Questo sito utilizza cookies tecnici (propri e di terze parti) come anche cookie di profilazione (di terze parti) sia per proprie necessità funzionali, sia per inviarti messaggi pubblicitari in linea con tue preferenze. Per saperne di più o per negare il consenso all'uso dei cookie di profilazione clicca qui. Scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie Ok, accetto

 2008  gennaio 21 Lunedì calendario

Il mistero degli 8 scheletri nel bosco. Corriere della Sera 21 gennaio 2008. ST. PETERSBURG (Florida) – Arcadia Street porta fino ad un boschetto fitto, chiuso tra la zona industriale di Fort Myers e l’autostrada

Il mistero degli 8 scheletri nel bosco. Corriere della Sera 21 gennaio 2008. ST. PETERSBURG (Florida) – Arcadia Street porta fino ad un boschetto fitto, chiuso tra la zona industriale di Fort Myers e l’autostrada. Una zona poco frequentata, terreno di scambio tra malavitosi e deposito di resti di animali. Alle 10.30 del 23 marzo di un anno fa, un funzionario incaricato di eseguire un sopralluogo si inoltra fra gli alberi. Fa due passi e scorge «qualcosa» che spunta tra le foglie. Un altro passo. Il «qualcosa » gli buca lo stomaco: è un teschio. E non sarà l’unico. Prima del tramonto la polizia scopre i resti scheletriti di almeno otto individui. La Omicidi chiede aiuto alla Scientifica, convoca specialisti, ingaggia periti che hanno lavorato sulle vittime dell’11 settembre. Ad un antropologo forense è affidato il compito di «leggere le ossa», ad un botanico l’analisi del terreno, all’unità «scomparsi » l’esame delle denunce. Passano i mesi prima che la polizia arrivi alle prime conclusioni. Le persone sono state assassinate tra la fine del 1980 e il 2000. Sono di razza bianca o ispanica; tutti, con l’eccezione di uno, hanno una buona dentatura; la loro età è compresa tra i 20 e i 40 anni. Non c’è traccia di vestiti né di un anello o di una collanina. Nulla che possa fare da gancio per l’inchiesta, affidata ai sergenti Jennifer De Soto e Barry Lewis. La polizia, come spesso accade nei casi freddi, si affida ai miracoli del laboratorio e all’aiuto dei cittadini. Vengono lanciati appelli in tv, si spera che qualche parente di scomparso si faccia vivo. Sarà il test del Dna a confermare l’esistenza di un legame. così che il sergente De Soto arriva al primo break nell’indagine. A novembre la Scientifica conferma che due degli scheletri appartengono a Erik Kohler e John Bevlins, due ventenni scomparsi nel 1995. Non si conoscevano tra loro, l’unico punto in comune una vita da vagabondi, tra denunce e piccoli crimini. Avevano rotto i ponti con la famiglia, nessuno li cercava. Li ha invece trovati l’assassino. Il profilo delle prime due vittime e la cattiva dentatura di uno degli scheletri spinge i poliziotti a pensare che il killer abbia scelto i suoi obiettivi tra quanti vivono al margine della società. Prede facili. Ma è solo un’ipotesi, lontana comunque dalle voci in città che parlava di Arcadia Street come del «cimitero della mafia». In passato, una famiglia di Cosa Nostra aveva scaricato i corpi dei nemici eliminati in un boschetto. Una teoria che affascina ancora l’addetto alla stazione di servizio. Per lui gli otto «sono tizi che hanno combinato qualche guaio con le persone sbagliate». I sospetti che salgono dalla strada non distraggono il sergente De Soto da altre piste. Una è quella che porta al «sentiero del maiale selvatico». Sembra il titolo di una favola è invece la storia truce di un serial killer, Daniel Conahan, in prigione per l’uccisione di un giovane. Gli inquirenti non escludono che sia coinvolto in almeno altri cinque omicidi che presentano analogie con la vicenda degli scheletri. E una mancata vittima è stata trascinata da Conahan in una zona boscosa vicina ad Arcadia Street. Il presunto killer ha sempre respinto ogni accusa denunciando di essere perseguitato perché gay. Inoltre alcune delle vittime sarebbero state assassinate dopo la sua cattura. Senza un vero sospetto la polizia si è rivolta, per la seconda volta, all’opinione pubblica. Venerdì sono stati mostrati i volti, ricostruiti da una scultrice forense del Wyoming, dei sei scheletri ancora da identificare. Sei teste senza corpo che colpiscono per la loro eccessiva somiglianza. L’angosciante passerella è finita, sabato sera, nella popolare trasmissione dedicata ai super ricercati d’America. La ballata degli scheletri continua. Guido Olimpio