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 2008  gennaio 24 Giovedì calendario

La poetessa che amava i computer. Nòva (Sole) 24 gennaio 2008. Scrittore e poeta Cito integralmente: «Io scrivo a macchina piuttosto che a mano per ragioni di velocità e controllo della scrittura e non vedo perché la cultura letteraria debba separarsi da quella scientifica; anzi, per quanto mi riguarda, non voglio scinderle

La poetessa che amava i computer. Nòva (Sole) 24 gennaio 2008. Scrittore e poeta Cito integralmente: «Io scrivo a macchina piuttosto che a mano per ragioni di velocità e controllo della scrittura e non vedo perché la cultura letteraria debba separarsi da quella scientifica; anzi, per quanto mi riguarda, non voglio scinderle. In poesia, quella macchina pensante che è la nostra psiche pensa in versi, in metri propri, in immagini classificate e di profondità varie. Gli strumenti d’approfondimento sono ovviamente quelli psicoanalitici, matematici e perfino medici. L’elaborazione di dati d’esperienza, se diretta a scopo creativo-poetico, è scrittura computerizzata. In gioventù ambivo, piuttosto che alla gloria, a possedere un mio personale e corporale "cervello elettronico". Sia nella metrica, sia tramite il pensiero, miravo a computerizzare, cioè a pensare fino in fondo, non essendo in possesso di alcuna macchina detta computer, ma immaginandomi tale. Del resto i computer più comuni sono rozzi, e anche mezzo cervello ha sottigliezze che oltrepassano quelle matematiche e meccaniche». Sono parole di Amelia Rosselli, la più grande poetessa italiana del Novecento, tratte da un rarissimo scritto ora ripubblicato, insieme a molto materiale inedito e prezioso, in «La furia dei venti contrari» edito dalla casa editrice Le Lettere e a cura di Andrea Cortellessa nella collana «Fuoriformato». «Fuori formato» in tutti i sensi: si tratta di un libro dalle dimensioni abnormi, con allegati anche un cd e un dvd: nel primo, la lettura integrale, vertiginosa, del poemetto «La libellula» (voce di Rosaria Lo Russo), testo pure riportato integralmente, nel volume, nella forma anastatica della versione originale; nel secondo, uno stupendo documentario che segue la vita di Amelia Rosselli dalla sua nascita a Parigi nel 1930, figlia di quel Carlo Rosselli teorico del socialismo liberale ucciso insieme al fratello Nello dai fascisti, attraverso le peregrinazioni di un’apolide che ha costituito un episodio davvero unico nella storia della cultura europea, fino al suicidio, in qualche modo atteso, l’11 febbraio 1996. Nella «Furia dei venti contrari» leggiamo, tra le altre cose: «Scrivere è chiedersi come è fatto il mondo: quando sai come è fatto forse non hai più bisogno di scrivere. Per questo tanti poeti muoiono giovani o suicidi». Amelia Rosselli come testimone inquieta di un tempo inquieto, troppo profonda per non generare attorno a sé un’immediata aurea di classicità ma anche di lontananza, refrattaria a qualunque moda, schiva e universale nel suo approcciare con assoluta schiettezza le radici del male di vivere: erano gli anni, quelli in cui Amelia incominciò a scrivere, della grande fede nelle rivoluzioni tecnologiche, nella loro portata liberatoria anche nell’intrecciarsi con il fare umanistico. Gli anni in cui si diffondevano le sperimentazioni di Karlheinz Stockhausen e John Cage, in cui si rinnovavano le forme delle partiture musicali per giungere a elaborazioni sempre più innovative, oltre il pentagramma e verso le arti grafiche, dei testi orchestrali. Amelia Rosselli fu poetessa e musicista (e pittrice, come testimoniano le riproduzioni a colori dei disegni e degli acquerelli presenti nel volume). Nel volume leggiamo: «A quindici anni volevo diventare architetto e ho poi sempre conservato una forte attenzione all’analisi logica (...) La logica è il cibo dei musicisti e dei poeti». Logica, musica, architettura, poesia: un grande disegno umanistico per entrare nel mistero umano con dedizione assoluta. Forma e sostanza legati nell’unico, insormontabile ossimoro dell’esistenza, delle sue speranze e delle sue frustrazioni in perenne attrito. Ad accorgersi della potenza della giovane Rosselli fu Pier Paolo Pasolini che in un numero del «Menabò» pubblicò 24 sue poesie seguite da un saggio che fece storia, incentrato su un’Amelia Rosselli «poetessa del lapsus» dove per «lapsus» si intende proprio il congegno attraverso il quale dall’inconscio, nell’accezione freudiana, emerge l’Altro. Quel l’Altro che è sempre stato l’orizzonte della grande poesia e quindi anche quella, attualissima, dolorosa, sconcertante, di Amelia Rosselli. «La furia dei venti contrari» è l’occasione per riapprocciarla, o per scoprirla, nella sua complessità che è ricchezza e generosità di un’eroina omerica del sapere dispersa nel Secolo breve. Pure, Amelia Rosselli, universalmente riconosciuta, non ha avuto nel tempo un’eco divulgativa pari alla sua grandezza. E ripercorrendo la storia della sua fortuna e in certi casi – proprio a proposito della mancanza di un riconoscimento pari alla sua grandezza – della sua sfortuna. Riconsiderando quindi certe ambigue affermazioni di autorevoli poeti e critici che le furono in qualche modo avversi, anche se mai esplicitamente, visto l’oggettività del suo talento, non possiamo non considerare ciò che ha ostacolato e ostacola una corretta divulgazione della sua opera, riassumibile in una sola parola: misoginia. Aldo Nove