Corriere della Sera 20 gennaio 2008, Cristina Marrone, 20 gennaio 2008
Il giro del mondo (sul divano). Corriere della Sera 20 gennaio 2008. MILANO – Zaino in spalla, biglietto aereo in tasca e una gran voglia di girare per il mondo
Il giro del mondo (sul divano). Corriere della Sera 20 gennaio 2008. MILANO – Zaino in spalla, biglietto aereo in tasca e una gran voglia di girare per il mondo. E conoscere ogni città, ogni paese, anche il più sperduto, in compagnia di chi ci abita. Raffaella Bona, 27 anni, è appena tornata dopo aver «surfato» sui divani per un anno: dall’India alla Thailandia, dal Vietnam in Australia, dal Canada in Argentina. La parola d’ordine è couchsurfing. com. Non ha nulla a che fare con l’acqua e non è neppure uno sport pericoloso. un modo diverso di viaggiare. Non si va in albergo: l’ospitalità arriva dalla gente del posto. Couchsurfing.com che, tradotto, vuol dire più o meno «saltare da un divano all’altro», è diventata una filosofia di vita: oltre 400 mila iscritti in 223 Paesi si scambiano «un divano» a costi zero e senza mai essersi visti prima. «Non vedo l’ora di aver una casa tutta mia per poter ricambiare l’ospitalità che ho ricevuto », racconta Raffaella, riplanata a Novi Ligure dopo aver visitato ogni angolo del pianeta grazie a couchsurfing. «Ma non si tratta solo di dormire gratis, la cosa più bella è che ognuno ti dà quello che può: un divano, un caffè oppure ti fa da cicerone in giro per la città. Si condividono esperienze, si organizzano feste, cene e gite tutti insieme. Certo, in Asia soprattutto, mi è capitato di dormire in case super affollate o per terra perché non c’era posto. Ma che importa? Io ho vissuto un anno indimenticabile, sono nate amicizie solide che resteranno per sempre. Viaggiavo sola, ma non ero mai sola. Dove sono stata meglio? In Argentina. Il gruppo di couchsurfing di Buenos Aires è davvero eccezionale. Quando sono ripartita mi hanno anche organizzato una festa di addio. Lì ci tornerei domani». Un vero couchsurfers deve avere apertura mentale, spirito d’avventura e curiosità. Iscriversi è facilissimo. Basta mettere fotografie e profilo in Rete. Si raccontano i propri sogni, i propri interessi, i film e i libri preferiti. Non è obbligatorio ospitare: si può rifiutare o si può anche segnalare solo la propria disponibilità per bere qualcosa insieme. E’ un modo diverso per conoscere persone in città diverse, o anche nella stessa città perché la comunità di «surfisti» ha gruppi attivi dappertutto: Londra, Parigi, Buenos Aires, New York. In Italia i gruppi più spumeggianti sono Roma (1.110 iscritti)e Milano (750). Così succede che ci si fa un aperitivo, si organizzano cene, feste di compleanno e anche vacanze. Ospiti e ospitanti. In tutto il mondo, a tutte le età. C’è anche chi, in trasferta per lavoro, contatta «surfisti » per condividere magari una semplice birra dopo cena. Come essere sicuri di non ospitare il «ladruncolo» o di non finire in casa di un maniaco sessuale? Sono almeno tre i metodi per garantire la sicurezza: le referenze che «guest» e «host» lasciano sul profilo dopo aver ospitato, essere stati ospitati o aver conosciuto un «surfista». Si va da «extremely positive» a «extremely negative ». Ci sono i «vouch», che chi è ospitato rilascia quando il soggiorno è stato particolarmente piacevole. Per potere dare i «vouch» bisogna averne ricevuti almeno tre da altri membri. Infine c’è la verifica dell’indirizzo «fisico»: l’host indica il proprio indirizzo di casa all’organizzazione, che a sua volta manda via posta cartacea un codice. Una volta inserito il numero il membro è «verificato al terzo livello»: si ha la certezza che la casa esiste davvero. «Ho viaggiato per un anno intero – spiega Raffaella – e ho conosciuto decine e decine di persone. Mai avuto problemi legati alla sicurezza. Al massimo può succedere che non hai molte cose in comune con chi ti ospita. Ma basta leggere con attenzione i profili, scambiarsi qualche e mail per limitare questo inconveniente». Cristina Marrone