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 2008  gennaio 19 Sabato calendario

APERTURA FOGLIO DEI FOGLI 21 GENNAIO 2008

«Sarà un giorno che ricorderemo negli anni, il giorno in cui il Papa non parlò all’Università italiana per la contestazione dei professori e la ribellione degli studenti. Una data spartiacque per i rapporti tra chi crede e chi non crede, tra la fede e la laicità, persino tra lo Stato e la Chiesa» (Ezio Mauro). [1] «L’incidente più serio con il Vaticano da tempo immemorabile» (Aldo Cazzullo). [2] «Tra una settimana ce la saremo già dimenticata. E buona notte. Fino alla prossima cretinata» (Massimo Cacciari). [3]

In occasione dell’inaugurazione dell’anno accademico, giovedì scorso Benedetto XVI avrebbe dovuto visitare l’Università La Sapienza di Roma, fondata il 20 aprile 1303 da Papa Bonifacio VIII. [4] Sarebbe stato il terzo pontefice in visita all’ateneo dopo Paolo VI nel 1964 e Giovanni Paolo II nel 1991. [5] L’aveva invitato il rettore Renato Guarini, cosa che da subito non era piaciuta al fisico Marcello Cini: il 14 novembre, in una lettera pubblicata sul manifesto, aveva definito «sconcertante» l’iniziativa ventilata allora di far tenere al Pontefice una lectio magistralis. [6]

Il 22 novembre, 67 docenti (tra cui quasi tutti i più noti fisici dell’ateneo) avevano scritto una lettera al rettore aggiungendo agli argomenti di Cini un aneddoto: «Il 15 marzo 1990, ancora cardinale, in un discorso nella citta di Parma, Joseph Ratzinger ha ripreso un’affermazione di Feyerabend: ”All’epoca di Galileo la Chiesa rimase molto più fedele alla ragione dello stesso Galileo. Il processo contro Galileo fu ragionevole e giusto”. Sono parole che, in quanto scienziati fedeli alla ragione e in quanto docenti che dedicano la loro vita all’avanzamento e alla diffusione delle conoscenze, ci offendono e ci umiliano. In nome della laicità della scienza e della cultura e nel rispetto di questo nostro Ateneo aperto a docenti e studenti di ogni credo e di ogni ideologia, auspichiamo che l’incongruo evento possa ancora essere annullato». [7]

La questione della citazione di Feyerabend è controversa. Pier Luigi Fornari: «L’accusa rivolta al Papa si rivela un clamoroso errore, alla lettura del libro Svolta per l’Europa? (1992) che riporta per intero le sue affermazioni. Come infatti scrisse Avvenire nell’aprile del 2005, a sei giorni dalla sua elezione al soglio di Pietro, il senso del ragionamento del cardinale era esattamente l’opposto di quanto gli viene rimproverato. Ratzinger riferiva, senza condividerli, i colpi inferti da vari esponenti della cultura contemporanea alla razionalità scientifica». [8] Corrado Augias: «Basta leggere il testo (in Svolta per l’Europa? Chiesa e modernità, Ed. Paoline, p. 76) per rendersi conto che Ratzinger quelle parole le ha fatte sue. Come minimo diciamo che non ne ha preso le distanze». [9]

Gli scienziati non hanno detto soltanto: il Papa ha offeso Galileo che è il nostro simbolo. Walter Pedullà, per quasi 50 anni docente di letteratura italiana alla Sapienza: «L’intenzione è quella di denunciare il fatto che Benedetto XVI si è posto in una posizione conflittuale nei confronti della scienza». [10] Dario Antiseri, epistemologo della Luiss: «Ratzinger ha sempre difeso la ragione e la scienza, conosco bene i suoi scritti. La critiche si appuntano soprattutto sull’uso distorto delle applicazioni tecnologiche, dalla bomba atomica alla clonazione umana. Non tutto ciò che è possibile è lecito». [11] A parte Galileo, dicono i ”no pope”, questo Pontefice non ha mostrato un particolare impegno ad alimentare il confronto con il mondo laico. Giovanni Valentini: «Dalle unioni di fatto alla questione omosessuale, dalla contraccezione alla legge sull’aborto, il magistero di papa Ratzinger s’è contraddistinto finora più per l’intransigenza che per l’apertura al dialogo con la società civile». [12]

