Harry Wu, Libero 13/1/2008, pagina 26., 13 gennaio 2008
Laogai. Libero, domenica 13 gennaio Con il passare delle settimane divenni amico di Lang, il mio caposquadra
Laogai. Libero, domenica 13 gennaio Con il passare delle settimane divenni amico di Lang, il mio caposquadra. Aveva la mia stessa età ed era stato il capo di una piccola banda di teppisti di Pechino. (...) Non era famoso per la sua abilità con le donne o la sua bravura a rubare, ma per i suoi combattimenti. I suoi racconti mi insegnarono molto sulla vita e sul gergo di strada a Pechino e su come quella gente pensava, parlava e imponeva la propria autorità. Un giorno Lang mi mostrò una cicatrice sul braccio. Aveva cercato di mettere fine a un conflitto tra due bande rivali, mi spiegò. Quando nessuna delle due parti aveva voluto dargli ascolto, aveva tirato fuori un coltello, si era inferto un taglio sul braccio e aveva dichiarato: "Se qualcuno di voi continua a battersi, il suo sangue scorrerà come questo". Dopodiché, fu quello che mi disse, Lang era diventato il capo di entrambe le bande. (...) Un giorno vidi Lang picchiare un altro prigioniero della nostra squadra. "Perché?" chiesi. "Siamo tutti così deboli, che bisogno c’è di picchiare qualcuno?" A quanto pareva, il prigioniero aveva trovato un osso nei campi e lo aveva fatto a pezzi con il suo falcetto, nascosto nella latrina, al riparo dal vento, lo aveva fatto bollire nella sua bacinella per ammorbidire il midollo. Non si sapeva se fosse un osso di maiale o di bue. Era bianco e sembrava, mi fu detto, vecchio di almeno due anni. Si sparse in qualche modo la voce che il prigioniero, spinto dai morsi della fame, stesse cucinando un osso umano. Gli altri si mostrarono contrari, ma lui continuò a bollire e a rimestare il suo reperto. Stava per tirare fuori il midollo e mangiarlo con il brodo quando arrivò Lang e, con un calcio, rovesciò la scodella e il suo contenuto. "Ehi tu, che cosa credi di fare? Non puoi mangiare quella roba" gridò. " mio!" aveva insistito il prigioniero e avevano iniziato a battersi. Lang lo aveva appena buttato a terra con un calcio quando io ero intervenuto. "Pensavi davvero che fosse un osso umano?" chiesi a Lang qualche giorno dopo, cercando di capire la ragione di quel combattimento. "Magari era di maiale o di bue, non c’è nulla di male". Sentendo messo in dubbio il suo giudizio, Lang ebbe uno scatto di rabbia. "Era rimasto nei campi per due anni. Era secco e bianco senza un filo di carne e qualcuno ha detto che era umano! Mi basta". Non chiesi più nulla. Con il passare delle settimane, la nostra dieta restava invariata e sempre più prigionieri morivano. Quando è gravemente indebolito dalla fame, l’organismo diventa più suscettibile alle malattie. Anche i taglietti più piccoli possono causare il tetano. Alcuni prigionieri soccombettero alla febbre. Ma la causa di morte più comune era la dissenteria. Le persone morivano nella latrina, non avendo più il controllo degli sfinteri. La morte nella latrina Una sera Lang mi disse che aveva cominciato a soffrire di diarrea. Lo incitai a usare tutta la sua forza per stringere i muscoli e fermare il flusso. Se non lo faceva, avrebbe perso le forze rapidamente. Mi rispose che non c’era niente da fare, ormai non controllava più le sue viscere, gli consigliai di non accovacciarsi, ma di restare in piedi appoggiato a un muro, fare insomma tutto il possibile per fermare il flusso dall’intestino. La mattina dopo portai dal lavoro nei campi un po’ di corteccia d’albero e la bruciai per ridurla in cenere, pensando che la cenere avrebbe assorbito l’umidità nel suo stomaco e asciugato il tubo digerente. La mescolai con acqua bollente e la diedi da bere a Lang, ma il terzo giorno cadde morto nella latrina. La sua pelle si era fatta bluastra. Aveva le ossa sporgenti, il ventre dilatato e il torace incavato. Un uomo così giovane e forte, andato così all’improvviso. Forse l’inedia, pensai, uccideva prima i più forti. Anche con la sua morte, Lang mi insegnò qualcosa. (...) Sapevo che Lang mangiava moltissima erba. Per via della sua altezza sembrava aver bisogno di più cibo della maggior parte di noi. Forse un giorno aveva raccolto dell’erba che non era pulita e non l’aveva fatta bollire abbastanza a lungo. Dalla malattia di Lang imparai a essere più attento e a bollire tutto quello che mangiavo. Ricordai anche quanto Lang si fosse arrabbiato per la storia dell’osso. Forse aveva sprecato troppa energia inutilmente, pensai. Lang fu il secondo a morire nel nostro squadrone. Il primo era stato Ma, un contadino analfabeta arrestato per aver rubato durante la carestia un sacco di nove chili di semi di granturco dalla produzione della sua brigata per sfamare la famiglia. Avevo visto il gonfiore risalire lungo tutto il suo corpo. La pelle si era tesa a tal punto da diventare lucida e liscia come un cristallo. Negli ultimi giorni sembrava aver recuperato energia e buonumore. Il volto pallido e magro aveva ripreso un colore rosato. Più tardi riconobbi quei sintomi come tipici dell’ultima fase dell’edema. "L’ultimo rosso del sole che tramonta" dicevamo. (...) Dopo la morte di Lang, l’ufficio della sicurezza mi nominò caposqua-dra di lavoro. In quelle circostanze il titolo significava ben poco e le responsabilità erano minime.