare quanto perso. Anche dopo scoperto tentava ancora di spiegare come aveva intenzione di uscirne». Da quello che emerge dalle prime indagini fatte da SocGen Kerviel ha agito non per ottenere guadagni diretti dalle transazioni, ma per impressionare i suoi superiori con i suoi risultati. Le sue operazioni, grazie ai brogli informatici da lui stesso realizzati per coprirle, non sono mai emerse finché per caso non sono cambiate alcune procedure nei controlli informatici rispetto a quelle che Kerviel conosceva benissimo.

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La Repubblica 26/01/2008
Feci saltare la Barings Bank ora insegno a evitare stangate. LONDRA - C’ è un precedente nella storia di Jerome Kerviel: nel 1995 un altro giovane broker, quella volta inglese, di nome Nick Leeson, fece sparire 860 milioni di sterline, circa un miliardo e trecento milioni di euro al cambio odierno, dalle casse della Barings Bank, portandola al collasso. Dal suo ufficio di Singapore si era messo a scommettere per proprio conto sui futures della Borsa di Tokyo, e più perdeva, più sottraeva fondi alla banca nella speranza di rifarsi. Scoperto, fu condannato a sei anni di carcere e rilasciato dopo averne scontati quattro. Oggi ha quarant’ anni, si è pentito delle proprie azioni e si guadagna da vivere facendo discorsi alle banche e alle aziende sulla sua brutta esperienza, per convincere altri a non fare lo stesso errore. E’ stato perciò pronto a commentare la «stangata» ancora più grossa rifilata alla Societé Generale francese da Jerome Kerviel. «E’ il desiderio di successo, più che la speranza di diventare ricco, che gli ha fatto fare quello che ha fatto», scrive Leeson sul Daily Mail. «Probabilmente la sua più grande paura era la paura di fallire, esattamente come è accaduto a me. Cominci a pensare che hai sempre tempo di rifarti, che puoi ancora farcela a tirarti fuori dai guai. E’ quello che pensavo io e credo che sia quello che ha pensato lui».


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