Panorama 24 gennaio 2008, Lino Jannuzzi, 24 gennaio 2008
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Tutti i Contrada d’Italia. Panorama 24 gennaio 2008. Bruno Contrada non è il solo poliziotto che viene condannato per mafia sulla base delle accuse dei mafiosi che ha arrestato. La stessa sorte è toccata al questore Ignazio D’Antone, collega e amico di Contrada, che ora è chiuso in una cella dei carcere militare di Santa Maria Capua Vetere. Sorte peggiore è toccata al maresciallo dei carabinieri Antonino Lombardo: piuttosto che subire la vergogna di essere arrestato e processato, si è sparato con la pistola di ordinanza. Molti altri carabinieri, di carriera e di rango, sono stati inqusti e processati dalla procura di Palermo: il capitano Giuseppe De Donno, collaboratore di Giovanni Falcone, reo di aver denunciato la fuga di notizie dalla procura sull’inchiesta mafia-appalti; il maggiore Mario Obinu, reo di voler portare in Italia dagli Stati Uniti il boss Gaetano Badalamenti a testimoniare al processo per scagionare Giulio Andreotti dalle false accuse dei «pentiti»; il colonnello Carlo Giovanni Meli, reo di aver scoperto che il «pentito» Balduccio Di Maggio scorrazzava per la Sicilia ammazzando i suoi nemici; il capitano Giorgio Di Caprio, il celebre «Ultimo», reo di aver arrestato Totò Riina senza obbedire alle istruzioni della procura; e con Di Caprio il suo comandante, il generale Mario Mori, reo di non aver perquisito immediatamente il covo di Riina e di aver testimoniato a favore di Contrada, come hanno fatto tutti i capi della Polizia degli ultimi trent’anni. Di Caprio e Mori, dopo essere stati perseguitati e inquisiti per 15 anni, sono stati processati e assolti con formula piena. Ma non è bastato. La settimana scorsa la procura di Palermo ha chiesto di processare il generale Mori, che dopo il Ros dei carabinieri ha diretto il Sisde, il servizio segreto civile, combattendo il terrorismo dopo aver combattuto la mafia, per favoreggiamento alla mafia. Se la procura di Palermo continua a processare i poliziotti e i carabinieri sulla base delle accuse dei mafiosi che i poliziotti e i carabinieri combattono, forse è tempo che il Parlamento conduca quella inchiesta sulla gestione dei pentiti che è stata proposta fin dalla passata legislatura, Anche per verificare l’accusa che il presidente emerito della Repubblica Francesco Cossiga rivolge alla Dia, la direzione investigativa antimafia che gestisce i pentiti: quella di essere diventata una vera e propria «polizia politica». Lino Jannuzzi