TuttoScienze La Stampa 09/01/2008, VEERABHADRAN RAMANATHAN, 9 gennaio 2008
Meganuvole avvelenate fanno bruciare la Terra. TuttoScienze La Stampa 9 Gennaio 2008. UNIVERSITY OF CALIFORNIA AT SAN DIEGO - USA
Meganuvole avvelenate fanno bruciare la Terra. TuttoScienze La Stampa 9 Gennaio 2008. UNIVERSITY OF CALIFORNIA AT SAN DIEGO - USA. I segni clamorosi del riscaldamento globale sono l’innalzamento del livello dei mari, lo scioglimento del manto dei ghiacci artici e la ritirata dei ghiacciai nelle Alpi, nelle Ande e nell’Himalaya: minacciano - spiegherò al Festival delle Scienze di Roma - noi, i nostri figli e i nostri nipoti. Il mondo, quindi, non può permettersi ulteriori catastrofi ambientali. E invece, purtroppo, ora se ne aggiunge una nuova e assume la forma delle «ABC», le «Atmospheric Brown Clouds» (le nuvole oscure). I loro effetti comprendono la riduzione dell’illuminazione solare, il mascheramento dell’effetto serra, la desertificazione e l’accelerazione del ridimensionamento di ghiacci e ghiacciai. Calore intrappolato Ci sono due tipi di inquinamento nell’atmosfera. Uno è l’immissione dei gas serra, come il diossido di carbonio provocato dalla combustione dei combustibili fossili, l’ossido di azoto dei fertilizzanti e gli halocarbon usati nei frigoriferi. Questi gas, il cui decadimento richiede tempi lunghissimi, ricoprono il pianeta e intrappolano il calore. Il riscaldamento conseguente è simile a una coperta di lana in una notte d’inverno che ci tiene caldi, bloccando il tepore del corpo. Il calore globale trattenuto solo l’anno scorso è equivalente all’accensione di 25 trilioni di lampadine da 60 watt, giorno e notte, tutti i giorni! La seconda forma di inquinamento consiste nelle particelle minuscole che sporcano i cieli, compresi quelli più belli, come a Roma. La foschia contiene fuliggine, solfati, nitrati e centinaia di altri composti chimici. I granuli provengono dalla combustione del carbone e dei motori diesel, dal cucinare con combustibili come legno e sterco e dai roghi dei residui dei raccolti, della vegetazione delle savane e degli alberi nelle foreste. Tra le conseguenze, ci sono le tante vittime umane, causate dall’inalazione degli inquinanti, e i danni agli ecosistemi, scatenati dalle piogge acide. L’ozono, inoltre, porta alla riduzione dei raccolti stessi. Usando le misurazioni di aerei e satelliti, abbiamo scoperto che le particelle vengono trasportate dai venti per migliaia di chilometri e che si trasformano nelle scie intercontinentali e transoceaniche delle nuvole «ABC», spesse fino a tre chilometri. Queste intercettano la luce solare in due modi: le particelle scure di fuliggine assorbono la luce stessa, mentre solfati e nitrati la riflettono, rimandandola nello spazio. Insieme, assorbimento e riflessione provocano il fenomeno del «dimming», l’oscuramento globale. Si genera così un raffreddamento al suolo, che può aver mascherato tra il 50% e il 75% dell’effetto serra. Se il fenomeno appare come un regalo inatteso dell’inquinamento, si tratta in realtà di un patto faustiano: considerando gli impatti negativi delle «ABC» sulla salute e sugli ecosistemi, l’inquinamento, infatti, non può non essere combattuto. E grazie alle nuove leggi le emissioni negli USA e in molte aree dell’Europa si sono un po’ ridotte. Comunque, anche se tutti i gas serra fossero eliminati a livello mondiale, è probabile che il pianeta continuerebbe a riscaldarsi di un altro grado e mezzo proprio in seguito all’eliminazione degli effetti delle nuvole «ABC»! Si tratta del doppio del livello di riscaldamento osservato negli ultimi 100 anni e i dilemmi morali si aggravano quando si considerano, per esempio, le conseguenze delle «ABC» sulla produzione alimentare e sulle riserve idriche di Cina e India. L’una e l’altra stanno sperimentando una crescita spettacolare. Ma è uno sviluppo che impone un prezzo molto alto all’ambiente: le emissioni di particelle che causano le «ABC» sono aumentate di oltre quattro volte dagli Anni 50 a oggi. Le pianure del Gange e della Cina orientale sono tra le aree