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 2008  gennaio 21 Lunedì calendario

Tettamanzi, scuse ai divorziati. Corriere della sera 21 gennaio 2008. MILANO – «Se avete trovato uomini o donne della comunità cristiana che vi hanno in qualche modo ferito», se da loro avete sentito «giudizi senza misericordia», o «condanne senza appello», ebbene «desidero dirvi il mio dispiacere»

Tettamanzi, scuse ai divorziati. Corriere della sera 21 gennaio 2008. MILANO – «Se avete trovato uomini o donne della comunità cristiana che vi hanno in qualche modo ferito», se da loro avete sentito «giudizi senza misericordia», o «condanne senza appello», ebbene «desidero dirvi il mio dispiacere». Comincia così, con una richiesta di perdono, la lettera che il cardinale Dionigi Tettamanzi ha deciso di scrivere agli sposi separati, divorziati, risposati. Sotto forma di piccolo libro, Il signore è vicino a chi ha il cuore ferito (Centro Ambrosiano, pp.24, 3 euro), da oggi in distribuzione. Una lettera che non sposta la dottrina di una virgola, intendiamoci. Ma che proprio per questo è ancora più importante nei toni: «Sappiate che la Chiesa non vi abbandona né rifiuta». E in realtà basta leggerlo da capo a fondo, questo libretto, per rendersi conto che forse il monito è rivolto soprattutto a lei, alla stessa Chiesa di cui l’arcivescovo di Milano è pastore: richiamata ad «accogliere», una volta di più. Non a giudicare. Ma nella forma è a loro, ai protagonisti di un matrimonio in crisi, che Tettamanzi si rivolge direttamente. Alla ricerca di un «dialogo». Così di fronte a quel «passo sofferto» che è stato il «fallimento di un progetto» tra due persone, la prima domanda che il cardinale pone a se stesso e alla propria comunità di credenti è in realtà un esame di coscienza: «Avremmo potuto fare qualcosa per aiutarvi?». Glielo dice: la Chiesa non voleva trattarvi «come estranei che hanno mancato a un patto», anzi tiene a dirvi che sa bene «il travaglio » che avete vissuto, e «posso solo immaginare i nervosismi, la sfiducia reciproca, il senso di tradimento e delusione per una persona che si è rivelata diversa da come la si era conosciuta». Lo chiarisce, per chi non lo ricordasse: «Anche la Chiesa sa che in certi casi separarsi non solo è lecito ma può essere addirittura inevitabile », se non altro perché «il matrimonio non può trasformarsi in una insostenibile trafila di reciproche asprezze». Occhio, è evidente che questo non significa l’invito a dirsi addio al primo screzio. E c’è il pensiero per i figli, «protagonisti innocenti». E per quei genitori «eroici» che, «rimasti soli, riescono comunque a trasmetter loro amore, saggezza, dedizione: un esempio per tutti noi». E c’è la raccomandazione a ogni singolo separato a non privare i figli della presenza dell’altro, senza «ripicche, gelosie, durezze». E tutto questo «a maggior ragione per chi dopo la separazione ha fatto la scelta del divorzio. E, dopo il divorzio, di una nuova unione ». E qui arriva la domanda chiave: « vero che la Chiesa li esclude per sempre dalla sua vita?». La risposta si commenta da sola: «Anche se l’insegnamento del Papa e dei Vescovi è chiaro ed è stato riproposto molte volte – dice Tettamanzi – capita ancora di sentir dire che "la Chiesa scomunica i divorziati!" o che "mette alla porta gli sposi separati!", giudizi tanto radicati che spesso portano gli stessi sposi in crisi ad allontanarsi dalla comunità cristiana». Non è questo ciò che dovrebbe accadere, dice l’arcivescovo di Milano. E prosegue. Nel senso che in ballo non ci sono ripensamenti dottrinali né altro del genere, la dottrina quella è, e le sue ragioni teologiche – a volerne dar conto – sarebbero ardue da riassumere in un articolo senza svilirle: essendo il matrimonio un sacramento indissolubile, è per la Chiesa «impossibile celebrarne un secondo». Ma «questa norma – scrive Tettamanzi – non esprime affatto un giudizio sul valore affettivo e sulla qualità della relazione che unisce i divorziati risposati ». E anzi «non sfugge alla Chiesa che spesso queste relazioni siano vissute con senso di responsabilità e amore nella coppia e verso i figli». Allo stesso modo, ricorda il cardinale anche a chi dentro la Chiesa non lo ricordasse, è chiaro che «i coniugi in crisi o semplicemente separati» possono «regolarmente accostarsi ai sacramenti»: compresa la comunione, che resta invece preclusa unicamente ai risposati. Ma, questo è il punto cui Tettamanzi tiene di più, la Chiesa non è fatta solo di partecipazione all’Eucarestia. E per riaffermarlo cita esplicitamente Benedetto XVI, laddove il Papa stesso afferma che per quanto esclusi dalla comunione «anche i divorziati risposati continuano ad appartenere alla Chiesa»: attraverso la Messa, la preghiera, la vita in parrocchia. E comunque nel frattempo «grazie a tutti voi – conclude l’arcivescovo – per avermi accolto nella vostra casa: spero che questo sia solo l’inizio del nostro dialogo». Paolo Foschini