L’espresso 17 gennaio 2008, Alberto Arbasino, 17 gennaio 2008
Magnifica imbranata. L’espresso 17 gennaio 2008. In una salettina di Villa Medici, un brillante ottantottenne palermitano, Francesco Alliata, esprimendosi con rara eleganza modernissima, ripresenta e racconta il leggendario film ’La carrozza d’oro’ da lui prodotto nel 1952 a colori, con Jean Renoir e Anna Magnani
Magnifica imbranata. L’espresso 17 gennaio 2008. In una salettina di Villa Medici, un brillante ottantottenne palermitano, Francesco Alliata, esprimendosi con rara eleganza modernissima, ripresenta e racconta il leggendario film ’La carrozza d’oro’ da lui prodotto nel 1952 a colori, con Jean Renoir e Anna Magnani. Con la sua società Panaria, già all’avanguardia nelle prime riprese subacquee, fra le Eolie abbandonate e selvagge. La trama è illustre, da Mérimée a Offenbach a Thornton Wilder. Nel Perù spagnolesco e barocco fino al ridicolo, una capricciosa sciantosa emerge da una troupe di guitti, e (faute de mieux) fa innamorare nobili e toreri senza sfogo né scampo, in colonia, e addirittura il governatore locale, oppresso da nobilastri marionettistici. Il fatale dono alla Périchole di questa carrozza palermitana ridorata fa periclitare gli equilibri a Lima. Ma già nella ’Notte’ di Parini si presenta - fra i giovanotti milanesi maniaci - l’appassionato di carrozze e carrozzerie che per incarico di lontani parenti siciliani e romani segue i lavori "di legni e pelli e ferri e sete e carpentieri e fabbri" nelle officine. Come se si trattasse di una Ferrari o un’Alfa. E quando il capolavoro è finito, lo accompagna lungo la via fuori porta per l’ultimo saluto, l’estrema carezza. Qui invece, a Lima, per sopire il vespaio, la guitta santa donna dona la carrozza all’Arcivescovo per portare il Santissimo ai morenti. E si spera dunque che non accadano spesso alterchi di cocchieri con parolacce invereconde, come nelle vie strette della Milano pariniana. A Palermo, invece, allora il barone Renzino Avanzo era insieme cognato di Luchino Visconti, cugino di Roberto Rossellini, e direttore della Technicolour per l’Italia. Così, Luchino fu dapprima incaricato della sceneggiatura, con molti collaboratori fra cui Moravia. Ma un anno e mezzo dopo, e 140.000 lire spese, la sceneggiatura si rivelò di un anticlericalismo impossibile, e inoltre i luoghi siculo-barocchi già scelti si erano riempiti di pali elettrici. Una commissione presieduta da De Sica e Bragaglia si presentò ai produttori, minacciando che se il film non lo faceva Visconti, la stampa cinematografica italiana l’avrebbe massacrato. Ecco perchè il ricorso a Renoir. Maestro di Luchino, e desideroso di tornare dall’America: perfetto. La Sicilia barocca si dové ricostruire a Cinecittà, coi migliori scenografi. Ma la Magnani rimane imbranata e insignificante. E gli altri, ’better not’. Alberto Arbasino