Il Venerdì 18 gennaio 2008, Gianni Valentino, 18 gennaio 2008
Franco Battiato. Il Venerdì 18 gennaio 2008. Mi sono messo a dipingere per vincere un mio handicap
Franco Battiato. Il Venerdì 18 gennaio 2008. Mi sono messo a dipingere per vincere un mio handicap. Non sopportavo l’idea di non saper schizzare nemmeno la più grossolana delle scenografie, neanche una traccia umana né la stilizzazione di un gatto né un’immagine che avesse senso prospettico. Tra la mia mano e quel che avevo in mente c’era una distanza che non accettavo e ho voluto capire cos’era. Applicandomi con costanza, in un percorso terapeutico e autodidatta per migliorar- mi l’ho compreso». Questa volta, nonostante Bompiani abbia da poco pubblicato il cofanetto libro+cd+dvd Niente è come sembra, Franco Battiato non parla delle sue canzoni né dei suoi film. Ma di Súphan Barzani, l’alter ego che firma i suoi quadri. «All’inizio - era il 1990 - scelsi questo pseudonimo per non mischiare i ruoli di pittore e cantautore» racconta. «Non volevo far sapere della cosa, ma commisi l’errore di confidarla a un amico, chiedendogli di mantenere il segreto. Non lo fece, perché quasi nessuno sa tenere i segreti, così divenne il segreto-non segreto di Pulcinella. I primi tempi sono stati una sofferenza: come Penelope, alla fine di ogni giornata cancellavo tutto. E Il risultato era obiettivamente orrendo, pieno di errori e sproporzioni, come in certi lavori del primo Novecento. Solo che le mie sproporzioni non erano volute. Mì chiedevo: com’è possibile che non riesca a governarmi? Finalmente un giorno ho fatto un derviscio, uno di quei discepoli del sufismo che ho citato anche in Voglio vederti danzare, e che poi ho dipinto altre volte, segnando sulla tela appena tre linee essenziali: la curva delle braccia, quella della gonna e l’inclinazíone della testa. Io stesso sono rimasto allibito per la libertà che avevo raggiunto e ho capito che avevo ottenuto il mio scopo. Dopo qualche anno ho provato la stessa soddisfazione mettendo sulla tela un condor dallo splendido becco color avorio (le immagini virtuali sono sul mio sito, www.battiato.it). Per arrivare a questo, lo ammetto, è servita tanta pazienza e determinazione». Dopo aver realizzato le illustrazioni sulla copertina di due suoi album (Reurs e Ferro battuto), Battiato ha sperimentato su tavole dorate. «Semplicemente per un motivo estetico» dice. «L’oro è un metallo nobile che lascia un’impressione di purezza. In un certo senso resto il "cane" che ero, un primitivo che non ha fatto alcuna scuola. Però ora ricevo diverse "commíssioni" dai miei amici, soprattutto per fare ritratti ai loro figli. Preferisco superfici di piccola dimensione, tipo 20x30 centimetri, ma sto per cimentarmi con grandi tele per una mostra che farò verso la rine del 2008 a New York. Per questo avrò bisogno di metodi preparatori inflessibili. Quando ho íniziato, improvvisavo. Facevo un po’ come quello scultore spagnolo di santi che diceva: "si veni ’éa varba è San Gìuseppe, si veni . senza varba è ’a Madonna" (la sícilianizzazìone non è mia, ma di Sgalambro). Ho sempre seguito la pittura con ammirazione e ho sempre preferito gli artisti che cercano di elevarsi e non di abbassarsi. Van Gogh e Beato Angelico, per esempio, hanno lo stesso furore mistico; nel primo è dinamico, nel secondo è statico. Anche se spesso il capolavoro sfugge alla categoria. Nella Gioconda Leonardo ha íinprigionato un respiro vitale magnetíco, cogi come Mark Rothko ha fatto con i suoi colori, che sembrano astratti. Vedendo queste cose, come si fa a essere atei?». Tra le passioni di Battiato, anche gli architetti: «Uno per tutti, Santiago Calatrava. Guardando l’auditorium che ha progettato a Valencia sono rimasto abbagliato, eppure ho saputo che, dopo un temporale, acqua e fango sono entrati nella struttura. Spesso, purtroppo, gli architetti non badano all’aspetto pratico. Come è accaduto in qualche auditorium per la musica, che "suona" malissimo». Il primo progetto di Súphan Battiato per il 2008 è un autoritratto. «Seduto e di spalle» precisa. «Lo realizzerò nel mio studio ai piedi dell’Etna, elemento fisico che su di me esercita il suo forte ascendente. Come del resto fanno tutti quei luoghi di assoluta importanza etnica. Ma per me l’Etna non conta solo per via delle mie radici, ma anche per la presenza dell’elemento fuoco. L’ho capito anche dopo aver riflettuto sui tanti viaggi che ho fatto. Sono stato anche in città dall’enorme efficienza sociale, ma sono luoghi in cui non vivrei. Mi affascina la luce del Sud e la materia dei colori, una sensazione estatica. E pensare che noi lavoriamo probabilmente a un milionesimo delle nostre possibilità. Vìviamo come accampati in un monolocale quando invece abbiamo a disposizione grandi regni interìori. lo cerco di andare oltre, spesso ci provo senza musica. Ma se musica dev’esserci, ad accompagnarmì nel viaggio, che sia musica classica. Meditatíva. Altrimenti il silenzio è più potente». Gianni Valentino