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 2008  gennaio 15 Martedì calendario

La mia vita da magistrato in barca a vela. La Stampa 15 gennaio 2008. «Ci sono tanti modi per far fuori un giudice, o una bomba a Capaci oppure così, con quello che sta capitando a me

La mia vita da magistrato in barca a vela. La Stampa 15 gennaio 2008. «Ci sono tanti modi per far fuori un giudice, o una bomba a Capaci oppure così, con quello che sta capitando a me...». La voce di Cecilia Carreri è una cantilena stanca. «Non me lo sarei proprio aspettato, o forse me l’aspettavo». Però fa male lo stesso. E parecchio. Si sente sola. E tradita. E sputtanata. «Vogliono farmi passare per quel che non sono, un magistrato che s’inventa malattie e invece se ne va a far regate in barca a vela». Non sarà così, ma per il Consiglio Superiore della Magistratura così è. Via un anno di anzianità e via dalla sua Vicenza, tanto per cominciare. «Ma bisogna vedere come andrà a finire - dice lei - Ho presentato ricorso e a maggio si vedrà». Non sembra, questo, il momento dell’ottimismo. Sembra davvero il momento della solitudine, ed è ben diversa da quella in alto mare o in cima all’Himalaya, nei deserti del Ciad o davanti ai suoi quadri. «Gelosie di piccolo cabotaggio» Cecilia Carreri, 52 anni, è tante cose assieme, troppe per i 34 colleghi del distretto giudiziario di Vicenza. «Che squallore». A metà pomeriggio risponde al telefonino, «Cecilia Carreri non c’è». E’ a Grancona, paesone sui Colli Berici, nella sua azienda agricola, pure questa invidiata dai pettegolezzi vicentini. Mezz’ora più tardi è lei a richiamare: «Mi scuso, ma è un momento un po’ difficile, sono sconvolta». E questo si può capire. Racconta una storia credibile, con la sua cantilena parla di «gelosie di piccolo cabotaggio», di gente che «magari pensa di far fuori un magistrato e invece fa un danno alla giustizia». Non è Ilda Boccassini, non è Clementina Forleo, ma tra Vicenza e Treviso, dove ha cominciato e nemmeno si ricorda con quale processo, questa Cecilia Carreri ha la sua fama di magistrato che lavora, fino a tre anni fa mai un giorno di assenza o malattia, intransigente con gli orafi evasori o con i politici corrotti, prima Giudice delle Indagini Preliminari a firmare una condanna all’ergastolo. Griffata e ingioiellata «Qui sono conosciuta e stimata come ottimo magistrato». Negli ultimi tre anni, però, piuttosto assente. A Treviso se la ricordano bene, anche perché era bellissima. Una cronista la racconta così: «Era una mora da schianto, tipo compatto ma estremamente sexy agli occhi degli uomini, anche perché era del genere che li guardava senza vederli, e questo li mandava fuori di testa. Capelli sempre corti o appena a caschetto, frangia sugli occhi, molto Hermès e tacchetto, ultrafirmata e ingioiellata». Sono passati 15 anni e Cecilia ha i sempre i capelli corti, ma bianchi. E niente tacchi, niente gioielli. Un’altra. Un altro giudice e un’altra donna. Cosa sia successo al Csm non lo sanno e non interessa, ma qualche traccia Cecilia Carreri l’ha lasciata nel suo sito internet. La montagna e poi il mare: «Alla montagna appartengono gli anni più belli della mia vita, una montagna sempre difficile, sempre verticale, che mi ha condotto alla felicità, alla svolta, ma anche alla crisi. Dietro la montagna ho trovato allora il mare ad attendermi, il grande Oceano». Nessun accenno alla magistratura, al suo mestiere. «Se fossi uomo forse non mi sarebbe successo, i miei colleghi non avrebbero avviato questo processo burocratico». La sentenza del Csm l’ha stupìta, «anche perché è scritta da cani». Cecilia s’intende anche di questo, di scrittura, due libri già pubblicati con Mursia. «Non mi contestano la legittimità delle mie ferie o della mia aspettativa. Però stabiliscono che nei sei mesi di assenza dal lavoro, chiesti per motivi personali e di salute, la mia partecipazione alla ”Fastnet Race” era ”non confacente”». Chi la conosce bene potrebbe raccontare che questi ultimi cinque anni di Cecilia sono stati piuttosto tribolati. La separazione dal marito. La malattia e poi la morte della madre. Come da nuove leggi l’abbandono del ruolo di Gip per passare a quello meno gradito di giudice di Tribunale. Come conseguenza lo stress, il mal di schiena, il certificato medico e il consiglio di starsene lontana. Insomma, negli ultimi due anni a Palazzo di Giustizia l’hanno vista poco e in pochi. 35 magistrati per i 630 mila abitanti del distretto giudiziario vicentino sono un niente. Ovvio che a qualcuno il mal di schiena e le aspettative, sia pur concordate con il presidente del Tribunale, non siano piaciute. Ed ecco i guai e qui la cantilena di Cecilia smette. Cambia tono di voce, elenca date e imprese. «Dicono che avrei danneggiato l’immagine della magistratura? Falso. Al contrario il ritorno d’immagine è stato positivo. Quand’ero in regata Vicenza era impazzita di gioia». Dovessero confermare la sentenza Cecilia Carreri dovrebbe lasciare Vicenza. Più probabile, per chi la conosce, che abbandoni la magistratura. Ha le regate, le scalate, le imprese estreme. E ha la sua azienda agricola su a Grancona, già anni fa aveva chiesto al Csm l’autorizzazione per risultare (anche) imprenditrice di vigne e campi. Risposta negativa, e già allora al Palazzo di Giustizia c’era chi l’aveva presa male. Ma come, o fai il magistrato o stai nella tua tenuta. Già allora erano cominciate le regate, la preparazione dei viaggi in Groenlandia, le conferenze con le diapositive del ghiacciaio Rassmussen, le mostre dei sui quadri a Parigi, le sue foto su «Paris Match». Un po’ troppo, no? «No - risponde lei - io ho sempre fatto il mio dovere di magistrato. La mia attività sportiva non c’entra e questa resta una storia strana. Finché non finisce resta una penosa vicenda. E non lo dico solo per me, ma per la magistratura e lo squallore di certi miei colleghi». Maledetta quella regata dell’8 novembre 2005, allora. Ma non per Cecilia, non per la sua voglia di regate e montagna. Vada come vada, ma la sera del 1° febbraio sarà la protagonista della serata nella sede della Società Alpinisti Vicentini, a raccontare le sue estreme imprese. «Per me le ricadute sono state tutte positive», dice. I libri, le mostre, le fotografie con le grandi donne della vela, i racconti, «con l’ultima regata ho perso 20 chili», il fascino della solitudine, quella solitudine. GIOVANNI CERRUTI