La lettera dei professori è stata pubblicata su Repubblica del 10 gennaio. Il giorno dopo è apparsa sullo stesso quotidiano una risposta di Alessandra Barberis, ufficio stampa dell’ateneo romano: «La lettera firmata da alcuni docenti della Sapienza relativa alla visita del Papa all’Università, riferisce che Benedetto XVI interverrà nell’inaugurazione dell’anno accademico, trascurando che inaugurazione e visita papale saranno due momenti diversi e tralasciando il contesto di valori nel quale il Pontefice sarà all’Università. La Sapienza inaugurerà l’anno accademico 2007-2008, dedicando la manifestazione all’impegno contro la pena di morte». [13] Paolo De Nardis, ex preside di Sociologia delle comunicazioni: «La paura era che dalla pena di morte passasse a parlare di aborto». [14]

«A seguito delle ben note vicende di questi giorni», martedì il Papa ha deciso di non andare alla Sapienza. Il 12 un gruppo di docenti e studenti aveva lanciato un ultimatum: «Il Papa non deve entrare all’Università». Il 13 il ”collettivo” della Facoltà di Fisica aveva annunciato per il 17 un «assedio sonoro» contro la presenza del Papa. [15] Il culmine della contestazione era stato raggiunto quando studenti del gruppo ”Rete per l’autoformazione” avevano occupato il Senato accademico esponendo alla finestra del rettorato lo striscione: ”La Sapienza è ostaggio del Papa. Liberiamo i saperi”. Ricevuti dal rettore, avevano vista accolta la richiesta di poter manifestare davanti alla facoltà di Lettere senza polizia in assetto antisommossa nel momento in cui sarebbe passato il Papa. [16]

«No, non posso andare. Non temo per me, per la mia persona, ma per quei ragazzi...» ha detto il Papa molto «provato, quasi affranto» ai suoi più stretti collaboratori. [17] Marco Tosatti: «’Karol Wojtyla ci sarebbe andato”: così un’eminenza d’Oltretevere ha commentato a botta calda la notizia fresca di agenzia della rinuncia di Benedetto XVI a recarsi giovedì mattina alla Sapienza». [18] Eugenio Scalfari: «Vi immaginate il Papa che entra nell’aula Magna dell’Università mentre, magari, la polizia lancia lacrimogeni e carica gli studenti?». [19] Il fisico Carlo Cosmelli: « finita come volevamo. Mi dispiace solo che non sia stata una scelta del rettore, ma del pontefice». [20]

«Il Papa subisce l’umiliazione di non poter andare all’Università ma quella minoranza ha infangato la Sapienza, dandone un’immagine da Centro sociale o da Circolo culturale dei no-global» (Rino Fisichella, vescovo ausiliare di Roma e rettore dell’Università lateranense). [21] Aldo Grasso: «Siamo al ridicolo. L’università italiana, ”il luogo della ricerca, del confronto culturale e del sapere”, è quella che sforna in serie le lauree honoris causa a personaggi famosi come Valentino Rossi, Lucio Dalla, Roberto Benigni, Vasco Rossi, Mike Bongiorno, ma nega a uno studioso della statura di Joseph Ratzinger di parlare». [22] Michele Brambilla: «In Italia è vietatissimo urtare la sensibilità dei fedeli delle altre religioni, magari anche solo con una fetta di salame nelle mense scolastiche: ma è lecito, lecitissimo sputare addosso alla Chiesa in nome della libertà». [23]

