Vanity Fair deve ancora uscire Marina Valensise, Vanity Fair 6/2/2008, 6 febbraio 2008
Carla Bruni non è andata in India. Levando d’impaccio gli addetti al protocollo che da giorni cercavano una soluzione diplomatica per la visita di Stato del presidente francese, la cantante ex top model ha rilasciato un’intervista a Libération, il quotidiano della gauche caviar, fondato da Jean Paul Sartre e oggi proprietà di Edouard de Rotschlid e Carlo Caracciolo, per annunciare che non avrebbe accompagnato Nicolas Sarkozy nel suo viaggio ufficiale
Carla Bruni non è andata in India. Levando d’impaccio gli addetti al protocollo che da giorni cercavano una soluzione diplomatica per la visita di Stato del presidente francese, la cantante ex top model ha rilasciato un’intervista a Libération, il quotidiano della gauche caviar, fondato da Jean Paul Sartre e oggi proprietà di Edouard de Rotschlid e Carlo Caracciolo, per annunciare che non avrebbe accompagnato Nicolas Sarkozy nel suo viaggio ufficiale. ”Non sono ancora sua moglie” ha detto, smentendo le voci di un matrimonio segreto che circolavano da giorni, e riconoscendo anche lei, due settimane dopo il presidente, che i due pensano davvero di sposarsi. Un viaggio così lungo, ha poi aggiunto l’ex modella, con una differenza di fuso così grande, non è una buona cosa per la salute. Niente visita al tempio dell’amore di Taj Mahal, con mute di paparazzi al seguito, dunque. Niente video dei due piccioni che tubano in mondovisione, indifferenti alla ressa circostante. All’Eliseo, dove il tema Carla Bruni resta ancora tabù, e nessuno aveva il coraggio di porre la questione al apresidente, sono sollevati. Una visita di stato è una visita di stato e in un paese a forte densità di musulmani, con le signore del seguito ufficiale, non si scherza. Gli indiani hanno fatto sapere senza tante cerimonie che la compagna del presidente non può ambire allo stesso cerimoniale riservato alla consorte ufficiale. E i francesi, per quanto discreti, e per quanto ostinati, tanto che sino all’ultimo non hanno fornito le liste dei partecipanti al viaggio, hanno dovuto prenderne atto. C’è poi un’altra considerazione, oltre l’accortezza da star di Carla Bruni, che ha anticipato spontaneamente una dichiarazione a mezzo stampa per evitare l’agguato dei cronisti indiscreti. Ed è il calo vertiginoso nei sondaggi che Sarkozy registra da quando si è fidanzato con l’ex modella e cantante italiana, e ha deciso di ufficializzare la cosa con una passeggiata en famille a Eurodisneyland, un tranquillo sabato pomeriggio di dicembre, col di lei figlio e madre al seguito. Nessuno infatti, forse nemmeno lui, poteva immaginare che la cosa non sarebbe poi così piaciuta ai francesi i quali, nel volgere di pochi giorni, sembrano aver voltato le spalle al primo presidente pop della Quinta repubblica, facendolo precipitare sotto la soglia del 48 per cento intermini di gradimento. E ora l’accusano di essere un esibizionista, di essersi trasformato in un ”étalagiste” (cioè l’addetto nei negozi all’allestimento delle vetrine) preso dalle sue ”facezie maritali”, come ha detto Jean François Probst, un vecchio consigliere di Chirac che l’ha sempre detestato, ed essere indifferente al carovita e al calo dei potere d’acquisto dei francesi, e per di più lesivo nel suo comporamento pubblico, nel suo voler cioè ostentare il privato, della dignità presidenziale. Eppure, il ”coming out” sul nuovo idillio doveva essere un gesto naturale, un semplice fatto compiuto, da imporre in nome della spontaneità e della trasparenza, per sottolineare la ”rupture” con l’ipocrisia e la menzogna del passato regime, quando i presidenti tenevano nascoste non solo le amanti, ma persino le secondo famiglie e le figlie naturali. A suggerirlo era stato Jacques