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 2008  gennaio 13 Domenica calendario

Omero non è un geografo. Il Sole-24 ore 13 gennaio 2008. «Conosco bene le infinite discussioni sulla mia patria, ma sappi che in realtà io sono babilonese»

Omero non è un geografo. Il Sole-24 ore 13 gennaio 2008. «Conosco bene le infinite discussioni sulla mia patria, ma sappi che in realtà io sono babilonese». Così dice Omero stesso a quel buontempone di Luciano di Samosata (II secolo d.C.), uno degli spiriti più ironici e caustici del mondo antico, in un passo della sua Storia Vera. L’intento polemico di Luciano è esplicito: parodiando le dichiarazioni degli storici con pretesa di verità, egli dichiara: «Scriverò di cose che non ho visto, che non ho vissuto, che non ho saputo da altri e che inoltre non esistono affatto né sarebbe possibile che esistessero». Prendono così il via le avventure fantastiche di un gruppo di Greci, capitanato dall’autore. Nelle isole dei Beati essi incontrano Omero e il capo non resiste alla voglia di interrogarlo sulle varie questioni che agitano filologi e studiosi a proposito della sua persona e delle sue opere. La prima domanda è sulla patria e la risposta del poeta beato non va poi così lontano dall’idea lanciata in questi giorni: che Omero sia stato uno scriba assiro. Ma Luciano rappresenta un caso particolare, perché è uno che scherza e dissacra: di solito filologi, intellettuali e artisti hanno preso molto sul serio la questione della persona di Omero e quella dei luoghi rappresentati nell’Iliade e nell’Odissea. La ricerca degli itinerari odissiaci è uno degli esercizi più assiduamente praticati da studiosi e "amateurs" fin dall’antichità. Eppure già il filologo, scienziato e poeta Eratostene (III secolo a.C.) aveva avvertito che si sarebbero trovati i luoghi visitati da Odisseo quando si fosse trovato il cuoiaio che aveva cucito l’otre dei venti. La battuta ironica si innestava sull’argomentazione secondo cui l’Odissea non è un trattato di geografia o di storia. Ma gli uomini non amano i consigli, per quanto autorevoli ed esperti. Uno dei maggiori studiosi del mondo antico del secolo scorso, Rudolf Pfeiffer, scrive: «Uomini eruditi e amatori appassionati di tutte le età hanno ignorato i sani argomenti di Eratostene e hanno tentato instancabilmente di trovare luoghi che corrispondessero esattamente all’indicazione nei poemi, non solo luoghi storici come Itaca o Pilo o le città del "Catalogo delle navi", ma anche le località delle peregrinazioni di Odisseo; che sono una faccenda del tutto diversa. Nel primo caso, i poemi epici divennero, per così dire, manuali di geografia, non ostanti fondate proteste; nel secondo caso, furono suggerite smisurate assurdità, dalle quali Odisseo risultava esploratore della zona artica o, se preferite, viaggiatore attraverso l’Africa, o Calipso, il cui nome fu derivato dal germanico "hel", fu posta in Helgoland». Le assurdità continuano con divertente persistenza, il che testimonia quanto il problema omerico mantenga il suo fascino e stimoli la fantasia. Ogni tanto spunta fuori una soluzione completa e definitiva, non ci si accontenta dei passi avanti e di piccole progressive conquiste: l’idea è che prima non si sa nulla o quasi, poi c’è la scoperta e si sa tutto, il mistero è svelato nella sua interezza, sappiamo chi era Omero, dove è vissuto, quale mestiere faceva e un sacco di altre cose. Ed ecco che poco prima di Natale l’autorevole «Frankfurter Allgemeine Zeitung» dedica un ampio servizio-anticipo all’opera, in uscita fra qualche mese, dello scrittore e poeta austriaco Raoul Schrott, già traduttore del poema epico di Gilgamesh, che ha approntato una nuova traduzione tedesca dell’Iliade e la accompagna con tesi rivoluzionarie. Gli studi per affrontare il gravoso compito hanno condotto Schrott a ripensare gli eterni problemi e a trovare la soluzione: la Troia omerica si trovava nella parte più orientale della Cilicia, presso Karatepe, nell’Anatolia sud-orientale; Omero era uno scrivano greco, addetto alla corrispondenza diplomatica al servizio dell’Impero Assiro, che dominava la regione. Niente Troia dove i Greci l’hanno sempre collocata (nella costa nord-occidentale dell’Anatolia, presso i Dardanelli), niente aedo ionico (cieco) come i Greci hanno sempre pensato; e cosa ne sarà della tradizione poetica di almeno qualche secolo, di cui i poemi sono testimonianza? I rapporti della civiltà greca con le culture del Vicino Oriente sono una tematica di grande interesse, sulla quale molti progressi sono stati fatti dalla ricerca, anche negli ultimi decenni. Gli influssi orientali sul mondo greco sono stati messi in evidenza da eminenti studiosi e il celebre motto ex oriente lux ha preso spessore e concretezza in varie sfere antropologiche. In questo quadro e in questo senso, gli argomenti e le osservazioni di Schrott (che si potranno valutare appieno quando il libro sarà pubblicato) offriranno spunti degni di attenzione. Ma il salto successivo è troppo spericolato: altro è scoprire e analizzare influssi culturali e storici, altro arrivare fino al punto di identificare biografia e luoghi del poeta. Per fare una simile poderosa rivoluzione nel caso di Omero, la sua persona e lo sfondo storico-geografico delle sue opere, ci vorrebbero nuovi documenti specifici e inequivocabili, che non sembrano all’orizzonte. Bisognerà accontentarsi dei graduali progressi che la ricerca continua a fare anche sulle relazioni e i reciproci influssi fra Grecia e Oriente, oltre che nell’analisi dei poemi. Se nell’antichità il numero delle città che si vantava di avere dato i natali a Omero arrivava alla quindicina (il celebre filologo Aristarco, per esempio, indicava Atene), è anche perché nessuno poteva esibire un documento o almeno una tradizione univoca. Per imitare Eratostene, diciamo che si potrà credere all’idea di Omero scrivano assiro della Cilicia quando si troverà una tavoletta d’argilla assira inequivocabilmente autentica e firmata da lui: «Io sono lo scrivano Omero, colui che scrisse l’Iliade e l’Odissea». Franco Montanari