Corriere della Sera 24 gennaio 2008, Paolo Conti, 24 gennaio 2008
Ricolfi: la fine nel 2005 con le bugie sul Cavaliere. Corriere della Sera 24 gennaio 2008. ROMA – Altro che aprile 2006
Ricolfi: la fine nel 2005 con le bugie sul Cavaliere. Corriere della Sera 24 gennaio 2008. ROMA – Altro che aprile 2006. Il dubbio sulla tenuta del futuro governo Prodi cominciò a serpeggiare nella coscienza progressista- doc di Luca Ricolfi («ero e resto uomo di sinistra») addirittura nel febbraio 2005 quando l’Unione era appena delineata: «Stavo lavorando sul rapporto "Dossier Italia" del nostro Osservatorio del Nord-ovest e mi resi conto che la maggior parte delle accuse formulate dal centrosinistra contro Berlusconi erano false o distorte. E che quindi la futura coalizione non sarebbe nata solo sull’odio antiberlusconiano. Ma addirittura sulla menzogna». Quali bugie? Il docente di Analisi dei dati alla facoltà di Psicologia di Torino stila un elenco con uno stile che ricorda il fortunato pamphlet Longanesi Perché siamo antipatici? La sinistra e il complesso dei migliori: «Il loro smentire ostinatamente il deficit di bilancio consegnato a Berlusconi nel 2001. Che invece c’era, enorme. Il negare che l’occupazione, sotto Berlusconi, era genuinamente aumentata. L’accusare il Cavaliere di aver mentito sulle pensioni minime: bastava riguardarsi la cassetta di Berlusconi da Vespa col famoso contratto per risentirlo distinguere i requisiti di reddito necessari per ottenere gli aumenti». Conclusione: «Mi si chiarì l’idea di una coalizione che non avrebbe potuto far nulla semplicemente perché partiva da un’analisi sbagliata della condizione della società italiana». Siamo alla prima tappa della via dei dubbi di Ricolfi sul governo Prodi. Seconda tappa. Piena campagna elettorale, diciamo febbraiomarzo 2006: «La sinistra fece promesse impossibili mentre insisteva sulSaggista Luca Ricolfi, giornalista, saggista e docente la drammaticità dei conti pubblici. Si parlava di sfascio e si annunciava una politica fiscale per le famiglie e, promessa delle promesse, che le tasse non sarebbero aumentate ». Ricolfi avverte che ora userà l’arma del sarcasmo: «Ecco, io non sono affatto deluso da Prodi. Nel senso che ha fatto ciò che mi aspettavo da una maggioranza tenuta su, ripeto, dalle menzogne e dall’antiberlusconismo ». Infine terza (ma non ultima) tappa, il senso generale dello Stato: «Ho scritto tutto il male possibile sulle leggi-vergogna di Berlusconi, sul conflitto di interessi, quindi sullo scarso senso dello Stato del centrodestra. Su quel punto mi sarei aspettato un atteggiamento diverso ». E invece, dice il professore, altra delusione: «Invece nessun tema di natura istituzionale è stato seriamente affrontato con un minimo di tempestività e serietà. Perché non può dirsi autentica attività legislativa il semplice annuncio ». Un esempio tra i tanti? «Mi viene in mente la Rai. La mancata espulsione della politica da viale Mazzini, dalla sanità, dalle municipalizzate ». Alle tre tappe va aggiunta l’ultima certezza, scaturita con l’approvazione della seconda legge finanziaria di Prodi prima di Natale: «La prima del 2006, con un problema aperto di bassa crescita, tirò fuori una stangata fiscale che prevedeva un riflesso negativo dello 0,3% sul Pil. Quest’anno sono stati invece aperti i cordoni della borsa con un effetto peggiorativo sui conti pubblici... uno schizofrenico stop and go. Due finanziarie sbagliate su due». Ricolfi ha un solo rimpianto: «Aver intitolato il mio ultimo libro uscito quattro mesi fa "L’arte del non governo". L’ideale era "L’arte del gambero". Perché questo governo non solo ha rallentato, di fatto con Berlusconi, l’azione riformatrice durata dal ’92 al ’97. Ma ha innestato la retromarcia». E cita un’altra (secondo lui) menzogna: «Nei nostri calcoli il recupero dell’evasione fiscale si riduce a due, forse tre miliardi. Spero di essere smentito. Ma mi pare difficile». Tra poco uscirà il rapporto 2007 dell’osservatorio ricolfiano, «Ostaggi dello Stato, le origini del declino e dell’insicurezza». Previsioni fosche, annuncia il professore. «Quasi peggio di quanto abbiamo visto in questi venti mesi in cui non è cambiato nulla. Né nei metodi di governo, né nei programmi attuati, né nei contenuti...» Paolo Conti