Séguela, il celebre pubblicitario fondatore del gruppo RSCG, poi fuso in Eurocom e oggi assorbito da Havas, di cui oggi è vicepresidente, e di cui detiene il 20 per centoVincent Bolloré, l’industriale amico di Sarkozy che oggi fornisce i mezzi per la logistica per le sue trasferte in vacanza. Ma prima di essere un genio della ”pub”, inventore della ”génération Mitterrand” nel 1988, e della ”force tranquille”, l’antico slogan, ben più provvido, con cui il socialista François Mitterrand vinse le presidenziali nel 1981, Séguela è un uomo duttile. Sostenitore di Ségolène Royal per la quale votò al primo turno, aperto fustigatore del transfuga Eric Besson che da tesoriere del Ps approdò all’Ump, Séguela cambiò cavallo a corsa inziata, schierandosi per Sarkozy al secondo turno: ”Penso che sia venuto il momento di votare non per un partito, ma per un uomo” disse. E da allora non ha fatto altro che assitere il suo eletto, e commentare la sua rivoluzione sentimentale. ”Sarkozy inventa un modo di democrazia non ”diretta”, ma ”in ”diretta”, ha spiegato Séguela. ”I suoi predecessori avevano un tono compassato, o trattenuto, lui invece, adotta un ritmo della frase simile al rap, parla per immagini, creando una vicinanza coi francesi, ai quali da del tu. Con lui, siamo passati dalla funzione presidenziale alla personalizzazione della presidenza”. E’ anche vero che per consigliare l’uscita a Eurodisney, si doveva sentire addosso una certa responsabilità”. Era stato proprio lui, infatti, a servire da Cupido, organizzando tra i due il primo incontro a casa sua. Sarkozy, che si fidava di Séguela come un politico senza complessi può fidarsi di un pescecane della comunicazione, ai vertici di una delle agenzie più influenti d’Europa, e per di più conquistato alla causa dopo aver esaurita la militanza socialista, gli aveva lanciato un SOS. ”Combina una serata da te con qualche amico, non ne posso più di passare tutte le sere da solo all’Eliseo”. E Séguela aveva provveduto. Dopo l’abbandono da parte della moglie Cécilia, il divorzio lampo a metà ottobre, in un salone dell’Eliseo con un magistarto convocato ad hoc, l’incidente con la corrispondente della Cbs, piantata in asso davanti alle telecamere accese, perché aveva osato domandargli del divorzio, vicenda off limits che lo faceva visibilmente soffrire, Sarkozy stava vivendo un brutto momento. A nulla erano valse le sue dichiarazioni estemporanee da neoscapolo più corteggiato del mondo, ”di donne c’è la fila qui fuori, ho solo l’imbarazzo della scelta”. Pochissimo pure erano servite le parole di mammà, Andrée Sarkozy, in arte Dadu, che accompagnando il figlio presidente in Cina ne aveva tessuto le lodi, senza peraltro diminuire i meriti degli altri due fratelli, e senza trascurare di mettere in guardia le nuove aspirante nuore. ”Niente matrimoni, ne abbiamo avuti già abbastanza”. Sarkozy era solissimo. I giornali femminili si sbizzarrivano a sfornare test esilaranti per le loro lettrici e alquanto impietosi per il presidente, sul tema: ”Etes vous sarkocompatible?” con annesso calcolo ragionato sulle reali chance di conquistare il cuore solitario più ambito d’Europa, a condizione di condividerne il gusto country, l’amore per lo star system, la passione per il jogging e la devozione integrale alla politica... I siti internet poi, altro diluvio di dileggio e irrisione, diffondevano notizie di avventure più o meno note, più o meno supposte, inventate, risapute e taciute, con una stella del giornalismo catodico, come la bionda Laurence Ferrari, che inquegli stessi giorni aveva annunciato il divorzio dal marito, padre dei suoi due figli e produttore del suo stesso programma di interviste. Del resto, alcuni commentatori, che da mesi assistevano rapiti alla metamorfosi dei salotti