Si poteva evitare questo esito? Gian Enrico Rusconi: «Si sarebbe dovuto inventare una formula che prevedesse nella sua stessa organizzazione la logica del confronto intellettuale e scientifico, in sintonia con un’istituzione di alta cultura. Una specie di grande disputatio di stile medievale. So che - detta così - è un’ingenuità o una stravaganza». [24] Paolo Flores D’Arcais: «Perché il senato della Sapienza non ha invitato Joseph Ratzinger e Richard Dawkins? Perché un solo punto di vista?». [25] Cacciari: «Invitarlo a un contraddittorio? Cerchiamo di evitare il ridicolo e capire le rispettive misure con un po’ di modestia. Diciamo che avrebbero potuto inviare una lettera cortese e più produttiva nella quale ribadire le differenze, che il Papa conosce benissimo, e avviare un dialogo». [3]

Affidare l’inaugurazione dell’anno accademico a un Papa in generale, e a questo Papa in particolare, era suppergiù come incaricare un professore di fisica delle particelle di cantar messa in Vaticano la notte di Natale. Adriano Sofri: «Insorgere contro l’ingresso del Papa alla Sapienza è suppergiù come scambiare Benedetto XVI per Luciano Lama, e il 2008 per il 1977, o il 1870. La Sapienza romana accolse già Paolo VI e Giovanni Paolo II. Ma quelli erano meno oscurantisti di questo, si dirà. Può darsi, ma l’invito rivolto da una pubblica istituzione non distingue fra questo e quel Papa, se non nel merito, nel dialogo e nella discussione. Giovanni Paolo II, si dirà, era soprattutto pastore, questo resta dopotutto professore, dunque più irritante il suo razionalismo fideista agli occhi di colleghi e studenti: ma resta il fatto che di fede e ragione, come di tutto, la cosa migliore è discutere, a casa propria e altrui». [26]

Questo rigurgito di intolleranza non sarebbe stato possibile se, in tema di laicità e di rapporti con la Santa Sede, non si fosse creato in Italia, in questi ultimi anni, un clima di forte tensione e di diffusa ipersensibilità. Giovanni Sabbatucci: « accaduto infatti che al deciso (e non improvviso) rilancio della Chiesa in quanto portatrice di verità assolute e dispensatrice di precetti vincolanti in materia di etica pubblica, una parte del mondo laico abbia risposto in termini allarmati e stizziti, sintomo di sconcerto e di paura più che di serena consapevolezza delle proprie ragioni. Dimenticando che il miglior presidio per la laicità delle istituzioni sta nella forza della politica, nella sua autonoma capacità di imporre soluzioni condivise, non nelle manifestazioni di intolleranza o negli anatemi alla rovescia». [27]

Il papato persegue una politica tesa a sgretolare la separazione tra Stato e Chiesa? Cini: «L’intolleranza quotidiana è quella che arriva alle telefonate del cardinal Bertone ai deputati italiani di stretta osservanza cattolica perché non votino certe leggi». [28] Giulio Anselmi: «Nel nostro Paese assistiamo a una crescente invadenza della Chiesa, accentuatasi durante la lunga presidenza della conferenza episcopale da parte del cardinale Ruini». [29] Piergiorgio Odifreddi: «La Chiesa spinge sempre un po’ più avanti il suo potere verso lo Stato italiano. E più le istituzioni non la contrastano, più vanno avanti, eliminando il confine tra laicità e religione». [30] Rossana Rossanda: «Che la destra vaticana voglia la riconquista dello stato si capisce. Che questo le spalanchi le porte no». [31]

Quella che ha vinto è una caricatura della laicità. Ernesto Galli Della Loggia: « la laicità scomposta e radicaleggiante, sempre pronta ai toni dell’anticlericalismo, che cinicamente ha usato la protesta dei poveri professori di fisica piegandola alle necessità della lotta politica italiana, delle risse del centro-sinistra intorno ai Dico e all’aborto, della gara per conquistare influenza sul neonato Partito democratico. la laicità che vuole ascoltare solo le sue ragioni scambiandole per la Ragione. Che, nonostante tutte le chiacchiere sull’Illuminismo, nei fatti non sa che cosa sia la tolleranza, ignora cosa voglia dire rispettare la verità delle posizioni dell’avversario, rispettarne la reale identità». [32]

