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 2008  gennaio 26 Sabato calendario

”L’Egitto ci ha venduto come sempre”. La Stampa 26 Gennaio 2008. INVIATA A RAFAH (Gaza). «L’accordo tra Hamas e il presidente Mubarak per la chiusura del valico egiziano ha retto quanto il muro, è bastata una spallata a buttarlo giù» commenta Mahmoud Shaar tornando a casa, a Khan Younis, a bordo della sua moto nuova di zecca, una Dayun cromata pagata mille dollari: mercoledì mattina l’avrebbe avuta per 350

”L’Egitto ci ha venduto come sempre”. La Stampa 26 Gennaio 2008. INVIATA A RAFAH (Gaza). «L’accordo tra Hamas e il presidente Mubarak per la chiusura del valico egiziano ha retto quanto il muro, è bastata una spallata a buttarlo giù» commenta Mahmoud Shaar tornando a casa, a Khan Younis, a bordo della sua moto nuova di zecca, una Dayun cromata pagata mille dollari: mercoledì mattina l’avrebbe avuta per 350. Al mercato senza frontiere di Rafah i prezzi lievitano con la tensione. Il tentativo del governo egiziano di ripristinare il confine tra Gaza e il Sinai contando sulla collaborazione di Hamas è stato travolto ieri da migliaia di palestinesi per nulla disposti a farsi richiudere dentro la Striscia dopo tre giorni di libertà. A niente sono valsi i tentativi della polizia egiziana schierata a testuggine, sin dall’alba, a difesa dei varchi: dopo una sassaiola durata diverse ore, una grossa ruspa guidata da un giovane con il passamontagna ha provveduto a spazzare via i potenti idranti e la resistenza, per la verità poco convinta, dei fratelli arabi in tenuta da guerra. Il braccio di ferro tra l’Egitto e Hamas termina così il primo round in favore del movimento radicale islamico che in serata accetta la proposta di Mubarak d’incontrare al Cairo il presidente dell’Autorità Nazionale Abu Mazen per risolvere il conflitto intestino che si trascina da giugno. Sul terreno restano sei poliziotti egiziani feriti e tre cani antisommossa abbattuti a raffiche di mitra dai miliziani palestinesi, un fotografo lievemente colpito alla testa da una pietra, diversi contusi da entrambe le parti. Ma, soprattutto, resta il fiume in piena di uomini donne, ragazzini (circa 700 mila) che comprano e vendono mesi d’astinenza, avanti e indietro attraverso la lamiera aperta, con le scatole di patatine Lions in equilibrio sulla testa, formiche infaticabili, quasi sapessero che presto o tardi dovranno fare i conti con la storicamente poco affidabile solidarietà araba. La giornata ha un avvio elettrico quanto l’epilogo di quella precedente, con gli agenti sempre più nervosi e un’atmosfera grave da prima del temporale. A Rafah la notizia dell’intesa raggiunta nella notte fra l’intelligence egiziana e ufficiali della sicurezza di Hamas arriva contemporaneamente alle prime cariche della polizia contro chi tenta di forzare il blocco. «Ero sicuro che gli egiziani ci avrebbero venduto come hanno fatto sempre, ma non pensavo così presto» dice Nafiz Gheisi mettendo in salvo da una scarica di pietre il frullatore da regalare a sua moglie. A «vendere» Gheisi in realtà sono stati gli stessi palestinesi mentre nelle piazze del Cairo e Damasco centinaia di manifestanti protestano contro l’embargo israeliano. Secondo l’accordo, conferma il portavoce della polizia del movimento islamico Islam Shawhan, Hamas dovrebbe sostenere gli egiziani nel ripristino della frontiera in cambio dell’impegno a portare al tavolo delle trattative l’Autorità nazionale palestinese. Ma qualcosa va storto. Ramallah non ci sta, a meno che Hamas faccia mea culpa per il golpe di giugno. La risposta dei signori di Gaza è il via libera all’assalto dello sguarnito presidio egiziano che battaglia un po’, arretra e si arrende. I palestinesi di Gaza City, Jabalya, Beit Hanun, le famiglie che come i Majul hanno impegnato i regali di nozze del primogenito Khaled per lo shopping «all’estero», tirano un sospiro di sollievo: una vittoria dei consumatori che potrebbe trasformarsi però in una vittoria di Pirro, come sanno bene i vertici di Hamas. La porta sul Sinai per ora resta spalancata per gli acquirenti di materassi, sigarette, armi. Ma non è detto che Abu Mazen accetti l’invito egiziano e la proposta di conciliazione con i ribelli di Gaza. Prima di prenotare un volo per il Cairo il presidente palestinese deve affrontare il premier israeliano Olmert che domattina, nel primo appuntamento ufficiale dopo la visita di George W. Bush, gli chiederà conto dell’attacco di giovedì alla colonia ebraica di Kfar Etzion rivendicato dalle Brigate Ezzedin al-Qassam, il braccio armato di Hamas. Il percorso è accidentato e l’andatura incerta quanto quella di Mahmoud che cavalca tronfio la sua Dayun fiammante senza sapere se lo porterà fino a casa. FRANCESCA PACI