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 2008  gennaio 16 Mercoledì calendario

I farmaci che non vedremo mai. Tuttoscienze 16 gennaio 2008. ISTITUTO MARIO NEGRI - MILANO Quando si pensa al futuro della medicina ci si riferisce sempre alle grandi scoperte e alle possibilità terapeutiche

I farmaci che non vedremo mai. Tuttoscienze 16 gennaio 2008. ISTITUTO MARIO NEGRI - MILANO Quando si pensa al futuro della medicina ci si riferisce sempre alle grandi scoperte e alle possibilità terapeutiche. Si parla molto di ingegneria genetica, di cellule staminali, di farmaci intelligenti che avranno un impatto, se lo avranno, solo fra parecchi anni, e non si parla di ciò che si potrebbe fare per migliorare l’attuale situazione, dato che le terapie - rappresentate in gran parte dai farmaci - sono spesso effettuate in modo inappropriato e consumistico. In altre parole è importante discutere quali siano gli indirizzi, gli atti concreti e le richieste che la comunità scientifica può «sponsorizzare» per migliorare le aspettative degli ammalati. Occorre anzitutto dire che l’industria farmaceutica condiziona pesantemente il mondo medico a livello della ricerca, dell’informazione e della legislazione. I condizionamenti Per quanto riguarda la ricerca il condizionamento è molto forte perché, pur con le doverose eccezioni, l’industria sostiene solo gli studi che permettono di ottenere importanti ritorni economici. Poiché l’industria ha sostanzialmente tutto il know-how e quindi il monopolio nello sviluppo e nella produzione dei farmaci, si può facilmente dedurre che il mondo accademico tende sostanzialmente a seguire gli indirizzi dell’industria. Si possono perciò notare nella mappa della ricerca medica aree ricche di indagini molto spesso inutili, perché ridondanti, e aree di medicina orfana. Per dare alcuni esempi si può ricordare che esistono oltre 6 mila malattie rare, che rappresentano il 10% della patologia grave, per cui la ricerca di nuove terapie è assolutamente insufficiente: negli ultimi otto anni sono stati approvati a livello europeo solo 40 farmaci detti «orfani», mentre esistono progetti avanzati per quasi 500 farmaci che non trovano risorse per poter arrivare allo stadio dell’approvazione. Per non parlare delle malattie tropicali per cui la ricerca di terapie è quasi inesistente. Vi sono ancora milioni di ammalati di malaria, lebbra, schistosomiasi e così via che non possono sperare di ottenere terapie, fino a quando le loro capacità di acquisto non aumenteranno in modo consistente. Anche per il mondo occidentale esistono gravi carenze, perché bambini, donne e anziani non sono adeguatamente rappresentati negli studi clinici, pur essendo comunque consumatori di farmaci. Solo la metà dei farmaci pediatrici è stata sperimentata nei bambini; eppure questi farmaci vengono somministrati sulla base del peso corporeo, come se i bambini fossero dei piccoli adulti anziché degli organismi in crescita con tutte le conseguenze sulla possibile efficacia e tossicità dei farmaci.  molto più alla moda ricercare i benefici anziché le tossicità dei farmaci e perciò poche sono le ricerche per stabilire quale sia il reale rapporto fra benefici e rischi. I farmaci non agiscono positivamente su tutti i pazienti trattati: spesso i beneficiari sono solo il 5% o addirittura il 5 per mille. Vi sono perciò molti pazienti che vengono trattati inutilmente, perché non ottengono alcun beneficio. Sarebbe importante stabilire con opportune ricerche chi debba essere trattato con alte probabilità di giovamento, ma ciò comporterebbe un’importante diminuzione delle vendite. L’asimmetria Per quanto riguarda l’informazione esiste una grande asimmetria tra informazione di parte e informazione indipendente. Giornali, radio, televisione sono strumenti, spesso invadenti, delle strategie attraverso cui l’industria diffonde speranze non sempre giustificate sui nuovi farmaci, crea nuove malattie o nuove esigenze di trattamento. Anche quell’attività che viene indicata come educazione medica continua è gestita sostanzialmente dall’industria; per non parlare della massa di propagandisti farmaceutici, che ogni giorno contattano medici per proporre i loro prodotti. Tutto ciò non sarebbe possibile se non vi fossero personalità mediche che per interessi economici si prestano a sostenere o per lo meno a non smentire campagne propagandistiche, che tendono ad enfatizzare gli effetti positivi dei farmaci, dimenticando la tossicità che è inerente a ogni assunzione di farmaco. Società scientifiche e mondo accademico non esercitano, evidentemente, la loro funzione critica ed educativa nel migliorare le conoscenze anche perché mostrano spesso chiari conflitti di interesse. Per quanto riguarda la legislazione l’attenzione dell’industria farmaceutica è particolarmente intensa, perché dalle leggi dipendono fondamentalmente le modalità con cui si può accedere al mercato e aver successo. Da circa un decennio è diventata importante la legislazione europea, mentre prima aiutavano soprattutto le leggi nazionali. Dal 1995 l’approvazione dei nuovi farmaci dipende dall’EMEA (Agenzia europea dei medicinali). I prodotti approvati al livello europeo hanno il diritto - in tempi brevi - alla commercializzazione in tutti i 27 Paesi che costituiscono l’Unione Europea. La collocazione dell’EMEA nell’ambito dell’organizzazione comunitaria appare già di per sé strana, perché questo organismo dipende dalla direzione generale dell’industria, in contrasto con quanto succede a livello nazionale nei vari Stati membri, dove le agenzie del farmaco riferiscono più logicamente ai rispettivi ministeri della Sanità. Ciò significa che a livello europeo i farmaci vengono considerati «beni di consumo» anziché «strumenti di salute». Questa collocazione ha generato anche leggi europee che sono sostanzialmente più favorevoli alle industrie che ai pazienti. Ad esempio la legge prescrive all’EMEA che i nuovi farmaci debbano venire approvati in base a tre caratteristiche: qualità, efficacia e sicurezza. Tuttavia queste caratteristiche non devono essere confrontate con quelle di altri prodotti già in commercio per le stesse indicazioni terapeutiche. In altre parole ai nuovi farmaci non viene richiesto di dimostrare quale sia il «valore aggiunto» rispetto ai prodotti già disponibili. Ciò comporta la mancanza di confronti; e quando i confronti vengono fatti si tratta di disegni sperimentali che non mirano a stabilire la superiorità del nuovo farmaco rispetto ai prodotti già disponibili, ma molto spesso solo la sua equivalenza o la non-inferiorità. Si realizzano perciò sperimentazioni cliniche che hanno come unico scopo quello di ottenere l’accesso al mercato, utilizzando i pazienti per ricerche da cui non ci si può attendere un reale beneficio per loro o per i pazienti del futuro.  chiaro che, mancando confronti, diventa difficile per le agenzie nazionali del farmaco stabilire sulla base di evidenze quali siano i farmaci da includere nelle liste dei prodotti da rimborsare. Altro aspetto di interesse industriale è l’alone di segretezza che avvolge tutte le attività dell’EMEA. Il complesso delle considerazioni riportate dovrebbe mobilizzare la comunità scientifica a concrete azioni per far in modo che i progressi della medicina, presenti e futuri, vengano meglio utilizzati a vantaggio dei pazienti. SILVIO GARATTINI