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 2008  gennaio 10 Giovedì calendario

MEZZINI Alberto

MEZZINI Alberto Bologna 9 luglio 1965. Imprenditore. Socio di controllo di Uniland, il 2 febbraio 2011 finì agli arresti domiciliari (ipotesi di reato dal falso in bilancio all’aggiotaggio fino all’insider trading. Secondo la Procura il patrimonio sarebbe stato gonfiato grazie alle stime di “compiacenti periti” che avrebbero sovrastimato il valore degli asset immobiliari anche del 700%) • «Era atterrato in Borsa nel 2006 con la sua “Uniland spa-The wealth of the land”, nata sulle ceneri della Perlier. Sede a Londra o New York? No, Monghidoro, 3.600 anime a 40 chilometri da Bologna, paese fondato dagli Ostrogoti e che ha dato i natali a Gianni Morandi. Molta scena al debutto sul listino (+215%in sei mesi) ma pochissimo flottante, fino ad arrivare al record imbattuto di 1,3%appena [...] “Facciamo land banking” , proclamava agli analisti. E così è scritto nei bilanci, comunicati stampa, sito, brochure ecc. “Land Banking”. Tolto il fumo, significa compravendita di terreni. Mezzini capisce subito che la Borsa può essere un moltiplicatore di “carta” (azioni in cambio di immobili e terreni) e che un titolo sottile è facilmente manovrabile. La Consob capisce presto chi è Mezzini. Lo marca stretto. E segnala le anomalie anche in Procura a Bologna dove già dal 2008 c’è un fascicolo aperto [...] “Un genio criminale e autodidatta”, secondo l’accusa, che in pochi anni avrebbe trasformato una manciata di società con scarsi capitali in un gruppo da 600 milioni di portafoglio. Tra le proprietà c’è anche l’eredità Borghese. Insomma Mezzini avrebbe costruito un castello di carta alimentato, dopo l’entrata in Borsa nel 2006, da operazioni di manipolazione del mercato. [...]» (Mario Gerevini, “Corriere della Sera” 3/2/2011) • «Dice che il merito è tutto di suo padre Domenico. “Lui sì che aveva fiuto. Girava attorno a un paese o una città e capiva quali aree sarebbero diventate edificabili. Mi spiegò che, in fondo, bastava ragionare. Un Comune, quando sceglie un’area, la prende il più vicino possibile a una zona dove già ci sono strade, fogne, rete elettrica. Non la sceglie in mezzo al deserto, i collegamenti costerebbero troppo. Così mio padre ha cominciato a fare affari, e io continuo”. Non viaggia in jet ma in treno, Alberto Mezzini [...] l’uomo che con la Uni Land ha comprato 740 ettari di terreno appena fuori dal raccordo anulare di Roma. A prima vista sembra l’affare del secolo. “Pagherò 14 milioni di euro, nemmeno due euro per metro quadrato. Con questi soldi in Italia non si compra nemmeno una palude”. La Uni Land entreà in possesso dell’intera ex eredità Borghese, entro il 31 dicembre 2008. Sparsi nei 7 milioni e 400 mila metri quadri di terreno ci sono 570 fabbricati, con circa 1.500 unità immobiliari. “Ci sono ruderi abbandonati ma anche ville con piscina. C’è pure un aeroporto, quello di Guidonia. Lo Stato voleva venderlo, ma il precedente proprietario dell’area Borghese ha fatto presente che ai tempi di Mussolini non era mai stato espropriato. Ci sarà da discutere e anche da litigare. Ma se lo Stato vuole vendere un bene, significa che l’uso pubblico è finito, per cui o espropri e paghi, oppure restituisci al privato”. La possibilità di costruire un altro grande pezzo di Roma appena fuori dal raccordo anulare, in direzione di Rieti, ha già creato allarme. “Chi ha comprato - ha cercato di rassicurare Roberto Morassut, assessore all´urbanistica della Capitale - dovrebbe sapere che i vincoli paesaggistici e ambientali che sono fissati per legge non potranno essere facilmente tolti. I vincoli batteranno il cemento”. Alberto Mezzini non si scompone. “Con il Comune di Roma - dice - non abbiamo ancora avuto nessun contatto. Un fatto è certo: abbiamo alcune aree edificabili che abbiamo intenzione di valorizzare, ma senza troppa fretta. Non conosciamo ancora bene ogni dettaglio della nuova proprietà. Un tempo c’erano i contadini con la stalla e il fienile, poi la stalla è stata ristrutturata per costruire quattro appartamenti, poi questi appartamenti si sono moltiplicati. In tutto ci sono 2.600 contratti di enfiteusi e nostro primo impegno è portare a reddito ogni contratto. Negli ultimi decenni la proprietà Borghese non ha reso nulla, ma la Cassazione nel 1997 ha stabilito che gli “enfiteuti” debbono pagare un canone pari al 15% del valore di mercato. Chi non paga per due anni, perde ogni diritto. Dopo questo lavoro di verifica, presenteremo al Comune progetti precisi, facendo presente che la nostra non è un’immobiliare che vuole solo fare soldi. È prevista anche la beneficenza”. Il “colpo grosso” è stato realizzato nelle ultime ore del 2007. “Il professor Massimo Chiappini, figlio di Vittorio, il commercialista che nel 1947 aveva rilevato tutta la proprietà della famiglia Anna Maria Borghese, mi ha detto di avere visto una pubblicità dell’Uni Land, che è una land banking, una banca della terra. Ci ha detto: se regalo tutto allo Stato, questo sperpera il patrimonio. Se faccio un regalo al Vaticano, la Chiesa vende tutto nel giro di pochi anni. Per questo si è rivolto a noi, e nella joint venture che abbiamo costituito il professore avrà una parte, circa il 7% del Blu Fund (riceverà la proprietà Borghese), che impegnerà in beneficenza, soprattutto per i bambini africani. Noi vogliamo fare le cose in regola. Speriamo comunque che un Comune, quando deve scegliere fra un’impresa che pensa solo ai soldi e un’altra che pensa anche ai bambini poveri, faccia la scelta giusta”. Lo sconosciuto imprenditore arrivato alla porte di Roma dice di “dormire sonni tranquilli”. “La Uni Land ha un capitale di 663 milioni lordi, 338 al netto. Fra le società immobiliari quotate ha il minor debito, 70 milioni. Altre società hanno 600 milioni di capitale e 600 di debito. Non sono un Ricucci o un Coppola, non cerco le veline e non compro squadre di calcio. Vivo a Bologna e il fine settimana lo passo a Monghidoro, nella casa di famiglia. Insomma, come si dice, ‘mi faccio i miei’. Stavo già bene prima, poi è arrivato l’affare Borghese. Quando compri terra buona e case al prezzo di una palude, puoi davvero dormire sonni tranquilli”» (Jenner Meletti, “la Repubblica” 10/1/2008).