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 2008  gennaio 11 Venerdì calendario

Per grazia ricevuta. Il Venerdì 11 gennaio 2008. LOURDES. quasi mezzanotte e piove a dirotto. Eppure la fila per entrare nella grotta della Madonna di Lourdes è ancora lunga, sotto gli ombrelli: persone giovani e anziane, sane e malate - molto malate - che prima di andare a dormire sono venute a recitare un’ultima preghiera alla Vergine

Per grazia ricevuta. Il Venerdì 11 gennaio 2008. LOURDES. quasi mezzanotte e piove a dirotto. Eppure la fila per entrare nella grotta della Madonna di Lourdes è ancora lunga, sotto gli ombrelli: persone giovani e anziane, sane e malate - molto malate - che prima di andare a dormire sono venute a recitare un’ultima preghiera alla Vergine. Anche se, a sentirle parlare tra loro, sembra che facciano visita a una vecchia amica: «Passo un attimo a salutarla e torno», «Le do la buonanotte e vi raggiungo»... La grotta è suggestiva a quest’ora: l’unica luce è quella delle candele, il solo rumore quello della pioggia. Qui le preghiere si sussurrano - suppliche private, come privato è il dolore - mentre si - scorre in fila indiana accarezzando la roccia, che negli anni è diventata liscia a forza di mani. E gli sguardi sono rivolti verso l’unica figura illuminata: la statua della «bella Signora con la veste bianca e la fascia azzurra», come disse di averla vista Bernadette, la pastorella indigente e asmatica che poi è diventata santa. Era l’11 febbraio 1858 quando, ritornando dai boschi, la ragazzina raccontò di quello straordinario incontro. isteria di un’adolescente affamata e malaticcia o apparizione divina? Tutt’oggi il mondo si divide tra chi crede e chi non crede nel miracolo. Certo, la notizia creò scompiglio tra gli abitanti di Lourdes e Bernadette tornò più volte alla grotta, seguita da un numero sempre crescente di sostenitori, ma anche di scettici, in cerca di conferme: tra febbraio e luglio la giovane riferì di 18 apparizioni.Sono passati 150 anni da allora. Lourdes ha appena inaugurato il suo anno giubilare: questo 2008 dell’anniversario. E, con più di sei milioni di fedeli l’anno, è diventato il luogo di pellegrinaggio più visitato della Cristianità. Nonché, con 230 hotel, la seconda località alberghiera della Francia dopo Parigi (prima di Nizza e Cannes). Che in un secolo e mezzo ha accolto, in base a un calcolo approssimativo, oltre 700 milioni di visitatori: un flusso crescente, che all’inizio proveniva soprattutto dalla Francia, poi da tutta Europa, ora dal mondo intero: basta vedere quanti volti africani e asiatici girano per il santuario. Ormai a Lourdes si arriva anche In aereo (qui c’è Il quinto aeroporto francese, servito da una cinquantina di compagnie di tutto il mondo), ma il viaggio tradizionale è In treno: già ai tempi di Bernadette la neonata ferrovia, che conduceva alle stazioni termali di gran moda lungo i Pirenei, favorì il successo del santuario. E i «treni bianchi», attrezzati per i malati, partono da più di un secolo, varie volte l’anno. Perché già nell’Ottocento la Chiesa riconobbe le prime guarigioni miracolose (o meglio, «inspiegabili per la scienza sanitaria») e la devozione popolare si è sempre affidata con fiducia alla Madonna. Anche se poi, nel corso degli anni, le autorità ecclesiastiche si so- no rivelate assai prudenti nel gridare al miracolo: l’Ufficio Medico che dal 1882 vaglia l’attendibilità delle guarigioni prodigiose (e ha sede proprio sopra al Museo dei miracoli) fino a oggi ne ha riconosciute solo 67 su più di 7 mila casi vagliati. Ma la fede di chi va in treno a Lourdes (40 ore da Siracusa, 27 da Roma, 23 da Firenze ... con mille soste per far salire nuovi pellegrini) è una fede che non si arrende. E già in stazione, alla partenza, si coglie un’atmosfera eccitata e allegra, come di chi va in vacanza. In attesa, sul binario, c’è il «treno bianco» dell’Unitalsi, che con oltre centomila aderenti è la più grande associazione non profit che in Italia accompagna gli ammalati al santuario: le «sorelle» - volontarie in velo bianco e mantella blu, tipo crocerossine - aiutano anziani e bambini; mentre gli uomini, i cosiddetti «barellieri», sollevano in carrozza i disabili e i loro bagagli. Su 14 vagoni, uno è attrezzato per chi è in sedia a rotelle o in barella; uno è carico di medicinali e altri articoli sanitari; uno adibito a cucina, con forni per riscaldare monoporzioni di lasagne e hamburger... C’è perfino un bagagliaio trasformato in cappella, presidiato notte e giorno «per non lasciare solo il Santissimo»: di qui preti e ragazzi con chitarra