parigini in logge di portineria, assicuravano, nei dîner en ville, la presenza certa della signora a fine agosto accanto al presidente, in un resort della Corsica, sloggiato ad hoc per fare spazio ai servizi di sicurezza. Ma nella giostra di notizie e di smentite, dove le voci venivano rincorse dalle querela, e il gusto per il gossip alimentava l’esborso di danni per violazione della vita privata, il presidente continuava ad essere solissimo e di pessimo umore. Occupava le sue stanze all’Eliseo, come un’anima in pena. Nemmeno gli amici riuscivano ad essergli di aiuto. Una sera invitò a cena Carole Bouquet, la bella attrice melomane che dal suo grande amore Depardieu ha imparato a coltivare il passito nell’isola di Pantelleria, e produce un ottimo vino. Il presidente neoscapolo aveva scelto un ristorante molto trendy in pieno centro, e un tavolino nemmeno troppo appartato, ma rigorosamente a lume di candela. L’assedio però, per quanto meticolosamente allestito, s’era rivelato infruttuoso. Tant’è che a un certo punto, mettendo in atto una delle solite diversioni che servono a confondere il nemico per meglio preparare l’affondo, Sarkozy aveva preso il telefono per salutare una comune amica e farla sentire partecipe. La comune amica era Yasmina Reza. L’estate scorsa a ferragosto, per far perdere le tracce prima del lancio del suo diario di campagna, s’era rifugiata chez Carole, a Pantelleria. Sì proprio lei, la drammaturga, scrittrice di teatro e a suo tempo attrice, che aveva avuto il privilegio di seguire da vicino la campagna elettorale di Sarkozy per farne un ritratto letterario. ”Venga pure” gli aveva risposto l’allora candidato. ”Anche se scriverà malissimo di me, ne uscirò magnificato”, aveva detto, sicuro del fatto suo. Alla fine, però, s’era dovuto ricredere. Yasmina Reza l’aveva dipinto come un bambino vestito da uomo, che nascondeva qualche fragilità, l’aveva dipinto come un moccioso in cerca di rivalsa che innamorato di star, vedettes e paillettes, era riuscito a salire sul palco di Johnny Hallyday, e per nulla al mondo intendeva abbandonarlo, l’aveva ”magnificato” come un genio dell’opportunismo, animato da ambizione feroce e straordinaria energia, e pronto a tutto e al contrario di tutto, pur di raggiiungere il suo scopo. Finita la campagna, i due erano entrati in freddo. Lui non l’aveva nemmeno invitata a festeggiare da Fouquet’s, il ristorante per arabi doviziosi e ricchi libanesi sugli Champs Elysees, la notte della vittoria con una cinquantina di eletti, fra cui la crema del Cac 40. Lei, inorridita dal trionfo di cortigianeria che aveva visto in azione all’Eliseo il giorno dell’investitura, aveva rinunciato alprogetto di seguirlo durante il primo mese all’Eliseo. Poi Flammarion aveva pubblicato il libro, (’L’aube le soir ou la nuit”) ed era stato un bestseller. Il presidente, livemente infastidito, aveva tenuto a dire che, come suo costume, non l’aveva letto e non l’avrebbe letto. Alla fine, però, cercando di salvare il salvabile aveva anche voluto spiegare amabilmente ai lettori di Le Monde che Yasmina era una scrittrice e viveva ”dans la séduction”, dunque, aveva visto, sentito e ascoltato solo quello che voleva vedere, sentire e ascoltare. Delusione reciproca, insomma. Pochi mesi dopo, ecco che si rifaceva vivo con una telefonata interessata. Erano i primi di novembre. I giornalisti vicini, le voci di dentro, le gole più o meno profonde che avevano assistito a tutta la campagna, si divertivano a mimare la scena, come se fosse la prova generale di una nuova pièce di teatro, che avrebbe potuto intitolarsi ”Le désarroi du président”. Con collaudata arte scenica, Yasmina Reza ne aveva messo in giro una versione hard. Il presidente, dopo quella prima cena con Carole Bouquet, Sarkozy le avrebbe