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 2008  gennaio 19 Sabato calendario

NELLA VITA LA DONNA ERA UNA GINNASTICA

Tuttolibri 19 gennaio 2008.
La scena di sesso che sta al centro del Treno di Simenon è molto esplicita: nel giro di poche righe è evocato due volte il gesto della penetrazione, a indicare il momento preciso in cui avviene «quello che padre Dubois chiamava l’atto carnale». Nel primo caso è una penetrazione altrui, percezione uditiva che scatena l’eccitazione del protagonista e della sua occasionale compagna di viaggio; nel secondo è l’atto carnale tra lui e lei che avviene nel silenzio. «Anna mi aiutò a penetrarla - e all’improvviso fui dentro di lei». A rendere la scena erotica, in una situazione nell’insieme cruda e brutale (gli accoppiamenti tra sconosciuti avvengono sul pavimento del carro bestiame di un treno frettolosamente organizzato, nel maggio del 1940, per evacuare la popolazione civile dai territori invasi dai tedeschi) è forse il fatto che si svolge al buio. Ciò che viene descritto, il piacere che Marcel e Anna provano prendendosi in una situazione così estrema, emerge dal nero. Lei, poco più che ragazza, è una sconosciuta, salita sul treno all’ultimo momento, tutta vestita di nero. Marcel sa solo che è una ex detenuta, appena uscita dal carcere di Namur che ha aperto le sue porte per l’emergenza bellica.
La moglie di Marcel, incinta di sette mesi, e la loro figlioletta Sophie, destinate ai vagoni di prima classe, hanno preso una direzione diversa nel momento in cui il treno è stato scisso in due per ragioni oscure ai passeggeri. Lui, Marcel, trentaduenne che ha condotto una vita fino ad allora tranquilla, pensa di essere finito lì, a penetrare inaspettatamente nel buio una donna mai vista prima - e a godere come mai gli era successo prima nella vita - per un appuntamento con il destino. Ma quell’appuntamento sarà senza conseguenze. Marcel rientrerà ordinatamente nel suo bozzolo piccolo borghese, tornando a fare il marito e padre virtuoso, e quando reincontrerà Anna, diventata partigiana e in pericolo di vita, non sarà capace di un gesto di generosità che potrebbe salvarla.
Simenon considerava Il treno un romanzo «soleggiato», nonostante il buio, la guerra, gli abiti neri di Anna, e la sua morte. A dar luce al romanzo è proprio lei, la giovane donna che si dà senza remore, che suscita umana tenerezza e che per una volta sembra far coincidere l’atto carnale con qualcosa di positivo. E in effetti, in questo senso, è una rarità nell’universo di Simenon. La sfera sessuale, nei romanzi, appare indissolubilmente legata all’idea del male. Lo schema, tradizionale, è quello dell’avventura extraconiugale come tentativo di trasgressione e ribellione a un ordine opprimente e castrante. Il protagonista, spesso un ometto con poche qualità, per lo più bruttino e complessato, cerca di uscire dalla prigione del suo matrimonio buttandosi tra le braccia di una donna «libera», ex prostituta o aspirante tale. L’epilogo è per lo più tragico, e il tentativo di fuga destinato a fallire.
In caso di disgrazia, romanzo del 1955, è l’esatta declinazione di questo schema. Lucien Gobillot, il protagonista, è un avvocato che si è conquistato una notevole fama risolvendo casi impossibili. Ha deciso di costituire un dossier personale, intitolato «Io», per risolvere il caso più difficile di tutti: l’ossessione sessuale che prova per Yvette, giovanissima donna alla cui mercé egli si trova, incapace di reagire, mentre la moglie, energica e risoluta, tollera la situazione purché la posizione sociale sia salva.
Del resto, l’immagine dominante della donna sessuata nei romanzi di Simenon è quella della ninfomane. Si pensi a Betty, protagonista del romanzo omonimo, o alla moglie del Piccolo libraio di Archangelsk. Significativa, questa visione della femminilità rispetto al sesso da parte dell’uomo che dichiarava di aver posseduto diecimila donne. In effetti, di quelle diecimila la maggioranza, affermava Simenon, erano prostitute. Ne aveva bisogno, all’uscita di una séance di scrittura di sette otto o dieci ore durante le quali in una sorta di trance perdeva litri di sudore, per riprendersi: una sorta di ginnastica, un tenersi in forma. Alla meno peggio, c’era la cameriera Boule che quotidianamente si prestava alle necessità di Monsieur. Le mogli di Simenon, Tigy prima Denyse poi, sapevano e abbozzavano. E cos’altro è la ninfomania se non un frutto dell’immaginario maschile?
Un altro romanzo che viene spesso ricordato come uno dei più sessualmente espliciti è La camera azzurra, che in effetti si apre con la protagonista a gambe aperte e lo sperma che cola. In questo caso, è la variante esibizionista della penna di Simenon a prender corpo. «Sei così bello - aveva detto infatti un giorno Andrée a Tony - che mi piacerebbe fare l’amore con te davanti a tutti...».
Di questa variante, è anche molto rappresentata la forma speculare: il voyeurismo. il caso di Monsieur Hire, il piccolo ebreo grasso, capro espiatorio in base alla colpa di cui si è macchiato: ogni sera guardava dalla finestra Alice spogliarsi fissando ogni dettaglio di quel corpo, di quella «polpa ricca, piena di linfa». O anche, agli antipodi, del Piccolo santo, romanzo del 1966 cui Simenon teneva moltissimo, sorta di biografia di Louis Cuchas, personaggio positivo che ha conservato da adulto lo sguardo del bambino, ma la cui infanzia nella vivace rue Mouffetard è stata quella dell’involontario voyeur, costretto ad assistere, estasiato, al viavai degli amanti della madre nell’unica stanza in cui vivevano.
Ma la visione più macabra del sesso, che considerato colpevole diventa addirittura criminale, è quella ritratta nei Complici: lui ha provocato un tragico incidente in cui hanno perso la vita quarantotto bambini, perché stava masturbando la segretaria mentre guidava.
Il fatto è che la donna ideale per Simenon era Madame Maigret, perché con lei non era, non poteva essere questione di sesso. La sensualità del romanziere, a dir la verità, va cercata altrove: nella nebbia, nei canali, nelle navi. O, viceversa, in pagine casuali e allegre come quella che descrive, di Joséphine Baker, il famoso «sedere che ride».
Gabriella Bosco