Lorenzo Cremonesi, Corriere della Sera 24 gennaio 2008, 24 gennaio 2008
E’ l’ora della tregua: basta missili e fame. Corriere della Sera 24 gennaio 2008. «Che si accetti la Hudna, il cessate il fuoco! I palestinesi di Gaza non hanno alternative e neppure noi israeliani: il cessate il fuoco, subito, da ora, senza più ritardi»
E’ l’ora della tregua: basta missili e fame. Corriere della Sera 24 gennaio 2008. «Che si accetti la Hudna, il cessate il fuoco! I palestinesi di Gaza non hanno alternative e neppure noi israeliani: il cessate il fuoco, subito, da ora, senza più ritardi». Così Avraham Yehoshua fa un passo indietro, torna a quei mesi dopo la vittoria elettorale di Hamas, nel gennaio 2005, quando l’allora neo-premier palestinese Ismail Haniyeh proponeva la tregua ed Ehud Olmert la rifiutava. «Allora era allora, adesso è adesso, con le file di profughi che da Rafah scappano verso l’Egitto, le immagini della loro povertà disperata sono qui sotto gli occhi di tutti. Ma anche i missili Qassam su Israele e soprattutto la profonda divisione tra Gaza-Hamas e Cisgiordania-Fatah», dice a giustificare una radicale revisione della politica israeliana nei confronti della Hudna. Lo scrittore israeliano è particolarmente contento di parlare con un giornalista italiano. Il nostro Paese resta uno dei mercati principali per i suoi libri. Tra due settimane verrà a presentare la traduzione del suo ultimo romanzo, Fuoco amico. E va particolarmente fiero del fatto che il suo celebre Viaggio alla fine del Millennio sarà rappresentato sotto forma di opera a Roma il 7 e 8 maggio prossimi, eseguito dalla compagnia d’opera nazionale israeliana. Cosa prova vedendo le immagini dei profughi palestinesi, colonne di poveracci affamati dal blocco israeliano che da Gaza vanno in Egitto a cercare cibo? «Penso che dovrebbero chiedere ai responsabili di Hamas di rendere conto della loro situazione. Se avessero bloccato per tempo i tiri di missili Qassam su Sderot e sulle altre città israeliane del sud tutto questo non sarebbe successo. Gaza non sarebbe affamata sino a questo punto. Non ci sarebbe fuga da Rafah ». Lei così giustifica il pugno di ferro voluto dal ministro della Difesa israeliano, Ehud Barak? «Lo posso capire. Barak ha il dovere di rendere sicura la vita degli israeliani. inammissibile che una larga fetta delle regioni meridionali del Paese restino a rischio missile. durato troppo tempo. La situazione si sta facendo intollerabile. Però occorre rilanciare nel contempo una proposta politica. La repressione militare non basta». E cioè? «Si negozi immediatamente il cessate il fuoco. Non credo affatto alle argomentazioni di Olmert e dei suoi portavoce, per cui non è possibile un accordo di tregua con chi non ti riconosce. La storia dello Stato ebraico è invece ricca di precedenti proprio in questo senso. Durante la guerra d’indipendenza, nel 1948, l’allora leader David Ben Gurion concluse ben due accordi di cessate il fuoco con i Paesi vicini, che pure non ci riconoscevano e anzi erano determinati a gettare a mare tutti gli ebrei. Altri accordi in questo senso vennero conclusi durante i conflitti del 1967 e del 1973. Persino un leader conservatore come Menachem Begin nel 1981 raggiunse un’intesa con l’Olp in Libano. Dunque tutti i pareri in senso contrario sono soltanto pretesti. La Hudna si può e si deve fare anche con Hamas». Olmert sbagliò a non accettare le offerte di Haniyeh tre anni fa? «Allora era una situazione diversa. C’era un governo di unità nazionale palestinese con Abu Mazen presidente. Noi avevamo tutto l’interesse a rafforzare la posizione del leader dell’Olp, che al contrario di Haniyeh ci riconosce ed è pronto a trattare la pace. Se noi avessimo trattato con Hamas per conseguenza Abu Mazen si sarebbe indebolito ». E adesso? «Ormai Cisgiordania-Fatah e Gaza- Hamas sono due entità diverse. Israele deve continuare a negoziare la pace con il Fatah e raggiungere la tregua con Hamas. Poi da cosa nasce cosa. Il cessate il fuoco potrebbe rappresentare il primo passo per creare il dialogo e un fronte moderato all’interno di Hamas». E se Hamas continuasse a sostenere che non è in grado di controllare i gruppuscoli che sparano Qassam? «Impossibile, non ci credo. Gaza non è l’Afghanistan, Hamas conosce esattamente chi spara i Qassam, da dove e quando. C’è tutta una serie di professionisti della provocazione, pagati e armati proprio per lanciare i razzi sulle nostre città. Hamas deve poterli fermare. Sono loro i responsabili, su loro ricade la colpa dei poveracci che scappano nel Sinai in cerca di cibo». Lorenzo Cremonesi