La Repubblica 19 gennaio 2008, Hugo Dixon, 19 gennaio 2008
Il capitalismo è distorto, i banchieri guadagnano sempre. La Repubblica 19 gennaio 2008. HUGO DIXON ------------------------------------------------------------------------ Si può capire che i dirigenti bancari si attribuiscano laute gratifiche quando riescono a far guadagnare pingui utili agli azionisti, ma che abbiano questa impudenza quando il sistema bancario si è appena ripreso da un infarto e la Federal Reserve ha dovuto salvare Wall Street con una serie di allentamenti monetari, è al limite dell´osceno
Il capitalismo è distorto, i banchieri guadagnano sempre. La Repubblica 19 gennaio 2008. HUGO DIXON ------------------------------------------------------------------------ Si può capire che i dirigenti bancari si attribuiscano laute gratifiche quando riescono a far guadagnare pingui utili agli azionisti, ma che abbiano questa impudenza quando il sistema bancario si è appena ripreso da un infarto e la Federal Reserve ha dovuto salvare Wall Street con una serie di allentamenti monetari, è al limite dell´osceno. Eppure nel 2007 le cinque maggiori banche quotate a Wall Street hanno pagato ai loro dipendenti 66 miliardi di dollari, una cifra che fa girare la testa. Il capitalismo si basa sul principio che chi si impegna nel lavoro e sa valutare i rischi può legittimamente arricchirsi, mentre i fannulloni e gli sciocchi rimangono indietro; in altre parole, un´economia efficiente si basa sul sistema del bastone e della carota. Invece a Wall Street e nella City di Londra si è affermato lo strano principio della carota e della carota, ossia i banchieri guadagnano una barca di quattrini sia quando lavorano bene che quando lavorano male, con tutte le conseguenze drammatiche che questa distorsione comporta. La prima è che tutte le persone di valore sono naturalmente attratte dalla finanza, che così le ruba ad altre attività necessarie come l´insegnamento o la medicina o semplicemente l´imprenditoria, dove ancora funzionano il bastone e la carota, ma così chi ci rimette è l´intera società. La seconda è che gli speculatori di Wall Street si sentono liberi di correre rischi sempre maggiori, tanto se le cose andranno bene la carota da mangiare sarà enorme, mentre se andranno male le banche centrali saranno praticamente costrette ad accollarsi il salvataggio. Il marxismo è storicamente fallito, ma in una critica che muoveva al capitalismo, ossia che i profitti sono privati mentre i rischi sono pubblici, c´è sempre stata una parte di verità, come dimostra l´ultima orgia delle gratifiche pagate da Wall Street. Se le altre parti sociali reagiranno indignate, i banchieri potranno biasimare solo se stessi. [Panfili e gommoni] Tempo fa a Wall Street circolava una battuta: come si distingue un banchiere da un cliente? Risposta: se ha un panfilo è un banchiere, se ha un gommone è un cliente. Più di recente la barzelletta è diventata che i banchieri si comprano i panfili con i soldi dei clienti, costretti a vendere i loro gommoni. Sta di fatto che nel 2007 le remunerazioni complessivamente pagate ai propri collaboratori da Goldman Sachs, Morgan Stanley, Merrill Lynch, Lehman e Bear Stearns sono aumentate del 9%, raggiungendo la bella cifra di 66 miliardi di dollari, sebbene nello stesso anno la capitalizzazione di mercato totale delle cinque banche sia diminuita di 50 miliardi di dollari. Gira la testa a pensare che nel 2007 i loro dipendenti siano stati pagati in media 350.000 dollari a testa… per bruciare ciascuno 274.000 dollari di valore dell´azienda. Morgan Stanley si giustifica dicendo di non voler penalizzare tutte le divisioni per gli errori (ossia il tracollo delle obbligazioni ipotecarie) di una sola, e si può anche capire che una banca già in difficoltà non voglia veder passare alla concorrenza i propri collaboratori più validi; ma se questa è la ragione, bisognerebbe concedere le gratifiche a chi se le è guadagnate e non a pioggia. Inoltre ci sono alcune operazioni particolarmente delicate, il cui esito fa guadagnare o perdere cifre comunque molto consistenti; ne consegue che se i dipendenti di altre divisioni partecipano ai guadagni, dovrebbero partecipare anche alle perdite. HUGO DIXON