La Stampa 13 gennaio 2008, Antonella Amapane, 13 gennaio 2008
Dolce & Gabbana: ཿLa moda ha stufato
Dolce & Gabbana: ”La moda ha stufato”. La Stampa 13 gennaio 2008. La moda ha stufato. C’è un’overdose di offerta in giro. Via, si cambia, è il momento di raddrizzare il tiro», Dolce e Gabbana senza tanti giri di parole fotografano il momento di stanchezza che si abbatte sul settore dell’abbigliamento: «E’ un’abbuffata, quando arrivi al dolce ti viene la nausea, ti fa schifo tutto. Ma questa marea di vestiti chi li compra? I negozi a Natale erano vuoti. Al consumatore non frega nulla delle anticipazioni di stagione... non sa neanche che cosa sono, acquista un vestito se gli piace e basta. La gente ha più voglia di divertirsi che di vestirsi, scappa dalla solitudine, ha bisogno di stare con gli altri. Infatti i ristoranti sono pieni perché favoriscono gli incontri. Senza contare che chi può ha ripreso a ricevere in casa, c’è bisogno di dolcezza. I giovani sono annoiati a morte, s’impasticcano per ritrovare l’allegria. Ma siamo matti?». E allora qual è la soluzione per ristabilirsi dall’indigestione fashion? «La moda deve adeguarsi, tradurre le esigenze della società e distinguersi dal caos di migliaia di marchi con molti plus valori, fra cui l’eccellenza, solo così si supera la crisi e scatta il desiderio nei consumatori. Tutto non è per tutti». Antennine tese, radar alla ricerca di soluzioni innovative, meno aggressive, condite da un sano ritorno ai valori. I due stilisti ci provano ricominciando dalle loro radici, fotografano una Sicilia orgogliosa, fatta di ragazzi in coppola, di eleganti pastori avvolti in giganti montoni, di sensali in giacche di tweed tagliate al vivo, velate e termosaldate, scaldati da maglioncioni tricottati a mano. Ecco la faccia vera del Sud, lontana dagli scandali della spazzatura di Napoli («Che vergogna, se ne occupassero i politici seriamente»). Linee morbide e zero logo. Scomparso. «Cresce ogni giorno la quota di mercato che non lo vuole più, addirittura i russi ora lo snobbano. Resiste solo se legato al mondo tecnico sportivo». L’aspetto dei capi è tradizionale, un po’ usurato, le magie stanno dentro, sono nascoste, le conosce chi le fa e chi le indossa ben sapendo che non deve esibire più niente. La collezione è spessa, caldissima. «Con questa storia del global-warming sono scomparsi gli indumenti protettivi, e quando poi fa freddo?». Pochi si arrampicano sulle Madonie, ma in montagna ci vanno in tanti. Parlano a ruota libera Dolce e Gabbana, dal loro calendario che immortala il modello David Gray nudo (proprio nudo) al Paese alla deriva: «L’Italia è piena di vecchi che non danno spazio ai giovani, dobbiamo darci una mossa, però gli americani devono smetterla di criticarci, si guardino loro. La Francia con Sarkozy va a 3000. Siamo orgogliosi di Carla Bruni che per noi ha sfilato una dozzina di volte. Brava e furba». La moda da noi rischia di non essere più di moda, anche se i mercati esteri in crescita sono bulimici di made in Italy. Per questo C.P. Company debutta sul podio con giubbotti in cachemire impermeabile. «La passerella è uno status di grande impatto. Ci ha chiesto di sfilare il nostro partner cinese». Colori bui, tenute sobrie. Tornano gli uomini che portano i pantaloni e rassicurano le donne, invocati da Donatella Versace - che in prima fila schiera la figlia Allegra e Byoncè - decisa a rilanciare la cavalleria dei giovanotti capaci di corteggiare il gentil sesso (ma ce ne sono?) come Patrick Dempsey della serial «Grey’s Anatomy». «Guardare ai valori del passato per andare avanti e arginare una società violenta», dice. La ricetta della Medusa è un cocktail di lusso, dove i paltò di cachemire sono lavorati con il visone sottile come il capello di un neonato (17 micron). Pastrani importanti ricordano il dipinto del Dottor Boucard di Tamara Lempicka. I tagli esprimono anche garbo nei modi. «Le donne sono state troppo bistrattate, basta. Oltre agli stupri pensate anche alle violenze elettorali subite da Hillary... Io la voterei subito». Umori e sensibilità diverse s’impastano nel guardaroba maschile che per svettare fuori dal coro imbocca tante vie. Nostalgica, da Burberry Prorsum che riparte dalle tenute operaie d’inizio secolo con cappotti di coccodrillo sbiadito e mega montgomery di feltro. Romantica, da Navarra nelle camicie ”700 sposate ai pantaloni di Morrison. Tecnologica, da Costume National nei trench in mischie di tessuti stropicciati. Sperimentale, negli effetti marmorei degli affusolati completi di Jil Sander. Giocosa, nei cappotti-kimono di Gigli con fodere di seta verde speranza. ANTONELLA AMAPANE