La Repubblica 14 gennaio 2008, Elena Dusi, 14 gennaio 2008
Batte il cuore creato in laboratorio
Batte il cuore creato in laboratorio. La Repubblica 14 gennaio 2008. ROMA - «Abbiamo preso i mattoni dalla natura. E ce ne siamo serviti per costruire un organo nuovo». semplice la ricetta di Harald Ott, cardiologo del Massachusetts General Hospital. Ma l´organo nuovo, appena "sfornato" da una camera di laboratorio sterile anziché dalla natura, è quel miracolo di ingegneria chiamato cuore: la sfida più complessa per gli scienziati che tentano di riparare i danni dell´organismo sfruttando le cellule staminali e la loro capacità di ricrescere continuativamente. «Quando ci siamo accorti che batteva davvero, siamo rimasti a bocca aperta» ammette Ott. Solo dieci giorni prima il cuore di un topo era arrivato senza vita al Centro per la ricostruzione cardiovascolare dell´università del Minnesota. I ricercatori - come raccontano oggi su Nature Medicine - hanno eliminato tutte le cellule con un particolare processo di "lavaggio", lasciando sul banco del laboratorio solo uno scheletro di cuore, costituito da proteine e collagene, del tutto inerte ma perfettamente conservato nell´architettura di atrii, ventricoli e valvole. A quel punto è iniziata la seconda fase dell´esperimento: la ricostruzione. Sulle pareti dello scheletro dell´organo i ricercatori hanno spalmato uno strato di staminali prese dal cuore di alcuni topi morti da cuccioli. E negli spazi vuoti di atrii e ventricoli sono state iniettate staminali di tipo leggermente diverso, prelevate dal tessuto endoteliale dei roditori. Le cellule del primo tipo hanno iniziato a replicarsi e maturare, gonfiando lo scheletro con nuovo tessuto muscolare. Le staminali endoteliali si sono trasformate - esattamente come avviene in natura - in una rete di vasi sanguigni che ha avvolto il cuore e giorno dopo giorno gli ha permesso di "resuscitare". «Dopo quattro giorni di camera sterile, l´organo ha iniziato a contrarsi debolmente. Dopo otto giorni davanti ai nostri occhi avevamo delle pulsazioni vere e proprie» racconta Doris Taylor, che del Centro per la ricostruzione cardiovascolare dell´università del Minnesota è direttrice. «Questo processo - spiega - può essere applicato a qualunque tipo di organo». E anche se è restio a svelarne i dettagli, il gruppo della Taylor ha già iniziato uno studio simile sul cuore di maiale, il più simile a quello umano per struttura e dimensioni. La forza con cui l´organo "resuscitato" batte in laboratorio è ancora debole (il 2 per cento rispetto a un cuore di topo adulto, il 25 per cento rispetto al cuore del cucciolo da cui originariamente è stato espiantato) ed è necessario che un pacemaker detti il tempo in continuazione. Ma trovando i fattori di crescita giusti per le staminali non dovrebbe essere difficile migliorare l´efficienza dell´esperimento. In prospettiva, agli uomini in attesa di un trapianto potrebbe essere applicato un cuore trattato con le proprie cellule staminali, eliminando il problema del rigetto. E dopo aver risolto il rompicapo del cuore, estendere la tecnica agli altri organi dovrebbe essere un percorso in discesa. «Rene, fegato, polmone, pancreas. Voi citatene uno, e noi proveremo a realizzarlo» sorride Doris Taylor. ELENA DUSI