La Repubblica 12 gennaio 2008, Hugo Dixon, 12 gennaio 2008
I debiti rischiano di schiacciare il boom del Manchester
I debiti rischiano di schiacciare il boom del Manchester. La repubblica 12 gennaio 2008. Il Manchester United sembra andare a gonfie vele. L´anno scorso gli utili sono raddoppiati grazie alla maggiore capienza del nuovo stadio, ai lucrosi contratti pubblicitari e alla vittoria in campionato, ma. Il "ma" è il massiccio indebitamento addossato al club quando due anni fa fu acquisito dalla famiglia di miliardari statunitensi Glazer per 790 milioni di sterline, 2/3 dei quali finanziati da prestiti: 265 milioni da JP Morgan (garantiti dal patrimonio rappresentato dallo stadio Old Trafford e dai giocatori) e 275 milioni da alcuni hedge fund, ai quali i Glazer pagano un lauto 12% d´interesse garantito dal loro patrimonio personale, nel quale è compreso il club. L´ardito piano elaborato dalla famiglia per rimborsare il debito prevedeva ufficialmente l´aumento del 50% dei ricavi del Manchester in 5 anni e la triplicazione degli utili di gestione, ma probabilmente si contava anche sul rapido rifinanziamento dei prestiti ad alto tasso con altri più favorevoli. Sfortunatamente però la crisi creditizia dello scorso giugno ha sparigliato le carte e ora non solo le possibilità dei Glazer di ridurre il pesante debito di 600 milioni di sterline sono state praticamente azzerate, ma nell´attuale situazione di mercato altre ipotesi di finanziamento appaiono impraticabili. La straordinaria performance del Manchester rende improbabile il deragliamento dei Glazer, ma il problema dell´indebitamento rischia di annullare i vantaggi dell´esplosione degli utili del club. Una Galani [Effetto domino] Il quadro economico statunitense ha mostrato una sorprendente capacità di resistenza al disastro delle obbligazioni subprime, che nel 2007 è costato la perdita di un numero altissimo di posti di lavoro, ma nuovi licenziamenti potrebbero verificarsi se nel 2008 si concretizzeranno i timori di un allargamento delle precedenti difficoltà ad altri settori del credito, il che farebbe precipitare gli Stati Uniti da un´ampiamente prevista modesta crescita economica in una vera e propria recessione. Uno sguardo al settore finanziario che, travolto dal tracollo delle emissioni subprime, nel 2007 ha perso 161.000 posti di lavoro (il triplo del 2006 e il 31% in più del precedente record del 2001 dopo l´afflosciamento della bolla Internet), basta a rivelare la consequenzialità fra la stretta creditizia e la disoccupazione. Ora la crisi potrebbe estendersi ad altri settori, fra i quali le carte di credito al consumo sembrano particolarmente vulnerabili. Si teme l´impennata delle insolvenze dei privati via via che aumenteranno le rate dei mutui a tasso variabile, mentre secondo Moody´s, se la crescita economica si incaglierà, nel 2008 le emissioni societarie inadempienti potrebbero quintuplicarsi. Se queste fosche previsioni si avvereranno, le perdite di posti di lavoro nel settore bancario potrebbero superare quelle già pesanti del 2007. Al settore finanziario, che da solo vale il 7,4% della produzione economica, i programmi di riduzione delle spese di colossi come Citigroup e Merrill Lynch potrebbero costare decine di migliaia di posti di lavoro, innescando un effetto domino in un mercato dell´occupazione già col fiato corto alla fine del 2007. Gli appena 18.000 nuovi posti di lavoro creati a dicembre negli Stati Uniti, infatti, sono il peggior risultato dell´ultimo quadriennio, senza contare che il numero degli occupati nel commercio al dettaglio è in piena crisi e il tasso di disoccupazione complessivo ha toccato quota 5%. Steve Rosenbush (Traduzioni a cura di MTC) HUGO DIXON