La Stampa 14 gennaio 2008, Giancarlo Dotto, 14 gennaio 2008
Una vita tra libri e cazzotti. La Stampa 14 gennaio 2008. Jean Gabin è il porto delle nebbie. Tullio Pironti è piazza Dante, i vicoli dei Tribunali, Forcella, le viscere della città borbonica
Una vita tra libri e cazzotti. La Stampa 14 gennaio 2008. Jean Gabin è il porto delle nebbie. Tullio Pironti è piazza Dante, i vicoli dei Tribunali, Forcella, le viscere della città borbonica. Faccia totemica come poche. Maglione nero modello dolce vita e bavero alzato. Il naso è intatto. Le mani escono dalla tasca del cappotto solo per l’essenziale, accendere una Pall Mall, dare le carte a poker e tranciare l’esagerata pizza di Esterina. Le usa anche, le mani, per mostrare come si proteggeva da pugile negli anni ”50. La destra sulla mascella destra, la sinistra sul mento e la spalla a guardia della mascella sinistra. "Come una testuggine", spiega furbo lo scugnizzo settantenne con la licenza della terza media. "La mia boxe? Una sintesi di paura e talento". Fifone con i guantoni, audace, quasi pazzo quando maneggia libri. Scappava e colpiva da pugile. Da editore colpisce e basta. Incassa comunque, che vinca o che perda, ma sempre per kappao. "Un grande pugile mancato e un grande editore mancato", si definisce lui. La sua autobiografia ora la traducono in America. "Libri e cazzotti", due generi in via di estinzione. La vecchia Napoli gli sta addosso come una seconda pelle. Sempre la stessa, buffona e macabra, la città che trucca i cadaveri come fossero bambole e viceversa. La più bella e la più grandiosa di tutte le battaglie perse, l’equilibrio sopra la follia. Amuleti, corna, avanzi di presepe, annunci di lutto ovunque, l’agenzia funebre che si chiama "Kaiser", decine di questuanti tendono la mano e si fingono storpi maledicendo ”o terremoto di 30 anni fa, le pizzerie che sembrano bordelli, i clienti in fila, più rassegnati che smaniosi. Nessuno crede a niente eppure tutto capita a Napoli, inclusi i ventuno manichini impiccati lungo corso Umberto dedicati a Bassolino e alla Jervolino, non so quanti bambini ricoverati al "Santobono" per i botti di Capodanno. Sta per uscire "Munnezzepoli", sottotitolo "La grande truffa", e saranno guai certi per Tullio Pironti, un talento unico nello scovare talenti ma anche nel cacciarsi nei guai. Sono tanti i Pironti a Napoli e vendono tutti libri. Tullio vive a piazza Dante, tra gli uffici della casa editrice e la sua libreria, un’istituzione in città. Gli piace raccontare storie. Uno che, come scrive Ermanno Rea, "terrebbe sveglio anche un moribondo". Quando gli prende la malinconia va dal suo amico, O’ Pacioccone, a Santa Lucia, e affitta una barca. "O’ Pacioccone è immenso. Appena mi vede mi chiede una sigaretta. Una volta mi addormentai sulla barca e venne a stuzzicarmi con la punta del remo. Pensava fossi morto. Il mare per me è come la musica. Mi dà calma. Quando le cose mi girano storto vado in barca e la notte ascolto i Pink Floyd, Another brick in the wall. Ne avrà bisogno di mare e musica, dopo l’uscita di "Munnezzepoli". "Sarà un dossier di Paolo Chiariello, il massimo esperto al mondo sul tema. La domanda chiave: dove sono finiti i due miliardi di euro per l’emergenza rifiuti?" A chi darà fastidio? "A tanti. Non piacerà certo a Bassolino e a tutte le istituzioni napoletane". Spara sulla Croce Rossa.. "Maurizio Valenzi è stato l’ultimo sindaco di qualità. Ma troppo iellato. Colera, terremoto, tutte le catastrofi gli sono cadute addosso. Viceversa a Bassolino gli è andato tutto bene. Il G7, Ciampi che amava Napoli. Il guaio di Bassolino è che a un certo punto si è sentito un mammasantissima. Da allora ha sbagliato tutto". La Jervolino combatte dalla sua trincea. "Donna onesta, punto e basta. Non è mai stata un’aquila". E il rinascimento napoletano? "Nella discarica, come tutto il resto. Una città a vocazione turistica unica al mondo, che mette in fuga la gente". Si stravendono i libri sulla camorra. "La camorra ha superato anche letterariamente la mafia. Io fui il primo. Con ”Il camorrista” vendetti 50 mila copie quasi 30 anni fa. Ne fece un bel film Peppuccio Tornatore, con Ben Gazzarra". Lo scrisse il grande Joe Marrazzo. "Joe era il mio spirito guida. Ma non sempre lo ascoltavo. Mi consigliò di andarci piano con la Chiesa. Avevo già pubblicato ”The Vatican Connection” su Marcinkus e Sindona, uscii poco dopo con ”In nome di Dio”, sul giallo della morte di papa Luciani. Due enormi successi". Pubblicò anche la versione italiana delle lettere di Yuro Kata. "Era il cannibale che aveva ucciso e poi mangiato per amore la fidanzata olandese. Un flop totale. E pensare che a Napoli c’era