ritelefonato per chederle di intercedere con l’amica attrice restìa, invitandola per un’uscita a tre: ”Non ho vissuto cinquat’anni per servire come chaperon a un uomo che vuole conquistare un’altra donna”. Questa la lapidaria risposta della drammaturga, o meglio la lapidaria versione che decise di mettere in circolazione. Sarkozy dunque sembrava solissimo. Sul numero di Paris Match programmato per uscire in edicola tra la visita di Gheddafi a Parigi e il viaggio romano di Sarkozy per l’udienza con Benedetto XVI, un servizio fotografico di 16 pagine, opera di Bettina Rheims, lo ritraeva nel suoi appartamenti privati, in compagnia del figlio, con un’aria preoccupata, oppure coi ministri sull’aereo di stato, lo sguardo dimesso, senza più la fede al dito. Segno inequivocabile che nell’approssimarsi delle feste, il presidente era ”un coeur à prendre”, come segnalava il cronista di Le Monde Philippe Ridet. Fu allora che Sarkozy prese il coraggio a due mani e telefonò a Séguela. La serata a casa sua fu molto brillante. Bisogna dire che i due ospiti d’onore non si incontravano per la prima volta. Il presidente e la modella cantante s’erano già visti qualche giorno prima, per l’esattezza il 23 novembre, all’Eliseo, per la consegna ufficiale di un rapporto sulla pirateria digitale per la tutela del diritto d’autore su internet. Sarkozy, appena eletto, l’aveva commissionato al presidente della Fnac, la grande rete di librerie multimediali, Denis Olivennes, già amministratore delegato del gruppo televisivo Canal+, e prima ancora di Air France, normalista ed enarca di formazione e intellettuale riformista della sinistra chic per passione. Insomma, un brillante funzionario di Stato, passato dal Consiglio di Stato all’industria privata; tipico prodotto meritocratico della borghesia intellettuale francse, nipote di un famoso psichiatra berlinese emigrato a Parigi per sfuggire ai nazisti, e fratello di un ginecologo già marito e padre di tre figli dell’attrice inglese Kristin Scott Thomas, l’amica nevrotica di Hugh Grant in ”Quattro funerali e un matrimonio”. Casa iperchic in rue ell’Odéon, estate all’Ile de Ré, o in bicicletta fra i girasoli del Gers, nonostante la calvizie incipente e una corporatura non proprio adonica, Denis Olivennes rappresenta il perfetto prototipo del francese colto, disilluso, sofisticato, di potere e naturalemente di sinistra. Un tipo umano verso il quale Carla Bruni, che è nata dell’alta borghesia piemontese, figlia di un industriale artista, che solo sul punto di morte scoprirà di non essere suo padre,e di una madre sublime, che accetta a settantanni di posare in mutande per l’obiettivo di Helmut Newton, ed è lei stessa un artista, educata al noconformismo, alla stravaganza del lusso e alla libertà, ha sempre provato un debole. Lo dimostra la sua passione per gli Enthoven, padre e figlio, che per alcuni anni ha segnato una batttuta d’arresto nella sequenza dei suoi innumerevoli amori. Enthoven padre, infatti, è lo scrittore-editore Jean Paul, oggi 59 anni, un passato di storico, specialista della teoria del complotto nella Rivoluzione francese, fraterno amico del filosofo Bernard Henri Lévy, poi direttore editoriale da Grasset e collaboratore finissimo alle pagine culturali del settimanale Le Point. Enthoven figlio è Raphaël, oggi 31 anni, normalista, professore universitario, autore di programmi radiofonici a France Culture, una tesi di dottorato, forse abbandonata, sul nihilismo e la morte di Dio, e l’anno scorso un libro dal titolo ludico, ”Un jeu d’enfant, La Philosophie”, ma tremendamente premonitorio, in cui se la prende fcon l’istituzione del matrimonio, paragonandolo niente di meno che al politico più normativo e disciplinare del momento: ”Le mariage c’est Sarkozy. le mariage c’est la loi”. La