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 2008  gennaio 13 Domenica calendario

Il teatro è affar mio. Il Messaggero 13 gennaio 2008 ROMA - Da quando è scalmanato conduttore di Affari tuoi, lo leggono come un abbecedario a colori: Flavio Insinna novello Brancaleone, Flavio Insinna ragazzo sexy, Flavio Insinna nazionalpopolare, Flavio Insinna tutto

Il teatro è affar mio. Il Messaggero 13 gennaio 2008 ROMA - Da quando è scalmanato conduttore di Affari tuoi, lo leggono come un abbecedario a colori: Flavio Insinna novello Brancaleone, Flavio Insinna ragazzo sexy, Flavio Insinna nazionalpopolare, Flavio Insinna tutto. Concupito dalle donne («Non sono nemmeno padrone, ormai, di autodefinirmi ”un uomo di peso”: si arrabbiano»); figlio elettivo dei padri che rimpiangono «i bravi ragazzi di una volta»; collega ideale per quanti sognano di lavorare gomito a gomito «con un essere umano». Accoglie sorridendo, quasi incredulo, la lista dei meriti, l’elenco delle prestazioni che lo hanno reso amico di tutti gl’Italiani: Don Bosco, il capitano dei carabinieri di Don Matteo, Don Pappagallo, i film di Ferrario e Ozpetek, Affari tuoi... «La televisione è potente. Entra nelle case, l’ho detto tante volte, impone la tua faccia, il tuo modo di essere. Se ingrani, la gente impara in fretta a volerti bene, ci sono quelli che aprono siti, quelli che scrivono lettere, improvvisamente ti senti il perno di qualcosa. L’effetto, sulla mia psicologia, è stato di felicità privata, oltre che professionale: mi sono messo al servizio di chi gioca, gente spesso spinta da motivazioni non ilari, non avventurose, ma da reale bisogno». Eppure, distribuendo pacchi, citando Shakespeare, i filosofi e i poeti su Raiuno, Insinna ha meditato il ritorno al primo amore: il palcoscenico. Il 22 gennaio a Cascina, in provincia di Pisa, debutterà in uno spettacolo che coltiva da anni, Senza Swing, per la regia di Giampiero Solari e prodotto da Ballandi: «Vado a portare in provincia un show che, in realtà, mi ha accompagnato fin qui come un cane fedele. E’ un pezzo di vita, la storia di una banda scalcagnata di commilitoni che, in caserma, mette su un gruppo musicale e suona il grande jazz. Mi sono concesso il lusso, lavorando sul set, di pagarmi due-tre recite l’anno, ogni anno, di questa stessa vacanza teatrale. In realtà, non ho mai reciso il cordone ombelicale con la scena, allievo di Gigi Proietti che ha ”bevuto” il maestro per imparare l’arte-mestiere. E non vede l’ora di ritrovarla». Con la sua aria di medaglia autentica, che se la mordi risponde ”a oro”, cade senza resistenza nella trappola dell’amarcord. Anzi, ci sguazza. E il Flavietto beneducato al quale il papà siciliano, medico della Marina, ha insegnato i buoni principi, e la mamma romana l’estroversione sana e un po’ accidiosa dei Quiriti, si fa goloso nel confessare la passione. «Il sacro fuoco del teatro covava dentro, ma senza sfacciataggine, privo del coraggio sufficiente per manifestarsi. Dopo il servizio militare, l’avevo però riconosciuto. A mamma e papà ci ho messo un po’, a dirlo, forse a loro sarebbe sembrata una cosa poco seria. La prima ad aiutarmi è stata mia sorella Valentina. Mi iscrissi alla scuola di teatro di Alessandro Fersen, poi, quasi senza preavviso, mi trovai davanti al banchetto dove ci si metteva in nota per il laboratorio di Gigi Proietti, in fila con altri seicento aspiranti. Fui preso. L’avventura è cominciata così. Ho studiato, provato, soprattutto ”osservato”. Da Gigi, maestro di poesia e concretezza, ho imparato che la Tosca di Gigi Magni può rubarti le notti e nascere bene anche fra ragazzi, con le scene fabbricate con gli arnesi portati da casa e dipinte a mano». Romanista inveterato, Insinna va allo stadio e ama «condividere» la partita con i tifosi omologhi, assaporando l’aria solidale, la colleganza, la fede che accomuna gli uni agli altri. Trasporta tutto questo in palcoscenico: «Senza Swing lo faccio con le persone di sempre, musicisti che suonano dal vivo, compagni di strada che sanno raccontare. Solari ci permette di entrare e uscire insieme dalla storia principale K che è quest’unione di intenti e sensazioni nata in caserma K per sconfinare nella fantasticheria, nel recupero del passato, nella speranza del futuro. Aliti d’aria fresca. Mi permettono di giocare ancora, di riconoscermi per ciò che sono veramente. La gente, nei centri di provincia che tocchiamo quest’anno, capirà. Speriamo capiscano anche i ”cittadini” delle cosiddette metropoli. Li affronteremo la prossima stagione». E proprio là, alla fine del 2008, dovrebbero starci tre settimane al Sistina. L’uomo dei pacchi possiede insomma il necessario a dimostrare la propria autenticità. Il suo carisma ha un po’ del candore di Hugh Grant, un po’ dell’animalità di Gassman, molto della mascherata malinconia di Tati. In sintesi, il sorriso sotto uno sguardo lucido. La Sicilia paterna? «Forse. Mio padre mi ha raccontato i paesi, le piazze assolate, i bar dove il maresciallo dei carabinieri si lasciava offrire il caffé soltanto dalle persone oneste. Sono cose che rimangono». Absit iniuria verbis. Bravo Flavio. Rita Sala