La Stampa 15 gennaio 2008, Javier Cercas, 15 gennaio 2008
Calendari, lཿanno dellཿipocrisia
Calendari, l’anno dell’ipocrisia. La Stampa 15 gennaio 2008. Secondo quanto è stato pubblicato dai giornali, la compagnia aerea Ryanair ha fatto esplodere le critiche di associazioni di consumatori e di donne per un calendario benefico che mostra alcune hostess della compagnia mentre posano in bikini: una, con un cappello da comandante, nella cabina di pilotaggio; un’altra che gonfia un salvagente nel corridoio centrale dell’aereo; un’altra accanto all’aereo con una spugna in mano; e via via, fino ad arrivare a dodici hostess: una per ogni mese dell’anno. L’organizzazione di difesa dei consumatori, la Facua, ha denunciato questa campagna pubblicitaria all’Istituto della Donna perché «attenta alla dignità delle lavoratrici della compagnia». L’Istituto della Donna si è premurato di far propria la denuncia: ha definito il calendario «discriminatorio», ha protestato perché «configura una rappresentazione sessista delle donne che lavorano come equipaggio di cabina e di tutte le donne» (che vengono mostrate «come oggetto sessuale») e, vista l’importanza del caso, ha deciso di portarlo davanti al suo corrispondente organismo nell’ambito dell’Unione europea. Ogni volta che leggo una notizia come questa mi viene voglia di mettermi a piangere o di imitare quel signore inglese che ha compiuto il percorso da Londra a Edimbugo camminando all’indietro e cantando inni anabattisti. Il grave è che queste cose si verificano con sempre maggior frequenza e, oltre tutto, pare che le denunce si moltiplichino. Il nudo delle hostess è un attentato alla loro dignità? Lo sarebbe se le hostess fossero state obbligate con la forza a posare in bikini, ma risulta, secondo l’ammissione delle stesse interessate, che l’hanno fatto volontariamente. E, allora, dov’è l’attentato? Dov’è la discriminazione? O, forse, il nudo volontario d’una donna costituisce un attentato alla sua dignità e - nientemeno - a quella di tutte le donne? O, forse, ogni nudo femminile è una rappresentazione sessista che, automaticamente, trasforma le donne in oggetto sessuale e dovrebbe essere vietato? Anche la Venere di Milo? Anche la Maja desnuda? Anche le migliaia di quadri, sculture e fotografie che ritraggono donne nude e fanno parte della storia universale dell’arte? Qualcuno obietterà che un conto è il nudo femminile con fini propagandistici, un altro il nudo femminile con fini artistici. Ma la differenza non è assolutamente chiara: per secoli l’arte è stata una forma (migliore o peggiore) di propaganda e, ora, gran parte della propaganda è una forma (migliore o peggiore) d’arte. E, immaginando che si possano fare distizioni tra arte e propaganda, chi decide che cosa è cosa? L’Istituto della Donna? Se dovesse denunciare tutti i casi in cui il corpo della donna è utilizzato come richiamo pubblicitario, questo ente non avrebbe tempo di fare altro, visto che il 90 per cento della pubblicità ricorre a un espediente del genere. E, visto che il compito dichiarato dell’Istituto della Donna è promuovere politiche d’uguaglianza fra uomo e donna, non dovrebbe denunciare l’utilizzo sempre più frequente e audace del corpo maschile a fini pubblicitari? Se aspiriamo a che uomini e donne siano uguali di fronte alla legge non dovrebbero scomparire i cosiddetti uomini-oggetto proprio come dovrebbero scomparire le cosiddette donne-oggetto? In Contro la nudità, Oscar Tusquets riporta una pubblicità di Yves Saint Laurent che ritrae un giovane con l’apparato genitale in bella vista: come afferma Tusquets, nessuno, fino ad ora, ha osato proporre l’apparato genitale femminile a fini pubblicitari e, invece, ciò è avvenuto con quello dell’uomo. Questo giovane non è un uomo oggetto? Non è una dicriminazione? Non dovremmo protestare? Tutto ciò è un’esagerazione. Dicano quel che vogliano gli ingenui del politicamente scorretto - ingenui quanto gli ingenui del politicamente corretto - nonostante le ipocrisie e le incoerenze di tante femministe, il femminismo continua a essere, nel nostro Paese, un male necessario, per il semplice motivo che uomini e donne sono uguali davanti alla legge solo in teoria, non in pratica. Non mi sembra buona cosa che l’Istituto della Donna si dedichi, con denunce ridicole e con il denaro dei contribuenti, a screditare una causa che, al momento e fino a quando la realtà non la renda superflua, dovrebbe nobilitare.FINE:RENRIZ Il Nouvel Observateur, per celebrare il secolo dalla nascita della «scandalosa» Simone de Beauvoir pubblica in copertina una sorprendente foto di lei nuda e l’associazione femminista creata cinquant’anni fa dalla scrittrice («Choisir la cause des femmes») si indigna per lo sfruttamento commerciale dell’immagine della mitica Simone: «Adescatori!». La Francia discute e si divide. Le Monde va a caccia dell’uomo che eseguì l’inedito scatto, nel 1952 a Chicago, e lo trova. Art Shay ha oggi 85 anni, era amico dell’amante americano di Simone, Nelson Algren, e rivela che Madame fu sorpresa ma non infastidita dall’ardito furto. E reagì dicendo soltanto: «Vilain garçon», ragazzaccio. Con un sorriso che le sue epigone evidentemente hanno perduto. Javier Cercas Copyright ©2008 La Stampa