Panorama 24 gennaio 2008, Marco Cobianchi, 24 gennaio 2008
Sicilia, l’ultima spina di Profumo. Panorama 24 gennaio 2008. A pagina 19 del documento informativo sulla fusione Unicredito-Capitalia, diffuso tra gli analisti il 21 maggio dell’anno scorso, c’è la spiegazione di una domanda che nella city milanese la fa da padrona: quale ruolo ha Cesare Geronzi, presidente della Mediobanca, nel caso della rivolta del Banco di Sicilia contro la sua controllante Unicredito? La risposta è, appunto, a pagina 19: «Il 40 per cento dei consiglieri d’amministrazione di Banca di Roma, Banco di Sicilia, Fineco Bank e Mcc vengono indicati dal vicepresidente» dell’Unicredito
Sicilia, l’ultima spina di Profumo. Panorama 24 gennaio 2008. A pagina 19 del documento informativo sulla fusione Unicredito-Capitalia, diffuso tra gli analisti il 21 maggio dell’anno scorso, c’è la spiegazione di una domanda che nella city milanese la fa da padrona: quale ruolo ha Cesare Geronzi, presidente della Mediobanca, nel caso della rivolta del Banco di Sicilia contro la sua controllante Unicredito? La risposta è, appunto, a pagina 19: «Il 40 per cento dei consiglieri d’amministrazione di Banca di Roma, Banco di Sicilia, Fineco Bank e Mcc vengono indicati dal vicepresidente» dell’Unicredito. A quell’epoca quella poltrona era destinata a essere occupata proprio da Geronzi, che però non vi si sedette mai, dato che in luglio divenne presidente Mediobanca. Ma prima di accomodarsi in piazzetta Cuccia riuscì a far nominare, probabilmente anche in virtù di quell’accordo, Salvatore Mancuso (consigliere Capitalia) alla presidenza del Banco di Sicilia. L’Unicredito considera del tutto decaduta quell’intesa che però autorizza Mancuso a sentirsi «autonomo» dal milanese Profumo, contro la cui opinione ha fatto nominare dal consiglio d’amministrazione un direttore generale, Giuseppe Lopes, alternativo a quello scelto da Milano, Giuseppe Bertola. Mancuso è un uomo molto vicino a Geronzi. Il legame venne cementato dalla comune battaglia per l’estromissione dalla Banca di Roma dell’allora amministratore delegato Matteo Arpe, reo agli occhi di uno di voler mettere ordine nella confusionaria gestione del Bds e, agli occhi dell’altro, di volere decidere il destino della banca. Oggi il legame c’è ancora. Tanto che quando Mancuso vide arrivare le contestazioni dell’Unicredito in merito a crediti dubbi (concessi a persone senza requisiti) e assunzioni (fatte a cavallo dell’anno di figli di e nipoti di), e soprattutto la disdetta del patto con il quale si dava alla Regione Siciliana il diritto di nominare una parte del consiglio d’amministrazione della banca, Mancuso si lamentò anzitutto con Geronzi. Da qui a dire che a fomentare la rivolta del Banco di Sicilia contro Profumo sia stato il presidente Mediobanca ce ne passa. Anche perché la decisione di mettere i bastoni tra le ruote all’amministratore delegato dell’Unicredito sarebbe, in realtà, da ricollegare a un progetto più politico che economico. Ovvero all’intenzione, della quale in Sicilia si parla molto, di creare un partito del centrodestra isolano. Al quale starebbero lavorando sia Gianfranco Micciché, presidente dell’assemblea regionale e capofila locale di Forza Italia (nonché fratello del numero tre dell’Intesa Sanpaolo, Gaetano), sia Salvatore Cuffaro, presidente della Regione che ha trattato con Profumo la resa dei siciliani di fronte ai diritti dell’azionista. Uno dei testimonial del progetto politico sarebbe proprio Mancuso, che con la sua battaglia (anche lui sapeva di perderla) contro i «conquistatori» milanesi ha trovato il modo migliore per sottolineare la sua profonda sicilianità, ma aggiungendo una spina in più nel fianco di Profumo. Il quale deve fare i conti con diversi nodi che gli stanno dando grattacapi. Il primo è l’andamento del titolo, che in un anno è passato da 7 a 5,6 euro. In secondo luogo la Germania, che continua a dare qualche preoccupazione anche per il processo di integrazione delle banche controllate nell’Est Europa. E, per finire, un’immagine da banchiere europeo che la ribellione siciliana ha appannato. MARCO COBIANCHI