storia scabrosamente incestuosa del ménage à trois è arcinota, ma merita di essere ricordata per dare la misura del temperamento oltreché della crudeltà di cui può essere capace un’artista bella, libera, tirannica e del tutto priva di complessi come la cantante modella italiana. Fidanzata col padre, nell’estate del 2000, Carla Bruni lo raggiunge per una vacanza in famiglia sull’isola di Porquerolles. Lì però finisce nelle braccia del figlio, sposato all’epoca con la figlia del migliore amico del padre, Bernard Henri Lévy: ”In un colpo solo mi ha portato via figlio, nuora e migliore amico”, dirà Enthoven padre, semitramortito. Non andrà meglio alla giovane nuora. Justine Lévy, oggi 34 anni, uscirà dalla depressione grazie alla letteratura, con un besteller autobiografico e superpremiato, ”Rien de grave”, in cui racconta ogni dettaglio del misfatto, divertendenso a demolire il viso immobile, scolpito nella cera, e riempito di botox, il sorriso letale, da Terminator, della rivale, ”bella, imperiosa, bionica, con uno sguardo da killer”. Il resto è storia. Raphaël, ”Quatre consonnes et trois voyellles...c’est le tréma qui m’ensorcelle dans le prénom de Raphaël.... Il a l’air d’un ange, mais c’est un diable d’amour…”, cantava Carla Bruni innamorata nel 2002, quando all’apice della passione per quel virgulto di 25 anni ne ebbe persino un figlio, Aurélien, quel bambino che nelle ultime vacanze di Natale sul Nilo, abbiamo visto a cavalcioni sulle spalle del nuovo amore della madre, mentre si copriva il viso con le mani, per evitare i fotografi. Ma l’artista ha una sua religione. ”Sono una predatrice lo so” riconosce Carla Bruni, che ha sempre preso molto sottogamba l’accusa di sfassciafmiglia, anche quando a lanciarla era la moglie di Mike Jagger, Jerry Hall, alla quale rispondeva al telefono rispondeva ”Non capisco, proprio non capisco”. E poi, è lei stessa ad ammettere: ”Preferisco venire trattata da predatrice che da vieux sac à puces”, dove non si capisce se abbia in mente una borsetta logorata dall’uso che finisce sulle bancarelle al mercato delle pulci, o qualche altro strano utensile per affrontare una battaglia da pidocchiosi... Ma per tornare all’Eliseo, la prima volta che Carla Bruni mise piede nell’hôtel particulier di Madame de Pompadour, dove ormai è di casa, e incontrò il presidente della Repubblica, fu per ascoltare ed applaudire il presidente della Fnac Denis Olivennes, che parlava di pirateria digitale e contro la gratuità della cultura. Al di là delle ragioni professionali, la tutela dei copy right, tema sensibile per una cantautrice che al primo disco ha venduto piùdi due milioni di copie, i due infatti erano grandi amici, amici intimi e di tale intimità, secondo la leggenda germanopratina, che l’estate scorsa lo stesso matrimonio di Olivennes ne aveva grandemente risentito. Pochi giorni dopo l’incontro all’Elsiseo, però, alla cena da Jacques Séguela, Carla Bruni si pressentò da sola, con la sua chitarra. Gli altri invitati, oltre il presidente, erano il filosofo ex ministro dell’Educazione nazionale Luc Ferry e la moglie Marie Caroline, vecchi amici di Sarkozy, sin dai tempi di Chirac, quando sedevano insieme nel governo Raffarin, e Péri Cochin con compagno, la così detta «Schéhérazade du Paf» (Paesaggio audiovisivo francese), una specie di Jerry Scotti o Daria Bignardi libanese, protetta di Séguela e molto creativa, che vive in un villino Secondo Impero, dove Zeffirelli ha girato la Traviata, adora gli inviti a cena, tanto da farne una professione, e produce programmi televisivi su format francesi da rivendere in Medio Oriente. Carla si mise a suonare la chitarra e fu incantevole. Quando annunciò la sua prossima tournée, Sarko reagì prontamente. ”Sarò in prima fila”. E lei, che all’epoca doveva