Panorama 31/01/2008, CHIARA PALMERINI, 31 gennaio 2008
Ma è disabile o troppo abile? Panorama 31 gennaio 2008. C’è un vantaggio a correre con due protesi in fibra di carbonio, come fa Oscar Pistorius, invece che con due gambe dotate di polpacci
Ma è disabile o troppo abile? Panorama 31 gennaio 2008. C’è un vantaggio a correre con due protesi in fibra di carbonio, come fa Oscar Pistorius, invece che con due gambe dotate di polpacci. Lo hanno certificato i test svolti all’Università di Colonia. Peccato che le due lamine costituiscano anche un serio handicap, tanto che, se si soppesano pro e contro, l’atleta sudafricano rimane un quattrocentometrista che, contro ogni logica, corre come un fulmine. Forse non abbastanza da vincere alle Olimpiadi di Pechino, ma certo da meritare di provarci. Dopo la decisione della Federazione internazionale di atletica leggera (Iaaf) di non ammettere Pistorius alle gare con i normodotati, molti hanno espresso critiche da un punto di vista etico. Ma non è l’unica questione. Dubbi sulla correttezza della decisione esistono anche da un punto di vista tecnico, sebbene molti esperti (e lo stesso Pistorius) si siano affrettati a dichiarare di non contestare i test svolti a Colonia da tecnici guidati dal professor Peter Brüggemann. Panorama ha chiesto un’opinione a Daniele Bonacini, uno dei maggiori esperti, in teoria e in pratica, di protesi per l’atletica. Bonacini, che ha perso la gamba destra 15 anni fa in un incidente stradale, corre e salta in lungo con una protesi simile a quelle di Pistorius. Ma è anche ingegnere meccanico, con dottorato al Politecnico di Milano, e l’anno scorso ha fondato una società per produrre le protesi da lui studiate. Neppure Bonacini contesta i risultati dei test commissionati dalla Iaaf, però giudica che siano stati interpretati in modo parziale e forse con un pregiudizio. Oltretutto, le poche analisi esistenti sulla biomeccanica della corsa di atleti amputati vanno nella direzione opposta ai test di Colonia, quantificando al 90 per cento l’efficienza del piede protesico e al 240 per cento quella della caviglia sana. Basterebbe analizzare l’intera corsa, dice Bonacini, per capire che il vantaggio tecnico individuato a Colonia, cioè la capacità di correre alla stessa velocità degli atleti normodotati con il 25 per cento in meno di dispendio energetico, riguarda solo un tratto della gara. Alla partenza dai blocchi Pistorius ha bisogno di almeno 30 metri per prendere il ritmo della corsa. Se piove, la presa della protesi al terreno è insicura. «Allo scatto sbraccia, oscilla il busto, tutti segnali di un forte dispendio energetico. Anche la guaina in cui calza il moncone dissipa energia» elenca Bonacini. poi vero che l’atleta sudafricano ha una produzione inferiore di acido lattico: due gambe in meno significano muscoli in meno. Ma è la modalità della corsa a essere diversa. L’impressione per chi guarda è di vederlo volare negli ultimi 200 metri. In realtà, quando gli atleti normali rallentano, per la fatica e l’accumulo di acido lattico, lui va come un fulmine. Il momento in cui va più veloce è quello in cui gli altri cedono del tutto. « stata svolta un’analisi per vedere se c’era un tratto di gara con almeno un vantaggio. Trovato quello, ci si è fermati, senza considerare altro» lamenta Bonacini. Uno sguardo più ampio avrebbe permesso ulteriori considerazioni. Le protesi come quelle di Pistorius, prodotte dalla ditta islandese Ossur, esistono da vent’anni. Il modello precedente si chiamava Sprint Flex. Le protesi Cheetah, modellate sulla zampa posteriore di un ghepardo (da cui il nome), sono un’evoluzione di quel modello, migliorato nei materiali. lo stesso tipo di protesi usato da altri atleti disabili. «Nessuno però tocca i tempi di Pistorius». La differenza è che l’atleta sudafricano è come se ci fosse nato con due lame al posto della gambe. «Ha cominciato a camminare che aveva già le protesi. Sono parte di lui. una cosa che le persone normali non possono capire. Più fai follie, più ti spingi al limite con le protesi, più ne diventi padrone». Il tempo di qualificazione per Pechino ai 400 metri è 45”95. A Roma, nel 2007, Pistorius ha gareggiato in 46”90, un secondo in più. Con quel tem po, non riuscirebbe a qualificarsi. Ma si è deciso di tenerlo fuori comunque con il timore di un doping tecnologico che potrebbe inquinare la purezza dello sport olimpico. «Ovvio che c’è bisogno di regole» afferma Bonacini «per evitare che qualcuno venga fuori con le gambe motorizzate o con le protesi a molla». E poi si guarda solo alle lamine di Pistorius, mentre non ci sono solo quelle. «Si sa che, da almeno 3 anni, Asafa Powell usa solette in fibra di carbonio. Scarpe che vanno buttate dopo tre gare». Ci sono studi su come migliorare i tempi di centesimi di secondo grazie al disegno del battistrada della scarpa. «Il limite è già superato e nessuno se ne è accorto». Peccato, «perché nei prossimi cinquant’anni non capiterà un altro come Pistorius». CHIARA PALMERINI