Paolo Foschi, Corriere della Sera 12/1/2008, 12 gennaio 2008
ROMA – Contrordine. I topi d’auto son tornati. Più tecnologici che mai. E la flessione del numero di furti di macchine e moto annunciata due anni fa sembra già finita
ROMA – Contrordine. I topi d’auto son tornati. Più tecnologici che mai. E la flessione del numero di furti di macchine e moto annunciata due anni fa sembra già finita. I dati ufficiali del 2007 ancora non ci sono. «Saranno pronti ad aprile», spiegano dal ministero dell’Interno. Ma c’è poco da stare allegri. Nel 2006 il Viminale aveva registrato un deciso calo delle denunce: -9,1% in Italia, con punte del 21% a Milano. «Un’inversione di tendenza storica», avevano esultato le autorità. Ora però emergono altre cifre. Tutt’altro che incoraggianti. La verità dell’Aci «Le richieste di certificato di perdita di possesso del mezzo sono aumentate ancora», spiega l’Automobil club. Circa 150 mila negli ultimi dodici mesi. I furti, in realtà, sono stati più numerosi. Ma chi ritrova il veicolo in tempi rapidi (anche se spesso danneggiato o smontato) non deve richiedere questo documento che serve per scaricare la responsabilità degli eventuali danni causati dai ladri o dai reati commessi con la vettura rubata. Ecco il dettaglio: nel 2005 le richieste di certificato, che viene rilasciato dal Pubblico registro automobilistico, erano state 136 mila. L’anno dopo, proprio mentre secondo il ministero i furti stavano diminuendo, all’Aci erano pervenute 146 mila domande. E per il 2007 il numero è salito di qualche altro migliaio di unità. «Furti in calo? Non sembrerebbe proprio», commentano dall’Aci. Sensazione condivisa dall’Ania, l’associazione che raccoglie le imprese assicuratrici aggiunge: «Miglioramento? Per le statistiche ci rimettiamo ai dati del ministero, ma la situazione sembra stazionaria ». Due ruote nel mirino La polizia non rilascia dichiarazioni ufficiali. Dalle prime elaborazioni, però, a cavallo fra il primo e il secondo semestre risulterebbe «un sensibile aumento delle denunce a Roma, Napoli, ma anche in alcuni quartieri di Milano». Il fenomeno riguarda in particolare moto e scooter (che hanno già subìto oltre il 100% di aumento dei furti dal 2000) e in misura minore’ almeno in determinate zone – anche le macchine. Ma che fine fanno i veicoli trafugati? «Le auto rubate spesso sono rivendute su mercati stranieri dove non ci sono grossi controlli, come l’Albania o alcuni Paesi africani», spiega Vittorio Verdone, responsabile del settore auto dell’Ania. E ancora: «Moto e scooter invece di solito vengono smontati e i pezzi vengono rivenduti». Una piccola parte di auto e moto viene utilizzata dai ladri per commettere altri reati (scippi), per piccoli spostamenti o per una semplice bravata. I veicoli ritrovati oscillano fra l’8 e il 15% di quelli sottratti. Le piccole bande Nel 2006 il ministero dell’Interno aveva attribuito la flessione dei furti al maggior numero di controlli sulle strade, nei porti (da dove vengono imbarcati i veicoli verso i mercati stranieri) e in generale sul territorio. E anche alla diffusione di antifurti sempre più sofisticati. E quest’anno? Fra poliziotti e carabinieri forte è il sospetto che l’apertura della frontiera con la Romania abbia aggravato la situazione. «Nella maggior parte dei casi si tratta di microcriminalità, piccolissime bande però organizzatissime – spiegano dalla questura di Roma ”. Per moto e scooter il modo di agire è col Verso l’estero Le vetture rubate spesso sono destinate ai mercati esteri, come quello albanese o di alcuni Paesi africani. Le moto di solito sono smontate, e i pezzi rivenduti laudato. Girano di notte in tre o quattro persone con furgoni piombati per bloccare i segnali inviati dagli antifurti satellitari che indicano la localizzazione del mezzo. Uno dei ladri resta alla guida con il motore acceso, gli altri scendono e in meno di mezzo minuto caricano moto, motorini e scooter e scappano via. Li portano in periferia. Smontano i pezzi». E quel che resta viene bruciato, oppure abbandonato in fondo a corsi d’acqua, o in piccole scarpate. Trucchi del mestiere I topi d’auto, a parte i «ladruncoli» che forzano la serratura magari spaccando il finestrino, spesso sono dotati di scanner e altri apparecchi per mettere fuori uso qualsiasi antifurto. «Gli specialisti puntano vetture di grossa cilindrata lasciate in strada magari per il tempo di una cena – spiega un ufficiale dei carabinieri in servizio a Napoli ”, salgono a bordo e provano a