Il Sole 24 ore 12 gennaio 2008, S. Bel, 12 gennaio 2008
Europa più ricca di Fort Knox. Il Sole 24 ore 12 gennaio 2008. Nei forzieri delle Banche centrali è racchiuso un tesoro sempre più ricco: con l’oro a 900 dollari l’oncia, il valore complessivo delle riserve auree si avvia verso i mille miliardi di dollari
Europa più ricca di Fort Knox. Il Sole 24 ore 12 gennaio 2008. Nei forzieri delle Banche centrali è racchiuso un tesoro sempre più ricco: con l’oro a 900 dollari l’oncia, il valore complessivo delle riserve auree si avvia verso i mille miliardi di dollari. Secondo i calcoli del Sole 24 Ore, basati sulle riserve note al 14 dicembre 2007, la cifra è precisamente di 866.774.884.500 dollari. La maggior parte di queste ricchezze si trova in territorio europeo: le istituzioni monetarie della zona euro (compresa la Banca centrale europea) custodiscono circa il 40% delle riserve mondiali – contro il 26% in mano agli Usa – per un totale di poco superiore alle 11mila tonnellate. La tentazione di vendere una parte dei lingotti, per incassare le ricche plusvalenze garantite dal recente rally dell’oro, potrebbe sembrare una tentazione irresistibile.Ma le banche centrali europee hanno le mani legate. O quasi. Dal settembre 1999 è infatti in vigore il Central Banks Gold Agreement (Cbga): una sorta di patto con cui la Bce e 14 Paesi europei, Italia compresa, si sono autoimposte di limitare ad una quantità predefinita le vendite di oro dalle proprie riserve ufficiali. L’accordo, di durata quinquennale, è già stato rinnovato una volta, nel 2004. Attualmente, oltre all’Istituto di Francoforte e a Bankitalia, vi aderiscono le banche centrali di Austria, Belgio, Finlandia, Francia, Germania, Irlanda, Lussemburgo, Olanda, Portogallo, Spagna, Svezia, Svizzera e Grecia (che ha preso il posto della Gran Bretagna). Tra il 27 settembre 2004 e il 26 settembre 2009 i firmatari possono vendere tutti insieme non più di 500 tonnellate di oro l’anno (equivalenti a circa 16 milioni di once). L’anno scorso, grazie soprattutto al contributo di Spagna, Francia e Svizzera, il tetto è stato quasi raggiunto: in totale sono state vendute 475,8 tonnellate di riserve auree. Le cessioni sono poi proseguite: dalla fine di settembre 2007 sono state segnalate vendite di rireve auree per altre 117 tonnellate. Un buon ritmo, legato sicuramente ai recenti rialzi di prezzo dell’oro, che fanno aumentare il valore delle riserve auree, sbilanciando il "portafoglio" complessivo delle riserve delle banche centrali. Anche l’Italia avrebbe potuto – e potrebbe ancora oggi – partecipare alle vendite. Ma il nostro Paese da sempre è uno dei più restii a farlo: le nostre riserve auree – pari a 2.451,8 tonn., circa il 70% del totale delle riserve di Bankitalia – sono le quinte al mondo, superate nell’ordine soltanto da quelle di Stati Uniti, Germania, Fondo Monetario Internazionale e Francia. I lingotti della Banca d’Italia sono obiettivamente moltissimi: in media nel mondo l’oro costituisce circa il 10% delle riserve delle Banche centrali, nell’Eurozona il 56 per cento. Tuttavia, il nostro Paese (e molti altri) continua a resistere alla tentazione di vendere. Il fascino dell’oro è forte. E poi la Bce e la Commissione europea non ci permetterebbero di utilizzare questo espediente per ridurre il fardello del debito pubblico, come più volte è stato suggerito. Le due istituzioni l’hanno detto a chiare lettere lo scorso agosto: con l’entrata nell’euro, le nostre riserve in valuta estera sono confluite nel sistema europeo delle banche centrali (Sebc), governato dalla Bce. Via Nazionale, se vuole, può vendere fino a 150 tonnellate l’anno, nell’ambito del Central Banks Gold Agreement. Ma nelle mani del Tesoro finirebbe soltanto una piccola parte della plusvalenza, ossia gli interessi maturati dall’investimento di questi proventi in titoli di Stato. S. Bel.