ancora sentirsi una militante della gauche caviar, ”Non ci penso proprio” rispose, ”Se lo levi dalla mente”. Si sa come vanno a finire certi scontri... La leggenda vuole che alla fine della serata, pacatezza invincibile della donna di sicura bellezza, Carla Bruni, come se nulla fosse abbia chiesto a Sarkozy se avesse una macchina per riaccompagnarla a casa. ”Sì, credo di sì”, avrebbe risposto lui, con voluttuosa ironia, mentre uno stuolo di autoblu con lampeggianti accesi l’aspettavano davanti al portone. Ma quella sera tra i due nulla accadde di quanto voi pensate sarebbe potuto accadere. Giunti alla meta, secondo una leggenda della Rive Droite, pare che Carla prima di scendere dall’auto, abbia fatto scivolare il suo numero di telefono nelle mani dell’autista. Secondo invece un’altra versione della Rive Gauche, pare che il presidente le abbia chiesto il numero e se lo sia registrato sul telefonino. Erano le due di notte, quando Jacques Séguela, mentre stava vuotando i portacenere dai divani, e spegnendo le luci prima di andare a dormire, ricevette una telefonata. Era lei, Carla. ”Strano tipo l’amico tuo presidente. Mi ha chiesto il numero di telefono, e non mi ha ancora chiamata”... I due si erano salutati solo dieci minuti prima. La corrente tra loro era passata. Alta tensione, anzi altissima. Il pubblicitario più paraculo di Francia, era riuscito nel più bel colpo della sua vita: avvicinare due stelle di prima grandezza, provenienti da galassie lontane, ma affini, da costellazioni diverse ma più che prossime, e farle cadere l’unanelle braccia dell’altro, come due pere cotte. Il colpo era riuscito perfettamente. Bisognava solo annunciarlo urbi et orbi per realizzzarlo in pieno dargli concretezza. Lo stesso Séguela provvide subito, raccontando per filo e per segno al Figaro tutto quello che avete appena letto del primo incontro, l’appello del presidente per spezzare la solitudine all’Eliseo, la cena in casa per scaldare i cuori, e poi l’idillio improvviso che preme il muro del pudore e rompe la riservatezza per trasformarsi in destino. ”Sono fatti l’uno per l’altra” assicurava il pubblicitario Cupido all’indomani dell’ufficializzazione a Eurodisney. ”Non si lasceranno mai”. I cinici hanno pensato subito che fosse tutta una finzione riservata ai giornali di gossip, un megaspot pubblicitario per sollevare dall’onta di un abbandono un presidente in calo di consensi, ed per aiutare a rilanciare una cantante dalla vocina sfibrata, grazie alla promozione di uno sponsor d’eccezione. Quando però hanno visto il presidente comparire all’udienza in Vaticano dal papa accompagnato non solo da un attore comico, intimo amico, ma anche dall’anziana madre della sua ultima fiamma italiana, anche i più cinici si sono dovuti ricredere. E per leggere meglio questo incredibile romanzo contemporaneo hanno iniziato a decifrare anche i film della sorella di lei, Valeria Bruni Tedeschi, come l’ultimo, ”Actrices”, dove la madre pianista recita nella parte di se stessa, sognando per la figlia un bel marito e incoraggiandole a frequentarlo anzitempo sotto le lenzuola, ”perché è solo lì che si capisce se lo ami”. Di fatto, come ogni incontro, anche il loro tradisce un’attesa, una speranza, forse già una promessa. E per capirlo basta vedere come Carla Bruni rispondesse tempo fa sul suo uomo ideale. ”Mi piacciono gli uomini contrastati, forti e deboli, duri e sensibili. L’uomo mai risolto che resta bambino. Mi piacciono gli uomini infantili, anche anziani, quando si tagliano i capelli. Il mio ideale di uomo? Abbastanza potente, creativo, se possibile, e femminile”. Così, dietro l’immagine freme un cuore tenero, e la corazza della vanità cede al sentimento, se la modella più famosa del mondo firma, senza saperlo, il ritratto di Sarkozy.