varie, 18 gennaio 2008
CILORMO
CILORMO (Girolamo Silverio Calisi) Ponza (Latina) 20 giugno 1914. Guaritore • «[...] ex pescatore [...] non ha commercialisti o fatturati in nero, anzi non ha fatturati. Non fa pubblicità ingannevole, è un uomo mite, la sua è una storia senza ombre. Come diceva Gesù posa le mani sui malati, ma non lo fa in nome di Gesù, e neanche del denaro perché non ha mai preteso un centesimo da nessuno [...] abita in via Bellavista in una casa color rosa, bassa e stretta, vive con una pensione sociale e qualche ”pensiero dei sanati”: buste di caffè, frutta, pesce, olio, zucchero e vino. Una volta un tale si presentò con una capra al guinzaglio, lui disse ”Belledda” ma rifiutò. [...] Il primo ”sanato ufficiale” è Giuseppe Piras detto Peppineddu, un pastore che i ponzesi (i Cristo, i Calmieri, i Mattera e i Mazzella, gli Aversano, i Romani e i Calise), sbarcati qui negli Anni Trenta per caricare carbone sulle motozattere, convertirono alla pesca. ”Peppineddu è il primo essere umano che incontrai. Vedevo la luce di Bellavista, mollai in poppa perché il maestrale ci portava via e il mare strappava ”i mestieri’. Peppe aveva otto pecore e due vacche - dice Aniello Aversano, nato nel 1916 - il suo pascolo era a dieci metri dal faro, lui guardava il mare a occhi spalancati ma l’acqua gli faceva spavento, anche alle vacche faceva spavento. Un giorno gli dico: ”Bagnati Peppì’, quello tira fuori la pattada e per poco mi scanna’. Quando la tracina gli taglia il piede Piras ha 18 anni. Strilla così forte che lo sentono a Baunei. Per farlo smettere Cilormo centra la ferita con uno sputo e lui, guarito, comincia a saltare sulle acciughe. I due riprendono a scaricare scampi, calamari e sarde ma il giorno dopo lo sa tutto il paese, quelli di Arbatax lo dicono a quelli di Tortolì, che lo dicono a quelli di Girasole e Lotzorai. La vita di Cilormo ha già preso un’altra direzione. La ”terapia ufficiale” dura tre giorni. Per 72 ore al ”paziente” è fatto divieto di mangiare carne di maiale e bere acquavite. [...] Una mattina, con la colonna deformata dall’artrosi, Emiddio Cristo, 70 anni, pescatore, si sveglia urlando. I cerotti a base di cortisone gli stanno bruciando la pelle: ”Vado da Cilormo, lui fissa per un po’ il vuoto, poi sputa sulle ustioni. M’ha fatto schifo ma sono guarito”. Guglielmo Persico, 52 anni, antiquario, romano: ”Una sera al bar mi dicono di questo vecchio, rido e penso che qui la birra va via ch’è una bellezza. Poi vengo a sapere che dal vecchio vanno anche quelli delle basi di Perdasdefogu e Maddalena, americani, tedeschi, olandesi. Dei dermatologi non ne posso più, allora provo. Avevo le mani crepate dalle verruche, manco le cicatrici sono rimaste”. [...]» (Elio Pirari, ”La Stampa” 11/10/2007) • Maurizio Ricci, primario del reparto di Neonatologia dell’ospedale San Giovanni di Roma: «[...] Ero in vacanza ad Arbatax, parliamo di 25 anni fa, avevo una micosi al piede che interessava le pieghe delle ultime tre dita. Mi faceva un male cane, non camminavo più. Le avevo provate davvero tutte, creme, pomate, analgesici, cortisonici, un fiasco assoluto [...] Allora mi dicono di questo Cilormo, di questo ”specialista del fuoco”, prendo e vado. Era notte fonda, parliamo a lungo, lui mi osserva con grande scrupolo, poi bagna il piede con la saliva e fa: ”Puoi guarire” [...] Un dottorino benpensante è uno scettico naturale. Non mi fido, faccio domande. ”Ma non la bendi la ferita?, e le infezioni, e i microbi?”. Lui mi dà una risposta, in apparenza delirante, ma tecnicamente perfetta: ”I microbi di qua non sono cattivi come quelli del tuo ospedale, non te la copro la ferita” [...] Torno a casa, il dolore è insostenibile, smadonno, la mattina mi sveglio e la ferita non c’è più, ero guarito [...] una decina di anni fa convinco il dottor Munci, vice primario infettivologo al San Giovanni, studioso di toxoplasmosi, sifilide e Cmv citomegalovirus, reduce da tre inutili operazioni chirurgiche al piede, a rivolgersi a Cilormo [...] Era disperato, non voleva tornare per la quarta volta sotto ai ferri, così sofferente che raggiunse l’isola con mare forza sei. Una volta ad Arbatax lo portano da Cilormo. Tre giorni dopo rientra a Roma sereno, come se in vena gli avessero iniettato una potenza nucleare, quell’uomo l’aveva sedato con la sua consapevolezza: ”’A Maurì, m’ha detto che guarirò tra un mese, quando la cordicella sotterrata dietro al fico si macererà del tutto’. Per poco svengo, studio il collega come si indaga un folle, ma un mese dopo guarisce. Per non impazzire smetto di ragionare. Oggi, con raziocinio, dico che Cilormo ci trasmise quella cosa che nessun medico è in grado di garantire, la certezza della guarigione”» (’La Stampa” 11/10/2007).