neutralizzare gli apparati di sicurezza nel giro di pochi secondi, per non correre troppi rischi. Se non ci riescono subito, scappano via». Allora l’auto è salva. Ma spesso con l’impianto elettrico danneggiato. Se invece il colpo riesce, la vettura viene «parcheggiata» in rimesse sicure per qualche settimana. Quindi finisce all’estero. Di solito via mare. In container che riescono a sfuggire ai controlli doganali. Secondo la polizia, mentre il riciclaggio è gestito da grandi organizzazioni, i furti veri e propri sono eseguiti da «pesci piccoli che però sanno bene a chi rivendere le macchine». I furbetti delle polizze Poi ci sono i finti furti. Secondo i dati incrociati di Ania e Isvap (l’istituto di vigilanza sulle assicurazioni), l’1% delle denunce nasconde una truffa, percentuale che sale sopra il 7% nelle grandi città (come Napoli e Bari). «Ma il problema sono i furti veri, non certo quelli finti», scherzano dalla questura di Roma. Un’emergenza senza fine. Nel 2006 ogni ora in media erano sparite nel nulla 20 macchine, una ogni tre minuti. Con ogni probabilità la situazione è oggi ulteriormente peggiorata. Paolo Foschi ROMA – Cornuti e tassati. Chi subisce il furto di auto o moto deve pagarci sopra anche qualche odioso balzello. Un sistema che alimenta un piccolo «tesoretto» per le casse pubbliche: almeno cinque milioni di euro l’anno. Prima il danno, poi la beffa. Senza considerare la difficoltà per ottenere i risarcimenti dalle assicurazioni. Andiamo con ordine. Le vittime dei furti, per evitare di continuare a pagare il bollo e per scaricare la responsabilità dei danni causati dai ladri dei veicoli, devono richiedere il «certificato di perdita di possesso del mezzo». La denuncia a carabinieri e polizia (gratuita) non basta. Scatta così il primo obolo. Il certificato può essere rilasciato solo dal Pra, il Pubblico registro automobilistico dell’Aci. La richiesta allo sportello costa 36,88 euro, di cui 7,44 vanno all’Aci come rimborso per la pratica, i restanti 29,24 sono imposta di bollo. Se poi sono stati rubati anche i documenti del mezzo, allora la tassa lievita a 43,86 euro. E tutto ciò a prescindere dal valore del veicolo, si tratti di una Ferrari da 300 mila euro o di un piccolo scooter. Se però non c’è tempo per andare allo sportello, ci si può sempre rivolgere alle agenzie di pratiche auto o alle delegazioni Aci: prezzo raddoppiato, quando va bene. Se poi la vettura o la moto sono assicurate, allora – paradossalmente – gli esborsi continuano. Per procedere con il risarcimento e liquidare il danno, infatti, le compagnie chiedono una sfilza di documenti: oltre al libretto di circolazione, al certificato di proprietà, all’originale della denuncia presentata all’autorità giudiziaria e al certificato di perdita di possesso, anche l’estratto cronologico. un altro pezzo di carta rilasciato solo dal Pra, alla modica cifra di 20,82 euro (6,20 per l’Aci, 14,62 di imposta di bollo). E l’autocertificazione? Come se non esistesse. Piccola parentesi: il premio delle polizze, cioè la somma che si versa per assicurare contro il furto un veicolo, comprende un’altra imposta, pari a circa il 10% del totale. Insomma, l’assicurato paga tasse prima e dopo il furto. Pierluigi Bersani, il ministro «liberalizzatore» dello Sviluppo economico, aveva proposto l’unificazione del Pra con la Motorizzazione civile (ente pubblico), per cancellare i costi di gestione del Registro. Battaglia persa. Bersani ha comunque ottenuto qualcosa: il divieto per le compagnie di richiedere il «certificato di chiusura di inchiesta». Costa «solo» 3,10 euro. Ma sovraccaricava di lavoro i tribunali. E permetteva alle assicurazioni di allungare i tempi del risarcimento. «L’estratto cronologico – spiega Vittorio Verdone, dell’Ania – serve per evitare le truffe e garantire il cliente. Dimostra l’effettiva proprietà del mezzo. Ma non tutte le compagnie lo chiedono ». Fin qui i costi fissi della burocrazia. «In realtà le assicurazioni, attraverso il sistema delle franchigie, non risarciscono quasi mai l’intero valore del mezzo – dice Elio Lannutti, responsabile dell’associazione di consumatori Adusbef – e cercano di prendere tempo in tutte le maniere. Spesso vengono proposti rimborsi di valore inferiore alla somma assicurata con scuse varie, anche quando le polizze sono state pagate a prezzo altissimo, fino a 800 euro all’anno per uno scooter che ne vale poco più di duemila. E molte compagnie spesso si rifiutano di assicurare moto o auto anche in grandi città come