Stefano Lepri, La Stampa 10/1/2008, 10 gennaio 2008
STEFANO LEPRI
ROMA
La sinistra ritiene che sia uno strumento per tassare i grandi capitalisti. Non è così, i grandi capitalisti ne saranno solo sfiorati. Il centro-destra (che pure a suo tempo, nel 2004, della stessa misura aveva discusso) paventa un danno ai piccoli risparmiatori; in gran parte no, perché i piccoli risparmiatori in genere hanno più soldi in banca che in titoli, e sugli interessi dei depositi l’aliquota diminuirà.
L’attesa comune è di un consistente gettito dall’aliquota unica sulle rendite finanziarie al 20%, in salita per i rendimenti di titoli di Stato e obbligazioni oggi tassati al 12,5%, in discesa per gli interessi sui depositi bancari oggi tassati al 27%. Ieri il governo ha detto ai sindacati che andrà avanti e che tutti il ricavato sarà destinato a sgravi ai lavoratori. Ma forse, tra le strettoie della politica, il gettito atteso potrebbe rivelarsi, nell’immediato, illusorio.
Infatti, circola molto l’ipotesi di applicare la nuova aliquota soltanto sui titoli di nuova emissione. D’altra parte, se il governo Prodi 2 questa faccenda se la trascina da un anno e mezzo, è perché lo stesso centro-sinistra, nella primavera scorsa, non l’ha passata in commissione Finanze della Camera, dopo aver inutilmente cercato esenzioni per i risparmiatori più piccoli. In autunno si è aggiunta la crisi finanziaria a consigliare prudenza. Spingono ancora i sindacati, compresa la Ugl vicina alla destra, ma la Confindustria, che l’anno scorso era favorevole, ora è contraria.
I grandi capitali non sono interessati perché le società e i non residenti quell’aliquota non la pagano. E il 90% circa dei titoli di Stato italiani sono in mano a investitori di questo tipo. Dunque la maggiore tassazione riguarderebbe solo i titoli in mano a privati italiani; per la maggior parte benestanti, visto che il 40% delle attività finanziarie è concentrato in mano al 10% più ricco delle famiglie. Al contrario, secondo le indagini della Banca d’Italia, il 60% possiede soltanto conti in banca.
Ai livelli attuali di rendimento, attorno al 4%, la nuova tassazione porterebbe via circa 30 euro in meno all’anno ogni diecimila euro di BoT, CcT o BTp posseduti; nel caso, ovviamente, che la nuova aliquota colpisse i titoli già circolanti. Ma anche se così fosse, la decorrenza non potrebbe scattare da prima della metà dell’anno: dunque nel 2008 si raccoglierebbe solo la metà del gettito in ragione d’anno stimato tra 1,5 e 2 miliardi di euro.
Non è solo il ministro per le Politiche comunitarie Emma Bonino a consigliare di «stare attenti ai tempi» perché la crisi finanziaria non è finita. Al Tesoro il viceministro Roberto Pinza (Pd), che più da vicino segue i mercati finanziari, è freddino, perché sa bene che la questione è complicata; il sottosegretario Mario Lettieri (Pd) «a titolo personale» conferma di preferire la scelta di tassare solo i titoli di nuova emissione. Della stessa idea è anche il presidente della commissione Bilancio di Montecitorio Lino Duilio (Pd): «avviciniamoci alla tassazione europea, ma senza ideologismi».
Peraltro ad una tassazione dei soli titoli nuovi (gettito pressoché nullo nel primo anno, poi via via crescente) sono sfavorevoli gli operatori finanziari, che non vogliono segmentazioni del mercato. Così, tra i politici restano anche attivi i fautori dell’altra via, qualche forma di esenzione per i piccoli risparmiatori: ne riparla il sottosegretario all’Economia Alfiero Grandi (Sd), che pure dell’operazione aliquota unica è da sempre un sostenitore convinto; ne è sempre stato un sostenitore il leader dell’Udeur Clemente Mastella. Ma i tecnici del fisco dicono che è un rompicapo.
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