Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  gennaio 24 Giovedì calendario

Cade il muro di Gaza, fuga in Egitto per il cibo. Corriere della Sera 24 gennaio 2008. GAZA – La breccia nel muro di Rafah è un chilometro di cemento e metallo ondulato piegato in avanti

Cade il muro di Gaza, fuga in Egitto per il cibo. Corriere della Sera 24 gennaio 2008. GAZA – La breccia nel muro di Rafah è un chilometro di cemento e metallo ondulato piegato in avanti. Da Nord a Sud. Da Gaza verso la boccata di ossigeno al di là del confine egiziano. Soffocati da una settimana di embargo totale deciso da Israele contro i lanci di razzi, decine, forse centinaia di migliaia di palestinesi si sono infilati nei varchi aperti nella notte dalle cariche di dinamite di miliziani dal volto coperto. E hanno tirato giù la barriera. Il dottor Azmi Alastal, psicologo della Mezza luna rossa, ieri pomeriggio è andato a vedere. «Un fiume di gente verso l’Egitto. A piedi, perché le macchine non riescono a passare. Qualcuno torna già indietro carico di sacchi di farina, latte, sigarette». Addirittura agnelli, capre sulle spalle. Un uomo trascina una mucca. Incetta di sacchi di cemento, per le costruzioni e anche per le tombe, negli ultimi tempi improvvisate con piastrelle da bagno. Scorte di medicine. Rifornimenti di benzina e cherosene. Shopping di vestiti, dopo mesi senza un ricambio. Radio, tv, ricariche per i cellulari. «Qualunque cosa che non sia troppo pesante da trasportare perché ci sono due chilometri di cammino», a meno di non prendere un taxi. Molti prodotti immediatamente portati a Gaza City, in piazza Palestina, a rianimare il mercato. La mèta è la parte egiziana della città di Rafah e soprattutto, un po’ più a Ovest, il villaggio di Al Arish, il limite massimo che le autorità egiziane consentono di raggiungere. Una sorta di grande magazzino per tutto quello che manca a Gaza da quando, a giugno, dopo la conquista di Hamas, la Striscia è sotto un embargo, che si è trasformato in emergenza umanitaria con la chiusura totale decisa da Israele giovedì. Non tutti, però, dopo le spese torneranno indietro. Qualcuno tenterà il salto. «Ho visto passare molti studenti che vogliono andare all’Università del Cairo», racconta il dottor Alastal. Spesso ragazzi che già studiavano in Egitto, rientrati a Gaza per far visita alle famiglie e non più autorizzati dallo Stato ebraico a uscire. Altri cercano i propri familiari. «Il mio collega, il dottor Ateef, è passato per la mamma, che non vede da sette anni. Un mio parente, il dottor Raid, sposato con un’ucraina, tenterà di superare la frontiera per raggiungere a Kiev moglie e figli». E poi ci sono i malati. Lo psicologo ne ha visti parecchi, gente che a Gaza non ha la possibilità di curarsi e spera negli ospedali egiziani. Se in molti dovessero restare accampati al di là di Rafah, sarebbe una nuova emergenza. Ieri mattina, a Gaza City, Fahed Al Khestawi, due mogli e 13 figli, avvertito dal passaparola, stava attrezzando una vecchia macchina per scendere verso il confine sud. «Qui facciamo una vita di miseria. Niente cibo, niente acqua, manca tutto. Pure l’aria. Se mi fanno passare, resto lì, cerco un lavoro, e mando i soldi a casa». Con lui in missione un figlio e un vicino, Taher Al Rekhawi, 31 anni e già 7 figli: «Io sono un sarto, ma qui è tutto chiuso, non c’è lavoro. Proverò in Egitto». Al momento non è questa l’intenzione delle autorità del Cairo. «Lasciateli passare per comprare cibo – ha detto il presidente egiziano Hosni Mubarak ai suoi militari ”, a patto che non portino armi». la preoccupazione di molti a Gaza. Attraverso il confine poroso passano adesso tutto e tutti. «Anche armi e estremisti di Al Qaeda», teme un giornalista palestinese. A un uomo di ritorno da Al Arish sarebbero state confiscate 7 pistole, ed è solo un episodio. «Hamas è soprattutto preoccupato per l’arrivo di droga e alcol». Il reporter ha visto entrare a Gaza molti egiziani, ma ha notato che ai check- point del gruppo islamico dentro la Striscia si controllava la merce, non i documenti: «Passa chiunque...». E continuerà a passare almeno per un paio di giorni. Se Il Cairo riuscirà a richiudere il confine, non sarà prima del fine settimana. Il premier di Hamas, Ismail Hanyieh, ha chiesto colloqui urgenti con gli egiziani e con i rivali palestinesi dell’Autorità nazionale di Abu Mazen. Il governo israeliano teme «il caos» e richiama il Cairo: «Il confine, in base agli accordi, è sotto la responsabilità egiziana». Il Consiglio di Sicurezza Onu discute un testo in cui si chiede la «fine di tutte le violenze»: i Qassam su Sderot, ma anche il blocco israeliano dei valichi che stritola la popolazione di Gaza e la spinge verso Sud. Alessandra Coppola