Roma. Ora però i cittadini hanno un’arma in più: quando le condizioni generali imposte dalle compagnie sono irregolari, è possibile promuovere la class action, la causa collettiva per il risarcimento dei danni». «I prezzi delle polizze contro il furto sono stabili, mentre le garanzie sono migliorate – ribatte Verdone ”, è chiaro che dove il rischio è maggiore, le tariffe sono più alte». Ma una cosa è certa: le assicurazioni non ci rimettono. Secondo i dati riportati nell’ultima relazione dell’Ania, il bilancio del settore auto nel 2006 è stato positivo per oltre 850 milioni di euro. Pa. Fo. MILANO – Nel motore, una mandria: 500 cavalli. Nella carrozzeria, un bunker: vetri antiproiettile di cinque centimetri, il serbatoio a prova di esplosioni, il fondo dell’auto che nemmeno un carro armato poteva scalfire. E infatti, la chiamavano «gepanzert», superblindata. E infatti, tempo di parcheggiarla, e gliela rubarono. A Stoccarda, in un’affollata via del centro. Vittima, Jurgen Shrempp, presidente della DaimlerChrysler. Perché i ladri non badano a censo, tenore, potenza e nome del proprietario. A loro, interessa solo la macchina. E non quello che c’è sopra. Per esempio, l’assessore alla Cultura Vittorio Sgarbi, una sera è a Milano, in piazza della Repubblica. Mette le quattro frecce, scende, prende i bagagli ed entra, a dieci metri di distanza, in un hotel. Prenota, molla le valigie, esce e oplà, sorpresa. Scomparsa. «Mi venne un colpo». Per l’auto? «Chi se ne frega, era un’Audi scassata. Per i fogli e i documenti e le carte sul sedile posteriore». Documenti importanti? «Erano i miei adorati appunti...». Andò bene, all’assessore. «Convinti che fosse a benzina e non a diesel, si fermarono a un distributore, a Torino. Fecero il pieno. Che asini. Duecento metri più avanti, la mollarono: si era ingolfata». E i fogli e i documenti e le carte? «Li lasciarono». A Gianfranco Funari, invece, della sua Bentley e del contenuto, non è mai tornato indietro nulla. «Ho fatto inserzioni, appelli. Ho cercato e cercato. Sono disperato». Non lenisce il dolore pensare a uno degli ultimi regali della moglie, un’altra macchina di classe, fiammante e potente, oppure ammirare il garage, che conta altri pezzi da novanta. «Quella Bentley era un mio grande amore. Nessun’altra potrà ridarmi la stessa gioia e le stesse emozioni». Del resto, a volte, la macchina è una questione di cuore, oltre che, s’intende, di (tanti) soldi. Ecco Elisabetta Canalis, attaccatissima a un’Audi A3, che «fu il primo acquisto fatto con i primi guadagni» e che, zac, le portarono via. Ecco Bobo Vieri che, ai tempi dell’Inter, per entrare in un locale lasciò le chiavi del Cayenne a un finto parcheggiatore che sgommò via e raccontano che lui, Bobone, al Cayenne ci tenesse come a una figlia. Ecco un altro ex interista, Francesco Coco, convinto da conoscente a prestargli la Range Rover: «Me la dai che vado a comprare le sigarette?». Come no. Chiavi in mano, lui sgommò, e intendendo rubarla e fuggire lontano, accelerò e si schiantò contro un palo: trauma cranico e denuncia per appropriazione indebita. Infine, ecco il caso dell’inviato del Times Alan Copps. Per seguire la storica Mille Miglia, la corsa delle auto d’epoca, s’era presentato a bordo di una monumentale Bentley rossa. Quando scese dall’hotel, non la trovò. L’inviato scrisse sul proprio giornale: «Scoprire che si è volatilizzata nella notte, è mortificante». Si consoli, mister Copps: quando ci si mettono, non c’è niente che possa fermarli. Tanto per dire, c’è stato chi s’è fregato perfino l’auto di James Bond. A Montecarlo, nel 2000, sparì la Mercedes 500 Sl di Roger Moore, che appunto ha interpretato sugli schermi la parte del super 007. Ora, famosi o non famosi, belle donne o calciatori, il vero problema, alla fine è: un’auto rubata è difficile da recuperare. A meno che uno non sia il figlio di Totò Riina: a Corleone, prelevarono una Fiat Uno, era targata Livorno, pareva una macchina comune. In pochi minuti si seppe che il proprietario faceva di nome Giovanni Riina, e la Uno tornò al suo posto. «A me, non me la ridaranno più», sbuffa Funari, «ciclicamente chiamo polizia e carabinieri, chiedo novità. Inutile. Le auto di lusso depredate le han recuperate tutte, tranne la mia. Che dolore immenso». E già, che dolore. Uno mica si può sempre consolare con la massima popolare che, in un’intervista, Albertone Tomba fece sua: «Una bella donna o una bella macchina? Beh, se ti rubano la macchina te ne accorgi». Andrea Galli