stato il caso di un padre che aveva staccato il pisello al figlio con un morso per eccesso di amore". Fece scalpore quando rinunciò a pubblicare il memoriale di Licio Gelli. "Avevo versato al Venerabile un congruo anticipo. Passai tre notti insonni a rimuginare, alla fine decisi per il no. Quel libro era una delusione, non aggiungeva nulla alle verità già note. Rinunciai a una fortuna…". Sui giornali ci tornò per la storia degli arresti domiciliari. "Kafka, una barzelletta al confronto. Fui accusato di ricettazione per acquisto incauto di libri. Li pagai con un mio assegno e telefonai alla casa editrice per avvisarli. In pratica, mi autodenunciai. Intellettuali famosi firmarono una petizione a mio favore. Telefonai a Enzo Biagi: puoi fare qualcosa per me? Mi rispose: ho provato con Enzo Tortora, non è servito a niente". Nella copertina di "Libri e cazzotti" c’è il boxeur non l’editore. "Avevo una paura tremenda ma ho fatto il pugile per sentirmi protagonista. Funzionava con le donne. Era l’epoca dei Tiberio Mitri e dei Marcel Cerdan, il bombardiere di Casablanca, amante della Piaf". Tullio Pironti e Nino Benvenuti erano da dilettanti le due grandi promesse della boxe italiana . "Ricordo il ritiro collegiale di Porto Recanati, le donne ci aspettavano a frotte. Schivare e rientrare era la nostra boxe. Benvenuti faceva un passo indietro uno avanti, io quattro indietro e uno avanti. Quando smise, Nino venne a trovarmi a Napoli. Vendeva enciclopedie a rate". Tiberio Mitri le somigliava, bello e spaventato all’idea di prender pugni. "E’ morto all’alba investito alle spalle da un treno mentre camminava sui binari. Dicevano che era ubriaco, ma è la morte che si è scelto". Lei si è già scelto una morte adeguata? "Mi viene sempre in mente a proposito Thomas Mann: ”Stiamo sempre a pensare alla morte ma quando verrà so già che dirò : tutto qua?”". Quella volta che la mandarono al massacro con lo zingaro? "Si chiamava Tongo Troianovic. Era una montagna. Mi nutrivano con latte e carne di cavallo, niente sesso per mesi. Il ring era a Capua nel loro campo profughi. Un inferno. Avevo una tale paura che lo colpii con una violenza inaudita, indietreggiando. Poi lui morì in una rapina a New York". Quando saliva sulle navi americane.... "Ci spruzzavano di ddt prima di combattere con i loro soldati. Scendevamo con le tasche piene di whisky, sigarette e cioccolata". Quella volta del kappao. "Primo e definitivo. L’avevo promesso a me stesso, avrei smesso al primo kappao serio. Si chiamava Zara, un torinese che menava come un boscaiolo. Il suo destro al mento mi fulminò". I suoi kappao vincenti da editore. Ha fatto conoscere in Italia Bret Easton Ellis, Raymond Carver e Don DeLillo. "I diritti di Bret Easton Ellis li vinsi in un’asta telefonica. Mi spiegarono che l’unico modo per spuntarla era offrire più di 50 milioni, oltre i quali le grandi case editrici dovevano convocare il consiglio di amministrazione. Offrii 55 milioni, l’equivalente di 200 di oggi. Prevalse l’incoscienza del giocatore". Fernanda Pivano le scrisse la prefazione. "Un suo regalo. Fu lei a confermarmi che avevo battuto la Mondadori nell’asta. Nanda era un mito per me. Mi tremava il cuore quando la sentii per la prima volta". Federico Fellini voleva pubblicare i suoi ritratti di donne nude. "Mi ricevette a casa sua. Gli brillavano gli occhi ma poi non se ne fece più nulla. Seppi che fu Giulietta Masina a mettersi di traverso. In quell’album c’erano tutte le donne che Fellini aveva desiderato e amato, tutte tranne che lei". Sta scrivendo il secondo volume della sua autobiografia. "Si chiamerà Il paradiso al primo piano, un verso tratto da ”Via del campo” di Fabrizio De Andrè. Le prime pagine sono ambientate al ”Gianna”, il bordello di Mezzocannone dove andai la prima volta. Incontrai tutti i professori universitari di Napoli". Che futuro per i piccoli editori? "Nessuno. Si pubblica troppo in Italia e per noi non c’è spazio. Io sono poi tra i piccoli editori il più povero d’Italia e forse d’Europa. Ma non mollo. Noi Pironti i libri li abbiamo incisi nelle vene". L’ultima invenzione, la collana degli elogi. Cito tra i tanti l’elogio della suocera di Peppe Lanzetta e l’elogio del culo di Tinto Brass. "Tinto venne da me a Napoli con il suo autista e due belle zoccolone delle sue. A proposito, ti andrebbe di farmi un elogio dell’amore mercenario?". Napoli è sempre malavita? "Ma non sempre nel senso deteriore. Nel dopoguerra, il contrabbando di Forcella ci ha salvato la vita. Da loro si trovava da mangiare". Suo padre ha vissuto 102 anni. "Ma lui non beveva, non fumava e fotteva. Io sono l’opposto, bevo, fumo e non fotto". Giancarlo Dotto