Bisogna intendersi sul significato della parola laicità, che viene troppo spesso fraintesa. Francesco Paolo Casavola, presidente emerito della Corte Costituzionale: «Ho l’impressione che se fosse usata come fanno gli scienziati firmatari del documento, si verificherebbe l’equazione ”laicità uguale difesa dello Stato contro la religione”. Così arriveremmo a una scienza dello Stato laico: e mi piacerebbe proprio vedere di quale libertà essa vivrebbe. Credo che qui ci sia per certi aspetti ancora un nodo irrisolto, che affonda le radici nei secoli scorsi e che riguarda ancora il tema delle due culture. Senza contare, inoltre, che fenomeni di questo genere rischiano di alimentare da parte cattolica fenomeni di reazione». [33]

I laici devono distinguersi dai laicisti. Marcello Pera: «Nel vocabolario corrente, laico è chi non crede, laicista è colui che crede che chi crede non abbia alcuna ragione per credere. Non è uno scioglilingua. Il laico non appoggia la propria concezione del mondo su una fede rivelata; il laicista ritiene che qualunque fede rivelata non abbia senso, se non banalmente privato, come un tic o un vizietto. L’uno non crede, o non riesce a credere, ma riconosce che la fede è una dimensione dell’esperienza umana che svolge una funzione propria, ad esempio il conferimento di senso alla vita, l’attribuzione all’uomo di un ruolo nel mondo, l’interpretazione del male. L’altro, il laicista, nega questa dimensione: la fede per lui è un’illusione o un fraintendimento o uno scacco alla ragione». [34]

I laicisti vedono la Chiesa come un nemico ingombrante, che parla troppo di etica e politica, e mette fuori il naso dalle sagrestie. Vittorio Macioce: «La Chiesa va bene quando raccoglie i suoi fedeli in preghiera, balla e canta con i Papa boys e regala un po’ di cristianesimo new age a questo mondo senza identità. Se la Chiesa fa la Chiesa, e predica, e difende, con in mano il Vangelo, la vita, la fede, Dio, l’uomo, la liturgia e anche un paio di millenni di storia, allora è in fuorigioco. Invade. Si occupa di cose terrene. L’errore del Papa teologo è voler ridefinire i confini del cattolicesimo. Si chiama identità e, forse, arriva dopo una lunga crisi. Benedetto XVI è la Chiesa che parla alla Chiesa. E questo gli crea turbolenze diplomatiche. un Papa scorretto, anche politicamente. La disfida della Sapienza è il fotogramma di questa resistenza laicista». [35]

L’espressione ”sana laicità” appartiene da tempo al linguaggio della Chiesa ed è stata a volte oggetto di incomprensione, se non di irrisione. Francesco D’Agostino: «Ma mai come oggi essa appare in tutta la sua immediata evidenza. ”sana” la laicità che resta fedele ai propri fondamenti: il buon uso della ragione, il dialogo, la rinuncia ad ogni sopraffazione e intimidazione intellettuale, il rispetto per i diritti umani fondamentali e in particolare per la libertà religiosa. ”sana” quella laicità che, se da una parte esige che le cose terrene siano gestite senza pregiudiziali confessionali, dall’altra riconosce però senza timidezze e senza ambiguità l’immenso contributo della religione (e in particolare, nel nostro Paese, del cristianesimo) alla civiltà e al bene umano. Senza questi riferimenti vitali la laicità ”si ammala” e si trasforma in intolleranza, pregiudizio, dogmatismo e, all’estremo, in violenza». [36]

Essere laici (come tutti zelantemente dicono di essere) significa non proiettare la propria identità su quella degli altri ma accettarle tutte e saperle governare saggiamente. Rusconi: « un compito difficile, naturalmente. I clericali sono maestri nell’approfittare delle divisioni interne. La questione laica potrebbe esplodere in modo incontrollabile e distruttivo più di quanto non si sospetti». [35]