La Stampa 15 gennaio 2008, Francesco Semprini, 15 gennaio 2008
Citigroup si svaluta di 24 miliardi. La Stampa 15 gennaio 2008. NEW YORK. Si addensano nubi di tempesta sui cieli di Citigroup, in una settimana difficile per Wall Street, con la pubblicazione dei conti trimestrali di alcune società colpite dalla crisi «subprime», pronte ad annunciare svalutazioni per 40 miliardi di dollari
Citigroup si svaluta di 24 miliardi. La Stampa 15 gennaio 2008. NEW YORK. Si addensano nubi di tempesta sui cieli di Citigroup, in una settimana difficile per Wall Street, con la pubblicazione dei conti trimestrali di alcune società colpite dalla crisi «subprime», pronte ad annunciare svalutazioni per 40 miliardi di dollari. E’ il primo gruppo bancario americano a rischiare di più con 24 miliardi di perdite, il licenziamento di 20 mila dipendenti - ovvero oltre il 6% della forza lavoro - e la riduzione del 40% sul dividendo. La manovra in tre mosse, attesa insieme alla pubblicazione dei bilanci del quarto trimestre prevista per oggi, è stata anticipata dall’emittente finanziaria Cnbc e rappresenta l’ennesima misura straordinaria per far fronte alla pesante esposizione della banca sul mercato dei mutui facili e delle attività finanziarie ad essi legate. Nonostante il rischio di una bufera sui listini azionari il titolo di Citigroup ha chiuso in rialzo dello 0,32% grazie all’annuncio dei tagli, oltre che per il potenziale afflusso di capitali freschi. Proseguono infatti le trattative per l’ingresso di nuovi soci nel gruppo, che garantirebbero un’iniezione di capitali da 15 miliardi di dollari. Al tavolo dei negoziati ci sono alcuni fondi sovrani arabi, in particolare kuwaitiani, oltre a investitori privati come il principe saudita Al Waleed bin Talal, già primo azionista della banca sino allo scorso 26 novembre, quando il fondo sovrano Abu Dhabi Investment Authority rilevò una partecipazione del 4,9%, procedendo a una iniezione di fondi di 7,5 miliardi di dollari. Al Waleed potrebbe riconquistare il titolo di principale azionista, anche se difficilmente accrescerà la sua quota sopra il 5%, oltre la cui soglia scattano controlli più stringenti da parte delle autorità di vigilanza. Appare incerta invece la presenza nel cartello «salva-Citi» della China Development Bank (Cdb), l’istituto controllato da Pechino che a dicembre aveva iniettato nelle casse di Morgan Stanley 5 miliardi di dollari. Il vice ministro delle Finanze cinese Li Yong, ha dichiarato di non essere a conoscenza delle trattative, ma ha garantito che il governo non interferirà negli affari della banca. Le attese degli analisti per gli ultimi tre mesi dell’anno rivelano una perdita netta di 4,21 miliardi accompagnata da un possibile calo dei ricavi del 50%. E’ di 3,80 dollari ad azione invece il passivo atteso per Merrill Lynch, altra vittima illustre della crisi dei mutui facili. La terza banca d’investimento americana, che ha già annunciato 800 licenziamenti, rischia svalutazioni tra i 12 e i 15 miliardi di dollari, dopo i 7,9 miliardi iscritti in bilancio nel terzo trimestre. Anche in questo caso sono necessarie misure straordinarie e perciò il neo a.d. John Thain sta lavorando per il potenziale ingresso nel gruppo del fondo sovrano Kuwait Investment Authority con 4 miliardi di dollari. A creare ulteriori ombre sulla società di Wall Street è un’indagine della Sec (Consob Usa) su presunte operazioni improprie di trading. Guai in vista anche per J.P. Morgan. A tenere sulle spine i vertici del gruppo non è la crisi subprime - la società ha svalutato nel terzo trimestre solo un miliardo e attende per gli ultimi tre mesi del 2007 un utile di quasi un dollaro ad azione - ma l’apertura di un fascicolo da parte delle autorità finanziarie. Nel mirino ci sarebbe l’acquisto di una partecipazione del 2,4% di Rural Cellular, operatore telefonico rilevato successivamente da Verizon in un’operazione in cui J.P. Morgan stessa fece da consulente, contravvenendo alla normativa sul conflitto di competenze in materia FINE:FRASEMfinanziaria. Francesco Semprini Copyright ©2008 La Stampa