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 2008  gennaio 24 Giovedì calendario

UNA MORATORIA SULLA CONTRACCEZIONE

La Repubblica 24 gennaio 2008.
Nei primi decenni dell´Ottocento, molti parroci francesi si resero conto che le nascite annotate nei loro registri diminuivano di anno in anno, nonostante non ci fosse alcun calo dei matrimoni. Alcuni di loro interrogarono le gerarchie, e queste la Penitenzieria romana, circa il comportamento del confessore verso le coppie che in buona fede «usassero del matrimonio per fini diversi dalla procreazione», o «commettessero il peccato di Onan» per evitare una gravidanza. Le risposte furono all´inizio ispirate alla tolleranza, nella tradizione di Sant´Alfonso de´ Liguori: «Circa poi i peccati dei coniugi riguardo al debito coniugale, di norma il confessore non è tenuto – né sarebbe conveniente – ad interrogare se non le mogli; e nel modo più riservato possibile, domandando per esempio se siano state obbedienti al marito in tutto. Sul resto si taccia, a meno che non sia interrogato». Insomma, si entri il meno possibile nelle questioni private: del resto il matrimonio è anche remedium concupiscientiae, e se la moglie asseconda il marito in comportamenti sessuali volti ad evitare una gravidanza, questo atto può evitare mali peggiori e non è quindi sanzionabile.
Questa posizione evasiva e tollerante venne abbandonata dal Sant´Uffizio a metà del secolo, che la considerò erronea e condannabile. È tuttavia solo nel 1930 che l´esplicita condanna del controllo delle nascite viene affermata da un Papa: nella Casti Connubi Pio XI scrisse che solo «l´onesta continenza» degli sposi è ammessa, ma «non vi può essere ragione alcuna, sia pure gravissima, a rendere conforme ed onesto ciò che è intrinsecamente contro natura. E poiché l´atto del coniuge è, di sua propria natura, diretto alla generazione della prole, coloro che nell´usarne lo rendono studiosamente incapace di questa conseguenza, operano contro natura, e compiono un´azione turpe e intrinsecamente disonesta». La posizione della Chiesa è sempre quella, salvo l´avere esplicitamente ammesso il cosiddetto «metodo naturale di controllo» basato sui giorni infecondi del ciclo.
Eppure, col Pontificato di Giovanni XXIII, si era andati assai vicini ad uno storico cambio di strada. Nel 1963, pochi mesi prima della conclusione della prima sessione del Concilio Vaticano Secondo, il Papa costituì la Commissione Pontificia di Studio su Popolazione e Famiglia; preminente nell´agenda della Commissione era il tema della liceità del controllo delle nascite, in un mondo assai cambiato dalla turbinosa crescita demografica. La Commissione – composta da teologi, biologi, medici, demografi, psicologi ed attivisti – tenne cinque sessioni di lavoro tra il 1963 e il 1966. Nell´ultima, lunga e decisiva sessione, fu integrata da 16 cardinali e vescovi (tra i quali Karol Wojtyla, che però non partecipò ai lavori) ai quali venne demandata l´approvazione finale del documento, che ottenne nonostante la presenza di una maggioranza ritenuta conservatrice (c´era il Cardinale Ottaviani, presidente del Sant´Uffizio).
Il documento era nel solco dell´insegnamento della Chiesa, riaffermava la condanna dell´aborto e della sterilizzazione, i principi della genitorialità responsabile «secondo i quali le coppie debbono esprimere un giudizio di coscienza di fronte a Dio circa il numero dei figli da avere e da educare». La regolazione dei concepimenti «appare necessaria per molte coppie che vogliono essere genitori responsabili, aperti e ragionevoli nelle circostanze di oggi. Se debbono osservare e coltivare tutte le essenziali virtù del matrimonio, i coniugi necessitano dignitosi ed umani mezzi di regolazione dei concepimenti». Nella scelta dei mezzi occorre tenere in conto molti aspetti biologici e psicologici, e soprattutto la dignità degli sposi e perciò «…non arbitrariamente, ma come la legge di natura e di Dio comanda, lasciamo che le coppie giudichino in modo oggettivamente fondato, considerando i vari criteri…Bene istruiti e prudentemente educati come Cristiani, essi prudentemente e serenamente giudicheranno che cosa è veramente giusto per la coppia e per i figli…».
L´autorevolissimo documento passò all´attenzione di Papa Montini. Si trattava di una vera svolta nella sofferta storia della dottrina della Chiesa su sessualità e procreazione. Ma Paolo VI preferì restare nel solco diritto della tradizione, e la Humanae Vitae, due anni dopo, ribadì la condanna della contraccezione. A quarant´anni dall´Enciclica, mentre la stragrande maggioranza dei cattolici pratica la contraccezione e il sensus fidelium la dà per scontata, la situazione non è cambiata. Né Giovanni Paolo II né Benedetto XVI hanno compiuto il passo che i fedeli cattolici si sono oramai stancati di attendere.
Ma si rifletta. Ogni anno c´è una quota di gravidanze – pari a circa un quinto delle nascite secondo serie e fondate indagini – che le madri, ed i padri, non erano pronti ad avere, o non volevano in assoluto (praticavano contraccezione al momento del concepimento), ma che sono arrivate a termine. Sommando questa quota ai 130.000 aborti, possiamo dire che circa una gravidanza su tre giunge senza che la coppia, o la madre, l´abbia desiderata e voluta. Questa stima è coerente con analoghe valutazioni riguardanti la Francia. E allora: cosa fare, per diminuire la quota delle gravidanze non volute e quindi abbassare il rischio di aborto? Come evitare che una gravidanza giunga in un momento difficile, o di crisi, della vita di coppia, o della donna? Come agire perché una quota crescente delle gravidanze avvenga per scelta, e non per caso o per errore? Non sarebbe utile far sì che la conoscenza del proprio corpo e dei processi riproduttivi – una proporzione elevata di giovani donne non conosce bene la fisiologia della riproduzione – divenga elementare cultura di ogni adolescente? Ecco quel che ci vuole: una "moratoria sulla contraccezione", da liberare da tabù e divieti.
MASSIMO LIVI BACCI