La Stampa 19 gennaio 2008, Fulvia Caprara, 19 gennaio 2008
Jeanne Moreau. La Stampa 19 gennaio 2008. Nella storia di Jeanne Moreau, ottant’anni mercoledì, in un tripudio di omaggi, interviste, celebrazioni, il confine tra la vita e la recitazione è qualcosa di molto labile, una linea sottilissima di cui lei ha sempre, tenacemente, negato l’esistenza: "Non ho mai voluto avere un percorso professionale, una carriera, un lavoro
Jeanne Moreau. La Stampa 19 gennaio 2008. Nella storia di Jeanne Moreau, ottant’anni mercoledì, in un tripudio di omaggi, interviste, celebrazioni, il confine tra la vita e la recitazione è qualcosa di molto labile, una linea sottilissima di cui lei ha sempre, tenacemente, negato l’esistenza: "Non ho mai voluto avere un percorso professionale, una carriera, un lavoro. Sono semplicemente un’artista, una donna artista". Trucchi del mestiere, tecniche d’immedesimazione, scuole e insegnamenti teorici le sono estranei: "Trovo che la premeditazione sia una cosa terribile. Mi sorprendo sempre davanti ad attori che conoscono perfettamente tutte le loro battute. Quando recito leggo e rileggo la sceneggiatura, tutti i giorni, sia la parte da girare, sia quella già girata. E’ l’unico momento in cui penso. Dopo, sul set, è tutta un’altra cosa". Parigina, figlia di un ristoratore di Montmartre e di una ballerina inglese delle Folies-Bergère, studentessa del Conservatorio e debuttante nel ”47 al Festival teatrale di Avignone, Jeanne Moreau ha imposto fin dalle prime apparizioni, un modo nuovo e originale di essere attrice. Prima di tutto facendo a meno, un po’ come Bette Davis, cui è stata spesso paragonata, della bellezza in senso tradizionale. Eppure la sensualità dei suoi sguardi sfrontati, il broncio della bocca grande, il fascino di un corpo per nulla statuario, l’hanno fatta entrare subito nell’olimpo delle dive più desiderate. Non a caso gli autori che l’hanno diretta, nell’arco di una carriera scintillante, oltre cento film, decine di spettacoli teatrali, cinque dischi, due prove da regista (Lumière e L’adolescente), le hanno quasi sempre affidato caratteri femminili complessi, enigmatici, provocatori. Lei li ha indossati come abiti su misura. Al centro del triangolo amoroso di Jules e Jim, diretta da Truffaut, così come nell’universo lacerato dall’incomunicabilità della Notte di Michelangelo Antonioni. Esuberante soubrette al fianco di Brigitte Bardot in Viva Maria e torbida dark lady nell’Ascensore per il patibolo, opera prima di Louis Malle, regista cui è stata legata da un’intensa relazione sentimentale e professionale: "Il mio primo incontro con lui - racconta Moreau sull’ultimo numero dei Cahiers du cinéma - è stato magnifico. Era un giorno di primavera, alla ”Closerie del Lilas”, eravamo su una terrazza all’aperto quando si è scatenata una tempesta di una violenza straordinaria. Ripensandoci rifletteva esattamente l’atmosfera del film che avremmo fatto, L’ascensore per il patibolo, ma anche del nostro incontro, sia sul piano personale che su quello lavorativo". Indipendente, ribelle, insofferente alle regole, anche quelle che segnano il percorso d’onore delle dive, Moreau racconta di aver rifiutato ruoli simili a quelli già fatti, di non aver costruito la carriera in modo ragionato, a tavolino, ma di aver puntualmente preferito le esperienze più avventurose. Ha detto anche dei no, per esempio a Claude Lelouch che racconta: "Le avevo proposto Vivere per vivere, ma lei non voleva lavorare con Yves Montand, così la sua parte è andata a Annie Girardot. Ho cercato di averla molte altre volte, ma non ci sono riuscito, è un’immagine che ha accompagnato il cinema per sessant’anni, ha lavorato con tutti i registi tranne che con me". Del lungo elenco fanno parte Luis Buñuel e Orson Welles, Wim Wenders a Theo Anghelopoulos, Jean-Luc Godard e Luc Besson che nel ”90 le affidò, in Nikita, un cameo indimenticabile in cui impartiva una lezione di vita all’apprendista killer Anne Parillaud. Secondo François Ozon, autore di Swimming-pool e Otto donne e un mistero che ha diretto star come Catherine Deneuve, Fanny Ardant, Charlotte Rampling, Jeanne Moreau ha un merito speciale: "E’ una delle prime attrici al mondo ad aver capito che più dei film sono importanti gli autori. Il suo esempio è stato seguito da Isabelle Huppert e molte delle interprete di oggi lavorano in questo modo". Lei, Moreau, dice di aver avuto la fortuna di arrivare in un periodo in cui gli autori hanno iniziato "a interessarsi delle donne in un modo nuovo, rifiutando gli stereotipi con cui sono sempre state rappresentate e cercando di scoprirne l’interiorità". Non tutte le sue colleghe l’hanno amata. Maria Schneider, per esempio, risponde a bruciapelo a chi le chiede un commento sull’imminente compleanno: "E’ un’icona, certo, ma non possiamo preferirle Simone Signoret?". Accanto agli incontri con i registi, ci sono stati quelli, ugualmente importanti, con gli scrittori, Jean Cocteau, André Gide, Peter Handke, Henry Miller, Anais Nin, François Sagan e Marguerite Duras nei cui panni si è calata, guidata da Josée Dayan, per interpretare Cet amour-là. La sfida continua, in tv, al cinema, a teatro, è servita a cancellare il peso del tempo che passa. Con tutti quegli incubi, rughe, lifting, ruoli più rari, che popolano la vita delle attrici non più giovani: "Ottant’anni? - s’interroga stupito Claude Chabrol - Beh, non mi sembra affatto che Moreau li dimostri. La conosco bene, è una donna formidabile. Tempo fa avevamo coltivato insieme un progetto che non si è mai realizzato. La vita va così, ma c’è tempo...". Fulvia Caprara