ItaliaoOggi 24 gennaio 2008, Franco Bechis, 24 gennaio 2008
Rinuncia a 30 poltrone. ItaliaOggi24 gennaio 2008. L’offertissima è stata una delle ultime armi per scongiurare la crisi, ma è andata a vuoto
Rinuncia a 30 poltrone. ItaliaOggi24 gennaio 2008. L’offertissima è stata una delle ultime armi per scongiurare la crisi, ma è andata a vuoto. Romano Prodi ha cercato di tenersi stretto Clemente Mastella con una di quelle proposte che mai il leader dell’Udeur in passato avrebbe respinto: 30 poltrone di prima fila nella grande partita delle nomine pubbliche che si sarebbe aperta fra qualche settimana: dalla SuperInps ai consigli di amministrazione di Eni, Enel, Poste, Consip, Consap, Cinecittà, Coni servizi, Finmeccanica. Un’offerta arrivata tramite il sottosegretario Enrico Micheli, che il dossier stava esaminando da settimane. Ma andata a vuoto. E a poche ore dalla prova del fuoco in Senato il governo è ormai certo di non avere i numeri. La giornata di ieri si è aperta subito con la doccia fredda per Prodi e il suo staff, che fino all’ultimo hanno cercato di recuperare la fiducia di un pugno di senatori, non importa in quali fila. A sfilarsi prima è stato Domenico Fisichella, che è andato a palazzo Chigi per comunicare la sua intenzione di votare no alla fiducia. Poche ore dopo identico annuncio è arrivato da Lamberto Dini e dal suo senatore più fedele, Giuseppe Scalera. Confermato anche il no di Franco Turigliatto. Distanze quindi incolmabili anche schierando impropriamente a propria difesa l’intero partito dei senatori a vita. A quel punto è nato un vero e proprio impazzimento, che la dice lunga sulla qualità della nostra classe politica. Alle tre del pomeriggio ha inziato a diffondersi a Montecitorio l’indiscrezione secondo cui l’Udeur fosse pronta a fare retromarcia. Se non Mastella, certo gli altri due senatori. C’erano autorevoli esponenti del centrosinistra che giuravano di avere ricevuto da loro colleghi senatori sms di Tommaso Barbato con cui si diceva disponibile a non presentarsi in aula facendo scendere il quorum necesario alla fiducia. Altri giuravano di avere appreso adlla viva voce di Nuccio Cusumano la sua intenzione di staccarsi da Mastella e votare la fiducia a Prodi. Nessuno rifletteva sul fatto che se anche questo fosse avvenuto, il governo non avrebbe raggiunto la maggioranza a palazzo Madama. Ma la maionese era ormai impazzita. Tanto che poco dopo le 16 il presidente della Camera, Fausto Bertinotti, ha confidato al suo vicepresidente, Giulio Tremonti: ”l’Udeur è divisa, sta cambiando lo scenario politico. Prodi in ogni caso salirà al Quirinale, consegnerà nelle mani del Capo dello Stato il mandato di questo governo, riceverà un nuovo incarico e formerà il Prodi-bis con 12 ministri. Uno sarà dell’Udeur”. La certezza in realtà non poggiava su nessun elemento certo. Il vertice del Partito democratico cercava di fare pressione su Prodi per evitare lo show down in Senato e rendere possibile con le dimissioni anticipate la formazione di un governo di transizione o decantazione per fare almeno la nuova legge elettorale. Dietro le quinte c’era chi assicurava che il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, avesse già pronto il nome del nuovo premier: Mario Draghi, ora Governatore della Banca d’Italia. Un nome da spendere per i mercati in questi giorni di tourbillon, una persona che ha la competenza necessaria per affrontare anche la delicata partita del rinnovo delle grandi società pubbliche- magari senza offrire poltrone di qua e di là (che altrimenti si rischia di finire sotto inchietsa della procura di Santa Maria Capua a Vetere) e naturalmente varare la nuova legge elettorale. Possibile? Certo, il candidato è autorevole. Ma prima bisogna che sia archiviato il governo Prodi e la resistenza del premier in carica continuerà fino all’ultimo istante, fosse a costo di fare uscire con le ossa rotte tutta la coalizione che fin qui ha guidato e che domani non potrà più capitanare, e certo con l’obiettivo non secondario di azzoppare il più possibile Walter Veltroni, che viene ritenuto il principale responsabile di questo epilogo. Se il governo entro questa sera sarà archiviato, Farne uno nuovo non è cosa semplice. Vero che la legge elettorale esistente non offre grandi possibilità di tenuta. Vero anche che il referendum prima o poi sarà celebrato e quindi una nuova legislatura che nasca sulla basi del porcellum avrà per forza vita breve. Vero che la possibilità di formazione della cosa bianca e della cosa rossa staccate da Berlusconi e Veltroni è dietro l’angolo e un po’ di voti toglierà dal mercato ad entrambi. Ma per cambiare le regole del gioco elettorali bisognerebbe avere una maggioranza politica d’accordo su un modello. E non c’è. La crisi politica di questi giorni è stata aggravata dal caso Mastella, ma è stata causata soprattutto dalla nuova legge elettorale e dal dialogo Veltroni-Berlusconi. Per fare un governo istituzionale ci vogliono Pd e Forza Italia insieme. E non possono permetterselo ora. Tanto meno può prendere quella strada Berlusconi: non la capirebbero i suoi elettori e si troverebbe contro la Lega, che è suo alleato necessario. Allora le urne sono davvero vicine... Franco Bechis