(...) Non riuscivo quasi a prendermi cura di me stesso, figuriamoci sorvegliare le azioni degli altri. A caccia di topi Una mattina, mentre lavoravamo nei canali d’irrigazione, uno dei membri del mio squadrone scoprì l’imboc co di una tana sull’argine del canale e chiese il mio aiuto. Fui preso dall’en tusiasmo sperando che quel buco ci avrebbe portato al nido di qualche topo, pieno di chicchi di riso, grano e mais nascosti. Come aveva detto Xing, quella sarebbe stata una fortuna. "Fammi provare" dissi e afferrai il suo badile. Scavai e scavai, seguendo i meandri del tunnel per oltre sei metri lungo l’argine del canale. Anche se il topo era scappato, sapevo che la sua tana poteva nascondere un tesoro. All’improvviso notai alcuni chicchi di grano. Significava che il premio era vicino. Smisi di scavare, mi rialzai e urlai all’altro prigioniero: "Fuori di qui!". "Perché?" chiese arrabbiato. "Avevo chiesto il tuo aiuto". Senza esitare, lo colpii con un pugno sul naso gettandolo a terra e chiamai a gran voce: "Xing, vieni, presto!" "Portalo via" ordinai appena Xing arrivò correndo. Dopo qualche ultimo colpo di badile, trovai la tana del ratto. Conteneva un chilo circa di mais, uno di semi di soia e mezzo chilo di riso, il tutto accumulato dall’animale per i mesi invernali. Avvolsi quel tesoro nel mio cappotto. Ogni giorno, per tutta la settimana, accesi un fuoco nella latrina e cucinai nella mia bacinella le porzioni di cibo. La latrina era un edificio rettangolare con un tetto di canne intrecciate, chiuso su tre lati da muri di cemento e aperto davanti. All’interno, la piattaforma di cemento era in pendenza verso il muro posteriore, dove gli escrementi venivano raccolti attraverso un foro e sparsi come concime nei campi. Le confessioni estorte (...) I prigionieri si industriavano come potevano con le bacinelle smaltate che usavano per lavarsi e prendere l’acqua. Imparai a sistemare la mia bacinella su due mattoni, raccogliere erbe secche o bastoncini nei campi e bollire ogni pianta o radice commestibile che riuscivo a trovare. Ero certo che il processo di cottura uccidesse i batteri dannosi e rendesse le erbe più digeribili. (...) Divisi il mio bottino di mais e riso con Xing e Chen Ming. Nessuno osò avvicinarsi con Xing che faceva la guardia, ma non riuscivo a mettere a tacere la mia coscienza dopo avere colpito il compagno di squadra che aveva scoperto la tana. Il secondo pomeriggio chiesi a Xing di dargli una porzione del cibo nella mia scodella. "Assolutamente no!" dichiarò Xing. "Quello non avrà nulla. Mi fa vomitare". "Perché?" chiesi. "Non voglio farmi un altro nemico. Perché non dividere qualcosa con lui?" "Abbiamo un solo obiettivo, sopravvivere. E poi, è disgustoso. Gli piacciono i maschi. un finocchio. Ha vissuto con un uomo. Ha dato via il culo. Bleah!". "Come fai a saperlo?" chiesi incredulo. " la ragione per cui si trova qui. L’ha confessato alla sessione di studio. Non mi credi? Chiedi a chiunque". Xing sembrava condividere l’opinio ne, ampiamente diffusa in Cina, che l’omosessualità fosse un crimine. (...) Soffocai ogni briciolo di compassione e agii come se fossi l’unico che meritava di sopravvivere. Nel maggio 1961 il governo cinese emise una nuova politica sulla rieducazione attraverso il lavoro, imponendo una chiara condanna dei controrivoluzionari di destra. Nelle sessioni di studio ciascuno di noi doveva confessare, riflettere sui propri crimini e dichiarare la punizione che pensava di meritare. I controrivoluzionari più ostinati, sentenziò il capitano, meritavano certamente il massimo della pena di tre anni. Prestai poca attenzione alla richiesta e compilai l’elenco dei miei crimini come ormai facevo d’abi tudine, affermando che ero un controrivoluzionario di destra, che ero un nemico del popolo, che avevo commesso molti gravi errori e che avevo bisogno di tre anni, il massimo della pena, per riformarmi. A quel tempo non riuscivo a pensare seriamente ai tre anni futuri.(...) Mi chiedevo se il mese prossimo sarei stato ancora vivo. Harry Wu