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 2008  gennaio 14 Lunedì calendario

Londra, espianto d’organi senza il sì del paziente. Corriere della Sera 14 gennaio 2008. LONDRA – Lui ha già deciso: ha la tessera del donatore nel portafoglio

Londra, espianto d’organi senza il sì del paziente. Corriere della Sera 14 gennaio 2008. LONDRA – Lui ha già deciso: ha la tessera del donatore nel portafoglio. La porta sempre con sé. In caso di decesso ogni suo organo verrà utilizzato per salvare altre vite. Ma il sistema britannico, al momento, funziona solo in parte. Ogni anno 1.000 persone muoiono in attesa di un trapianto. Ecco dunque la proposta del premier Gordon Brown: che valga la regola del silenzio-assenso, che l’espianto diventi la norma, piuttosto che l’eccezione. Con un articolo pubblicato ieri dal Sunday Telegraph, il primo ministro ha auspicato l’avvio di un dibattito serio e approfondito sulla questione, ricordando che il Regno Unito sul fronte trapianti è indietro rispetto a molti paesi europei. In Spagna, dove già da tempo c’è chi si oppone all’utilizzo dei propri organi dopo la morte a doversi registrare, ci sono 35,1 donatori per ogni milione di abitanti. In Gran Bretagna 14,9. «Un sistema di questo tipo – ha sottolineato Brown – sembra avere la possibilità di chiudere il dislivello tra i benefici di un trapianto e i limiti imposti dalla necessità del consenso ». E’ un discorso che sulla carta non fa una piega. Sulla lista d’attesa figurano 8.000 nomi, un totale che ogni 12 mesi aumenta dell’8%. In dieci anni, la richiesta di un fegato nuovo è cresciuta del 76%, del 55% quella del rene. Stando alla Organ Donation Task Force, gruppo di esperti messi insieme dal governo per studiare il problema, 1.200 trapianti in più l’anno, oltre a salvare altrettante vite, da qui al 2018 porterebbero a un risparmio per il sistema sanitario di 500 milioni di sterline, circa 700 milioni di euro. La comunità medica è a grandi linee d’accordo con la proposta di Brown. «Abbiamo uno dei tassi di trapianti più bassi in Europa», ha spiegato Sir Liam Donaldson, la più alta autorità medica del paese. «La lista d’attesa non è che la punta dell’iceberg, nel senso che molti medici non vi inseriscono soggetti a rischio perché non hanno speranze di ottenere un trapianto. Questo, in parole semplici, vuol dire che molti pazienti che potrebbero salvarsi muoiono. Al momento, in mancanza di una tessera, sono i parenti a dover decidere, in un momento già di per sé estremamente traumatico e complesso, se dare il consenso oppure no. E’ normale che molti di loro preferiscano rifiutare ». E’ proprio l’aspetto emotivo dell’espianto ad aver innescato, in Gran Bretagna, diverse reazioni negative. I conservatori hanno ricordato che Brown nel 2004 aveva votato contro l’introduzione del «presunto consenso » perché «non spetta allo stato decidere cosa succede al corpo dopo la morte». «La responsabilità del governo – ha sottolineato Andrew Lansley, ministro per la sanità del governo ombra – è di incoraggiare la gente a iscriversi al registro dei donatori e di assicurare che ci siano medici pronti ad agire quando un organo diventa disponibile ». Contrari anche i gruppi per la difesa dei diritti dei pazienti. «Lo chiamano "consenso presunto", in realtà non è un consenso », ha criticato Joyce Robins, del Patient Concern. «Il governo vuole raggiungere l’obiettivo desiderato sfruttando l’inerzia e l’ignoranza». Per la Patients association, quella sull’espianto è «una decisione privata. Chi vuole regalare la vita a un altro essere umano ha il diritto di farlo, ma deve essere un diritto, non un dovere». Paola De Carolis