Il Sole 24 ore 12 gennaio 2008, Sissi Bellomo, Mara Monti, 12 gennaio 2008
La corsa all’oro supera la barriera dei 900 dollari. Il Sole 24 ore 12 gennaio 2008. Dai possibili tagli dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve, al peggioramento del deficit commerciale americano, insieme ai timori inflazionistici e all’indebolimento del dollaro, tutti fattori che hanno contribuito ad accelerare la corsa dell’oro, bene rifugio per eccellenza
La corsa all’oro supera la barriera dei 900 dollari. Il Sole 24 ore 12 gennaio 2008. Dai possibili tagli dei tassi d’interesse da parte della Federal Reserve, al peggioramento del deficit commerciale americano, insieme ai timori inflazionistici e all’indebolimento del dollaro, tutti fattori che hanno contribuito ad accelerare la corsa dell’oro, bene rifugio per eccellenza. Un clima di incertezza che ha sostenuto anche i corsi dei titoli obbligazionari destinatari, insieme alle materie prime, di gran parte della liquidità in uscita dai mercati azionari. La performance più vistosa è stata comunque quella dell’oro che sul mercato statunitense ha sfondato per la prima volta la soglia psicologica dei 900 dollari all’oncia: al Comex il future più scambiato, quello per scadenza febbraio, si è spinto fino a quota 900,10 dollari. Il forte rialzo del metallo giallo ha trascinato al record storico anche il platino mentre l’argento ha aggiornato il massimo da 27 anni: sul mercato spot londinese hanno raggiunto rispettivamente 1.564 e 16,29 $/oz. La velocità della recente ascesa del metallo giallo è stata sorprendente per gli stessi operatori del mercato, che ora si aspettano la possibilità di una correzione dei prezzi nel breve periodo. Le prospettive rialziste, tuttavia, sono da tempo più che mai solide. «In questo momento i fattori che stimolano l’acquisto di beni rifugio e che accrescono la domanda degli investitori sono numerosi – osserva Suki Coopers, analista di Barclays Capital ”. Si va dalle tensioni geopolitiche all’attesa di un rialzo dell’inflazione, a più ampie preoccupazioni di ordine macroeconomico». I forti rialzi del greggio, che nel giro di un anno è quasi raddoppiato di prezzo, costituiscono una minaccia aggiuntiva per la crescita mondiale, già messa a rischio dall’impatto della crisi dei mutui subprime. L’ampliarsi del passivo della bilancia commerciale Usa di novembre, legato in gran parte proprio ai rincari dei combustibili, è stato ieri un ennesimo campanello di allarme. Inoltre il caro-petrolio, unito ai prezzi record di molti prodotti agricoli, ha già fatto rialzare la testa all’inflazione in quasi tutti i Paesi del mondo, compresi naturalmente gli Stati Uniti. Previsioni molto pessimiste diffuse dal dipartimento Usa per l’Agricoltura (Usda) hanno scatenato ieri una nuova fiammata dei prezzi dei cereali e dei semi di soia al Chicago Board of Trade (si veda il servizio a pagina 42). Un fenomeno che può aver contribuito ad accelerare i rialzi dell’oro, da sempre considerato un’ottima protezione contro i rischi inflazionistici. Di fronte agli scenari sempre più incerti dell’economia mondiale, il petrolio sta invece concentrandosi più sul rischio recessione – che potrebbe frenare la domanda di combustibili – piuttosto che sulla discesa del dollaro. Ieri le quotazioni del greggio hanno perso terreno per la terza seduta consecutiva: il Wti ha concluso la seduta a 92,69 dollari al barile, ai minimi da circa tre settimane, nonostante un nuovo attacco in Nigeria, dove i guerriglieri del Mend (Movement for the Emancipation of the Niger Delta) hanno fatto esplodere una petroliera. La prospettiva di una fase recessiva dell’economia americana si riversa inevitabilmente sui rapporti tra le valute, nonostante il biglietto verde ieri sia rimasto stabile contro l’euro a 1,4788 rispetto all’1,4800 di giovedì. Per i trader, il picco dell’oro di ieri è legato proprio alle vendite di dollari avvenute subito dopo le parole del presidente della Fed Ben Bernanke di giovedì che non ha escluso nuovi tagli dei tassi. Per gli analisti di Commerzbank ora il prossimo traget è 1,54 euro. La valuta unica europea al contrario continua a beneficiare dell’atteggiamento di politica monetaria della Bce che si è limitata, almeno per ora, a tenere il costo del denaro invariato al 4,0 per cento. Nessuno scommette su quanto durerà questa turbolenza. Nel frattempo si parcheggiano i capitali in "paradisi" tranquilli e un’altra valvola di sfogo per i flussi in uscita dai listini è rappresentata dal mercato obbligazionario: il rendimento dei Treasurys a due anni ha toccato 2,58% il livello più basso dal novembre 2004. In calo anche lo yield dei bond a 10 anni a 3,97% e del T-bill a tre mesi a 3,08%. Sissi Bellomo Mara Monti