Corriere della Sera 24 gennaio 2008, Giovanni Bianconi, 24 gennaio 2008
E il Padrino ora legge l’Inferno di Dante. Corriere della Sera 24 gennaio 2008. VIBO VALENTIA – Anche il Padrino legge Dante
E il Padrino ora legge l’Inferno di Dante. Corriere della Sera 24 gennaio 2008. VIBO VALENTIA – Anche il Padrino legge Dante. Nella cella dov’è rinchiuso da quasi due anni, Bernardo Provenzano non si limita a studiare e sottolineare la Bibbia, ma fa i conti con il Poeta. Su sollecitazione di un «amico di penna» che gli scrive lettere e invia pacchi, al quale il capomafia di Corleone ha risposto: « Ora mi diti se ho letto la Divina Commedia. Si che l’ho letto, pure dove dici nel cammino di nostra vita mi son trovato in una serva scura perche la dritta via sera smarrita... ». Sgrammaticature a parte, che fanno pensare a una citazione a memoria, chissà se Provenzano s’è fermato all’incipit dell’Inferno o è andato avanti. Nella lettera passa subito ad argomenti più attinenti alla sua condizione: « Poi per quanto riguarda l’ari (l’aria, ndr), mene danno due ore al giorno », e riferisce: « Riguardi per l’età, per le miei 74 Anni, non mi lamento, principalmente per la Salute ». Il protagonista dell’«amicizia epistolare » con il boss è un calabrese di quarant’anni, Michele Bonavota, qualche guaio con la giustizia in passato e qualche altro che ora lo costringe alla sorveglianza speciale: divieto di uscire da Vibo Valentia, dove abita, e obbligo di chiudersi in casa dalle 20 alle 7 del mattino. L’arrestarono nell’aprile 2004, quattro mesi di cella e sei di arresti domiciliari, in attesa del processo per associazione a delinquere, truffa, falso e ricettazione. Anche suo fratello è rimasto coinvolto, e suo padre (morto nel ’95) passò dalla galera con l’accusa di associazione mafiosa, poi caduta. «Mi sono permesso di scrivervi la prima volta perché siete una persona carismatica, e raffigurate la buonanima di mio padre», ha spiegato Bonavota a Provenzano. E adesso, nella cucina della casa dove è ancora allestito un luccicante presepio, racconta: «Quando ho visto le sue immagini dopo l’arresto mi ha fatto simpatia. Ho letto che chiedeva la Bibbia, ho pensato che poteva fargli piacere anche la Divina Commedia e gliel’ho mandata. Lui mi ha ringraziato, e così gli ho spedito pure un dizionario di italiano». Ma Provenzano è il capo della mafia, come fa a suscitarle simpatia? «Avrà fatto cose cattive – risponde Bonavota – ma non credo peggiori di tanti altri che stanno fuori. Mi pare che lui stia pagando. E poi, a quanto dicono, non è come Riina, che voleva le stragi». Forse nell’ultimo periodo, ma quelle di Capaci e via D’Amelio portano anche la firma di Provenzano. Bonavota ci pensa: «Adesso però sta sempre a pregare...». All’«amico di penna» basta e avanza. Quello che non digerisce, invece, è che la Direzione delle carceri abbia irrigidito il regime di detenzione del boss per il sospetto che nelle sue lettere ci fossero messaggi cifrati: «Non ci sono codici né richieste. Io gli scrivo per simpatia». E la censura legge tutto, come dimostrano i timbri apposti su ogni lettera. Anche quella in cui Provenzano avvisa Bonavota di una sua lettera « trattenita dalla cenzura, non so il motivo », e commenta: « Sò che quando la ragione con la forza contrasta, la forza vince e la ragione non basta ». Bonavota vorrebbe mandare al Padrino i libri che parlano di lui e della mafia, e Provenzano avverte: « Mi piacerebbe leggere le cose mie ma non so se è possibile ». Quanto a pantaloni e magliette, « ringrazio anticipatamente il vostro gentile pensiero. Pantaloni misura 49, del resto non posso dirvi le misure perche non lo so ». Intenzione di Bonavota era anche di far avere al capomafia un dipinto del volto di Cristo, ma lui l’ha consigliato diversamente: « Sento che avete ricevuto quando viò detto di conservare voi stesso il quadro, vostro gentile pensiero ». Il sogno è di riceverlo, un giorno, fuori dal carcere: « Preghiamo Nostro adoratissimo Signore Gesù Cristo che ci concede la grazia all’occasione che io potesse uscire e in tal caso conoscerci di presenza ». Così scriveva il boss nell’ottobre del 2006. Il congedo è uguale a quello dei pizzini composti (con la macchina da scrivere) in latitanza: « Vi benedica il Signore e vi protegga ». Ora è tutto scritto a mano, con tanto di firma: « Provenzano Bernardo ». Giovanni Bianconi