La Stampa 29/01/2008, ELENA LISA, 29 gennaio 2008
Da quarant’anni accasciati come Fracchia.
MILANO. La scena non si dimentica. Il tentativo del ragionier Giandomenico Fracchia di sedersi comodamente - è il «comodamente» la vera impresa - sul sacco davanti al temibile capufficio è un’immagine che ha segnato un’epoca entrando nel costume. Una gag senza tempo: Paolo Villaggio il ragioniere, Gianni Agus il dirigente, e la poltrona «Sacco» Zanotta che costringe Fracchia a contorsioni e acrobazie. Quello strano puff quest’anno compie quarant’anni. E a dispetto dell’età sembra un giovane ribelle che ancora non ha svelato il suo mistero: ma è davvero così difficile domarlo e sedercisi sopra? A inventarlo furono, nel 1968, tre giovani designer, Franco Teodoro, Cesare Paolini e Piero Gatti. Che stravolsero così gli schemi dello stile dell’arredamento. Collezionata in ventisei musei d’arte moderna tra i più importanti al mondo, considerata tra i modelli best-seller di tutti i tempi, la poltrona Sacco ha introdotto un nuovo modo di concepire l’oggetto d’arredo, in aperta rottura con la tradizione italiana che nel salotto vedeva la stanza buona da aprire per le grandi occasioni: la poltrona Sacco, invece, si poteva e si doveva stropicciare e all’occorrenza trasformare in comodissima seduta. C’è chi vede nella gag di Fracchia, uomo timido e impacciato, quella dell’onesto proletario incapace di adattarsi alle convenzioni dell’alta borghesia, rappresentate alla perfezione dal sacco «futurista». Non a caso, le prime stanze che accolsero con entusiasmo la novità furono proprio quelle degli intellettuali e dell’élite. Piero Gatti, uno dei tre designer che ora ha 67 anni, racconta: «Quando vedemmo lo sketch di Fracchia non fummo molto contenti dell’uso che veniva fatto della poltrona perché la rappresentava come noi non avremmo mai voluto: un oggetto strano e scomodo che incuteva quasi timore. Poi, visto il successo che ha ottenuto, anche grazie a quella scena, ci siamo accorti che era quanto di meglio potesse capitare». Il motto di Teodoro, Paolini e Gatti era quello che scrivevano gli studenti sui muri della Sorbona: potere all’immaginazione. E per questo pensarono a un pezzo d’arredamento unico per stile e comodità: una poltrona senza supporti rigidi, capace di avvolgere completamente il corpo di chi la usava. Le ispirazioni furono due: il portacenere tanto in voga negli anni ”60, che aveva come base un sacchetto di pelle pieno di palline, e i sacchi riempiti di foglie, quelli che usavano in campagna i contadini per dormire. I tre lavorarono al progetto per un anno e con il prototipo finito, un sacco trasparente con dentro palline colorate di polistirolo, andarono a Nova Milanese. Qui un imprenditore, Aurelio Zanotta, già conosciuto per le sue creazioni stravaganti, si lasciò convincere dall’entusiasmo e dall’idea. «Si mise subito all’opera e in quindici minuti ne confezionò tre - ricorda Gatti -. Il sacco fu portato a Parigi per un’esposizione. Era la fine del gennaio 1968. La stampa internazionale impazzì e dal nostro arrivo non parlò d’altro». La poltrona Sacco è cambiata nei colori e nei tessuti, ma la linea è sempre la stessa e la famiglia Zanotta, che la esporta in tutto il mondo e che ne ha vendute più di un milione, non poteva non festeggiare i suoi primi favolosi «anta». «A Milano, in aprile - spiega Martino Zanotta, ora a capo dell’azienda - in concomitanza del Salone del mobile allestiremo un padiglione dove esporremo quaranta tipi di poltrona Sacco. Poi andremo a New York, a Berlino, a Parigi, gireremo il mondo». ELENA LISA