fanno partire canti e preghiere che poi gli altoparlanti diffondono gracidando negli scompartimenti. Perché durante il viaggio si celebra la Messa (con i sacerdoti che portano la Comunione di carrozza in carrozza), si intonano inni, ci si confessa, si recita il rosario. Ma nelle lunghe ore passate insieme si creano anche tensioni, rivalità, battibecchi. Cosi come amicizie e a volte amori, che poi diventano matrimoni e nuovi pellegrinaggi con bimbi al seguito. Il treno che va a Lourdes in fondo è il treno della speranza: c’è chi spera di guarire, chi chiede una qualche grazia, chi desidera fare un voto, chi scioglierlo... Chi, sopraffatto da sofferenze insopportabili, ci va per affidarsi al cielo. E chi per trovare la forza di convivere con il proprio destino tremendo. Nel 1903 Giovanni Battista Tomassi, in carrozzella per un’artrite deformante, vi andò per suicidarsi platealmente, ma qui imparò ad accettare la vita e, al ritorno, fondò l’Unitalsi. E c’è anche chi va a Lourdes per curiosità o per conoscer gente o per svagarsi un po’, lontano dalla routine. Oppure, come volontario, per aiutare gli altri: «Anche se si finisce per aiutare soprattutto se stessi» ride Antonia, 54 anni, che parte con l’Unitalsi da molto tempo. «Quando scopri malati che soffrono le pene dell’inferno ma hanno più voglia di vivere dì un giovane ricco e sano, rivedi tutta la vita in una prospettiva diversa. Non siamo noi volontarí a dare le nostre braccia ai malati, sono loro a darci le ali». E così, sempre sperando di sperare, si ritorna più volte negli anni. Come Lisa, che da quando è in pensione viene sempre più spesso ed è addirittura al suo trentottesimo viaggio. All’arrivo in Francia, poi, si scoprono tre Lourdes, una accanto all’altra. Una cittadina come tante, con i negozi e le attività di qualsiasi centro di 16 mila abitanti. Un borgo che è uno dei più densi concentrati di consumismo religioso al mondo, un affastellarsi di alberghi e botteghe stipate di tutto ciò che la fantasia umana può concepire a forma di Madonna e in suo onore (dagli orologi a cucù alle pastiglie fatte con l’acqua della sorgente miracolosa). E infine la Lourdes «santa», quella della devozione di massa. Con enormi chiese una sopra l’altra, basiliche sotto terra, cappelle in superficie, cattedrali sopra altre cattedrali; con una sfilza di rubinetti d’acqua taumaturgica dove i fedeli bevono e riempiono bottiglie e taniche; con 16 piscine in cui si immergono quasi 400 mila persone l’anno, nell’acqua fredda (c’è chi dice che il vero miracolo è non ammalarsi); con una sequela di porte dietro cui ci si confessa in tutte le lingue, segnalate da appositi cartelli; con un susseguirsi di piccoli chioschi a proteggere migliaia di ceri accesi, di ogni dimensione e prezzo. Perché tutto qui a Lourdes è stato pensato per le grandi folle: imponente e spettacolare. Come la Basilica San Pio X, dove due volte a settimana si tiene la Messa internazionale: un’immensa chiesa sotterranea che contiene 25 mila persone (chi è lontano dall’altare segue le funzioni su schermi giganti) e sembra uno stadio, con piloni e arcate dì cemento. Qui, a officiare il culto in sei lingue, entrano in fila più di duecento sacerdoti di tutte le nazionalità; e a cantare l’AveMaria sono decine di migliaia di persone: coro stonato quanto entusiasta. E tutto qui a Lourdes è orchestrato con una regia da kolossal. Come la fiumana di fedeli che ogni pomeriggio alle 17, otto mesi l’anno, sfilano in processione, e alle 21 in fiaccolata. Neanche la pioggia a dirotto, che spegne le torce, scoraggia il corteo che si snoda sull’enorme spianata davanti al santuario. Né interrompe la Via Crucis - quindici stazioni arrampicate in alto nel bosco - con i volontari che si spezzano la schiena per spingere su una strada sterrata, in salita, i malati in sedia a rotelle, tutti infagottati sotto le tele cerate, tutti a ripercorrere le pene del Calvario. «si viene a Lourdes in cerca dì un’esperienza religiosa intensa, in un clima d’amicizia. E gli aspetti coreografici del culto collaborano a renderla più forte» commenta don Luciano Ruga del Centro Volontari della Sofferenza, che organizza due pellegrinaggi l’anno. Certo Lourdes non risente del calo della religiosità nel mondo occidentale, ormai così povero di fedi e vocazioni: come tutti i santuari nati intorno a fenomeni miracolistici, è sempre più frequentato. Straordinaria miscela di sani e malati, teenager e anziani, benestanti e diseredati, innocenti e peccatori, diffidenti e fiduciosi ... Un mix di gente cosi eterogenea che è, questo si, un miracolo. ANTONELLA BARINA