più inquinate del mondo, con le mega-nuvole che incombono per almeno sei-nove mesi l’anno. La Cina e l’India, così come l’Oceano Indiano e l’Oceano Pacifico, si sono oscurati del 10%, se si confrontano i dati odierni con quelli di mezzo secolo fa. Dato che la luce solare che arriva sulla superficie terrestre è una «leva» basilare per le precipitazioni portate dai monsoni, il «dimming» ha provocato, secondo i nostri calcoli, una riduzione tra il 5% e il 10% delle piogge sulla sola India. L’ulteriore aumento delle emissioni di fuliggine potrebbe quindi portare al raddoppio delle fasi di siccità sulla regione indo-gangetica, che ospita una popolazione di 500 milioni di persone. Intanto, sia in Cina sia in India, le piogge torrenziali sono aumentate, mentre le precipitazioni medie sono diminuite, provocando alluvioni in alcune aree e carestie in altre. E’ evidente che l’impatto più drammatico sarà sull’agricoltura. E non basta: si ritiene che il riscaldamento dell’aria, provocato dai fenomeni di assorbimento delle fuliggini, amplifichi l’effetto serra sulle aree himalayane, secondo un fattore due. Le coltri di neve e i ghiacciai sono note per essere la «fontana» dell’Asia, dato che forniscono acqua ai maggiori fiumi, a cominciare da Indo, Gange, Brahmaputra, Mekong e Yangtze. Almeno due terzi dei 15 mila ghiacciai di questa zona si stanno ritirando: sebbene la riduzione fosse cominciata nel XIX secolo, il tasso di ritirata si è intensificato dagli Anni 50. Gli studiosi sono arrivati alla conclusione che il riscaldamento dell’aria alle alte quote sia la causa primaria di questa accelerazione. Le continue riduzioni, secondo le mie valutazioni, rappresentano oggi le maggiori minacce per Cina e India. Ecco perché dobbiamo mobilitare risorse per studiare con il massimo grado di accuratezza il fenomeno e per capire se gli scienziati hanno trascurato qualche aspetto. L’esempio di un effetto che è sfuggito ai più è l’influenza delle fuliggini sulla regione himalayana: sono queste a offuscare la brillantezza del ghiaccio e della neve. E’ certo che la contaminazione provocherà un’ulteriore assorbimento della luce solare e contribuirà al loro scioglimento. Non a caso, le misurazioni ai campi-base dell’Everest, finanziate dall’Italia e realizzate da un team del CNR, indicano vaste concentrazioni di nuvole «ABC» perfino a queste altitudini. Esperimento-pilota La ricerca, però, offre anche qualche speranza per mitigare gli effetti delle mega-nuvole sul riscaldamento globale e sullo scioglimento dei ghiacciai. Se ha identificato proprio nelle fuliggini il colpevole numero uno, possiediamo le tecnologie e le risorse per ridurre le emissioni. Dato che cucinare con legno, carbone e sterco rappresenta una fonte di inquinamento primaria in molte parti dell’Asia, si apre la prospettiva di sostituire questi combustibili con energia solare e biogas. La permanenza delle fuliggini nell’aria dura poche settimane e, quindi, gli effetti di queste trasformazioni sull’ambiente sarebbero immediatamente percepibili. Per capire le sfide socio-economico-tecnologiche legate alla trasformazione delle abitudini in cucina di un’enorme popolazione (700 milioni nella sola India), abbiamo lanciato il «Project Surya» con un gruppo di ingegneri, sociologi e organizzazioni non governative. Per la fase pilota verranno scelte due aree rurali: una montana, nell’Hindu Kush, e l’altra nelle pianure indo-gangetiche, con circa 30 mila persone, dove saranno installate cucine solari e impianti a biogas. Si potranno così studiare gli effetti dell’eliminazione delle fuliggini sulla salute, sui ghiacciai, sul riscaldamento al suolo e sul «dimming». Il progetto non è che un esempio di come ciascuno di noi debba immaginare modi efficaci per affrontare il riscaldamento globale. La scienza ci sta fornendo conoscenze immense sull’impatto dell’uomo sul clima e dobbiamo usare questo sapere per sviluppare soluzioni olistiche - cioè globali - che combinino i cambiamenti della natura con la nostra capacità di trasformare i comportamenti. VEERABHADRAN RAMANATHAN