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 2008  gennaio 13 Domenica calendario

I brividi della prima. Il Messaggero 13 gennaio 2008. «MAESTRO, non si spaventi: qualunque cosa accada, attacchi la Marcia reale»

I brividi della prima. Il Messaggero 13 gennaio 2008. «MAESTRO, non si spaventi: qualunque cosa accada, attacchi la Marcia reale». Nel camerino del Teatro Costanzi, a queste parole, pronunciate da un commissario di polizia pochi minuti prima del debutto assoluto di Tosca la sera del 14 gennaio 1900, il direttore Leopoldo Mugnone sbiancò. «Sembra che si tratti di un complotto... si parla di bombe!», spiegò il funzionario. E Mugnone: «Per carità, tacete. Non dite niente a nessuno!». Non voleva seminare il panico. Ma oramai la frittata era fatta. La voce si diffuse in palcoscenico aumentando la tensione degli artisti, già agitati perché sembra avessero ricevuto lettere minatorie (secondo alcuni, inviate da sostenitori di Mascagni). L’opera cominciò. Ma venne subito interrotta a causa di grida provenienti dal fondo della platea. Nuovo inizio, e nuova sospensione per il trambusto. Qualcuno, forse il commissario, urlò: «Giù il sipario». Il povero Mugnone fu tentato di ricorrere alla Marcia reale. Ma resse. E finalmente Tosca partì, senza fermarsi più. Dunque, un debutto sul filo del rasoio, per il capolavoro di Puccini. La minaccia di una bomba è sempre stata una cosa seria. Quelli, oltretutto, erano gli anni delle prime agitazioni sociali; il 1998 a Milano aveva visto le cannonate di Bava Beccaris contro la folla. Meno grave il tumulto in platea, causato semplicemente dalle proteste contro gli spettatori ritardatari in una serata che aveva richiamato, come si dice, il pubblico delle grandi occasioni: c’erano la regina Margherita, il presidente del consiglio Pelloux e Edmondo De Amicis (l’autore di Cuore era, all’epoca, sottosegretario alle Poste). Gl’inconvenienti, alla fine, non rovinarono la serata ma probabilmente le tolsero un po’ di smalto. E’ vero che furono bissati ”Recondita armonia”, ”Vissi d’arte” e l’introduzione del terz’atto; è vero che i cantanti Hariclea Darclée, Emilio De Marchi e Eugenio Giraldoni furono molto apprezzati e così Mugnone e le scene di Hohenstein, poi divenute storiche. Ma cinque chiamate dopo il prim’atto, due dopo il secondo e sette alla fine non sono poi molte, specie se confrontate con le sessante di Cavalleria rusticana di Mascagni dieci anni prima. Sui giornali, qualcuno, per verità, ne contò una ventina. Ma in quell’occasione si arrivò a dire tutto e il contrario di tutto. Chi parlò di trionfo e chi di delusione, chi trovò la musica delicata e chi drammatica, chi esaltò il second’atto e chi disse che era il meno riuscito. Non mancò chi espresse perplessità sul fatto che i protagonisti muoiano tutti: «l’ultimo atto, che avvicina la fucilazione di Mario al suicidio di Tosca, non è fatto per mandar via il pubblico di buon umore». In ogni modo è probabile che il pubblico sia stato colto di sorpresa dal ritmo serratissimo dell’opera, dai dialoghi incalzanti fatti spesso di frasi brevi e nervose, dal conflitto tra religiosità ed erotismo; e che sia rimasto disorientato davanti a Scarpia, personaggio da detestare moralmente ma da ammirare per la potenza della musica con cui Puccini lo dipinge. Soprattutto, molti si aspettavano un Puccini tutto sentimento come in Manon Lescaut e Bohème e invece trovarono invocazioni strazianti e scene di ferocia. Per questo, anche senza la minaccia della bomba forse le accoglienze non sarebbero cambiate. E del resto, Tosca ”esplose” subito, fin dalle repliche avviandosi a diventare una delle opere più rappresentate e amate al mondo, al punto che, quando nel 1992 Andrea Andermann s’inventò ”Tosca nelle ore e nei luoghi di Tosca” in mondovisione, non ci fu alcun problema nel trasmettere il terzo atto in un orario da Guinness dei primati per un melodramma sul piccolo schermo: le 6 del mattino. Alfredo Gasponi