Corriere della sera 17 gennaio 2008, Roberto Zuccolini, 17 gennaio 2008
Referendum elettorali, via libera della Consulta. Corriere della sera 17 gennaio 2008. ROMA – Ormai non si torna più indietro
Referendum elettorali, via libera della Consulta. Corriere della sera 17 gennaio 2008. ROMA – Ormai non si torna più indietro. La Corte Costituzionale, a tempi di record, giudica ammissibili tutti i tre quesiti presentati e, a questo punto, o si fa la riforma elettorale, il più presto possibile, oppure la prossima primavera (tra il 15 aprile e il 15 giugno) si andrà a votare per il referendum. Esulta il comitato promotore di Segni e Guzzetta insieme a tutti coloro che si battono da sempre per il maggioritario. Protestano invece, nel centrosinistra, i partiti minori e quanti puntano sulla bozza Bianco. I primi due quesiti puntano sull’abrogazione del premio di maggioranza alle coalizioni attribuendolo invece alla singola lista che abbia ottenuto il maggior numero di seggi. In questo modo si alzerebbe anche lo sbarramento per i partiti: 4% alla Camera e 8% al Senato. In sostanza le modifiche all’attuale legge, approvata dal governo Berlusconi alla vigilia delle ultime politiche, pur conservando il proporzionale porterebbero ad un regime bipartitico mettendo in crisi le forze minori. Perché il premio di maggioranza andrebbe al partito con più seggi. Il terzo quesito, invece, prevede il divieto di candidarsi in più circoscrizioni. Nel Comitato promotore il presidente Giovanni Guzzetta invoca il voto referendario «prima possibile» per «sconfiggere l’oligarchia politica». E la costituzionalista Anna Chimenti se la prende con la bozza Bianco: « di fatto un ritorno al proporzionale in vigore nella Prima Repubblica, sfiduciato dall’82,7% degli italiani con il referendum del ’93». La decisione della Consulta fa applaudire i maggioritari convinti come Arturo Parisi («il tempo degli imbrogli è finito ») e gran parte dei prodiani. Del resto Palazzo Chigi, se sprona il Parlamento a fare presto, mette nel conto la prova referendaria: «Ora le Camere lavoreranno intensamente con l’obiettivo di cancellare l’attuale, pessima, legge elettorale». Ma in caso di fallimento, si avverte, «saranno i cittadini ad avere la parola, come è giusto che sia». A difendere la bozza Bianco è prima di tutto lo stesso presidente della commissione Affari Costituzionali della Camera: «Una buona legge viene solo dal Parlamento». E a lanciare l’allarme di fronte allo spettro del referendum sono Verdi, Pdci e Rifondazione comunista. Fausto Bertinotti, da Caracas, invita il Parlamento a «decidere comunque». Ma tra i partiti minori, mentre l’Udeur è tutta assorbita dal caso Mastella, Antonio Di Pietro si schiera invece per la prova referendaria: «Finalmente la parola passa ai cittadini». E il Pd? In mattinata Bianco aveva smentito che la sua bozza fosse stata scritta sotto l’influenza di Massimo D’Alema. A tarda sera invece si riuniscono i vertici del partito e decidono di andare avanti «con più forza» sulla bozza Bianco. Perché la decisione della Consulta è una «spinta ulteriore» a trovare un’intesa. Walter Veltroni avrebbe riconosciuto che si tratta di una buona base di partenza. Ma auspicando alcuni «correttivi» come l’introduzione di un premio di maggioranza in modo da bilanciarla in senso più maggioritario. Ed è proprio questo il nodo da sciogliere all’interno del Pd: le differenze tra chi, come D’Alema, preferisce un modello più ancorato al tedesco e chi, ora sull’onda referendaria, preme per una legge che avvantaggi i partiti più forti. In attesa di capire come si muoverà ora Silvio Berlusconi. Roberto Zuccolini