Il Sole 24 Ore 05/01/2008, Marco Valsania, 5 gennaio 2008
Rockefeller con il greggio inventò i trust. IL SOLE 24 ORE 5 gennaio 2008. Prima dei nuovi signori del petrolio in Russia o in Cina
Rockefeller con il greggio inventò i trust. IL SOLE 24 ORE 5 gennaio 2008. Prima dei nuovi signori del petrolio in Russia o in Cina. Prima delle leggendarie sette sorelle o delle loro eredi, quali il colosso Exxon Mobil. Prima, a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento, c’era lui: John D. Rockefeller. L’uomo che sull’oro nero, sulla scoperta della sua importanza industriale e strategica aveva costruito uno degli imperi aziendali più grandi mai esistiti. Che aveva concentrato nelle sue mani un potere e una ricchezza con pochi eguali. Anzi, che quando si tratta di ricchezza vanta record ineguagliati: passato alla storia come il primo miliardario, come l’archetipo del tycoon, del magnate, Rockefeller valeva immensamente di più, fatte le debite proporzioni con le dimensioni dell’economia, degli odierni super-ricchi, da Bill Gates a Carlos Slim. Un patrimonio sopravvissuto anche ai colpi dell’Antitrust, che spezzarono l’impero della Standard Oil ma finirono per arricchirlo personalmente moltiplicando le azioni nelle sue mani. Tanto da conferirgli un alone di mistero, perpetrato dagli ultimi quarant’anni vissuti lontano dal greggio e impegnati invece, con vaste fondazioni, a rivoluzionare la filantropia. Nelle sue apparizioni pubbliche amava dispensare monete da dieci centesimi (ridotti a cinque durante la Grande Depressione). Ammirato ed esecrato in egual misura, simbolo del capitalismo puritano di successo per alcuni e oggetto preferito di pamphlet al vetriolo per altri, i cosiddetti muckrakers, gli scrittori della denuncia sociale, Rockefeller deve la fama ai suoi molteplici volti. Ostile all’imprevedibilità del mercato, schiacciò inesorabilmente i concorrenti, diede i natali a grandi concentrazioni industriali e "inventò" la forma societaria del trust, poi messa all’indice da norme antimonopolio tuttora in vigore. La Standard Oil, nella sua epoca d’oro, si meritò il soprannome di Piovra. Altrettanto certamente riversò cifre senza paragone, oltre mezzo miliardo di dollari, per la ricerca scientifica e medica contribuendo a eliminare malattie quali la febbre gialla. Quel che forse è meno noto è che il suo impero ebbe origini triviali e assai poco avventurose: prese le mosse dalla sua abilità contabile, e dal suo acume nella gestione delle raffinerie e nella commercializzazione dei suoi derivati, non dalla ricerca ed estrazione del greggio. Quando acquistò la prima raffineria, il giovane Rockefeller - figlio di un venditore ambulante, poligamo, mezzo imprenditore e mezzo ciarlatano, la cui memoria lo tormentò a lungo - tornò a casa, si chiuse in camera da letto, si inginocchiò e pregò che il Signore benedicesse la sua nuova impresa. Ma è alla più prosaica religione dell’efficienza che Rockefeller deve la sua ascesa. Spesso allora era solo il kerosene a essere venduto, con il resto dei derivati dal petrolio, soprattutto la benzina, trattato alla stregua di prodotti di scarto, gettato a inquinare i fiumi, spesso con il pericolo di incendi. Rockefeller ruppe con simili pratiche e presto la benzina sarebbe diventata uno dei grandi motori dell’avanzata economica. La Standard Oil avrebbe controllato oltre il 90% della raffinazione e dei derivati del greggio. Quel petrolio che Rockefeller dominò e trasformò in prodotti cruciali oggi non ricopre forse più la medesima centralità economica. Ma la sua nuova marcia verso quotazioni record a cento dollari al barile e le scosse che infligge a mercati ed economia dimostrano che è ancora la materia prima per eccellenza, cuore di grandi conflitti e crisi. Se la Standard Oil è scomparsa da tempo, i suoi epigoni restano tra le più potenti società globali. E, nella cultura popolare come nella politica, l’oro nero mantiene un ruolo di primo piano: i candidati alle elezioni presidenziali del 2008 si scontrano su piani per l’indipendenza energetica. Mentre recenti film di successo ruotano attorno a saghe petrolifere: da Syriana, storia di intrighi tra Stati Uniti e Medio Oriente, al nuovo There will be blood, che nell’epica corsa al greggio dei primi del 900 in California cerca radici e identità della società americana. Rockefeller è alle origini di tutto questo. Nato nel 1839, il suo battesimo nel mondo degli affari lo ebbe a 16 anni nei panni di contabile per uno dei tanti broker commerciali di Cleveland in Ohio, una professione molto ricercata con il grande sviluppo dei commerci. La sua ambizione e perseveranza ben presto divennero un tratto distintivo. Nella più completa biografia su Rockefeller, dal significativo titolo Titan, titano, Ron Chernow riporta un aneddoto rivelatore: quando gli capitò per le mani una banconota da 4mila dollari, rimase a lungo ipnotizzato a guardarla, aprendo ripetutamente la cassaforte durante la giornata per tornare a osservarla. Presto, alla caccia di maggior successo, si mise in proprio. E risale a quegli anni anche la promessa fatta a se stesso di regalare a cause caritatevoli un decimo della sua fortuna. Il passo verso il petrolio non tardò. Alla fine della Guerra civile, che Rockefeller evitò grazie alla comune abitudine di finanziare altri per vestire l’uniforme, Cleveland era oltre a un grande snodo commerciale anche uno dei primi cinque centri di raffinazione del Paese, data la sua relativa prossimità alla Pennsylvania dove erano stati scoperti pozzi di petrolio. Nel 1870, assieme ad alcuni partner, Rockefeller fondò la Standard Oil of Ohio. L’ossessione per l’efficienza e i conti precisi la trasformò ben presto nella più redditizia attività di raffinazione dell’area. Mentre gran parte dei rivali, prima dell’avvento delle automobili, non sapevano che fare della benzina, la Standard Oil la usava per i motori dei suoi macchinari. Altri residui producevano lubrificanti: l’azienda comprò anche la Chesebrough, creatrice della vaselina. Approfittando di una spinta al consolidamento nella miriade di piccole raffinerie (nel 1870 la capacità era tripla rispetto al greggio estratto), la Standard Oil lanciò una strategia di sistematiche acquisizioni: in meno di due mesi, nel 1872, rilevò 22 su 26 società concorrenti a Cleveland. Rockefeller teneva le attività migliori e chiudeva le altre. A volte, leggenda vuole, bastava che mostrasse i suoi libri contabili perché i rivali capitolassero davanti alla sua strapotenza o venissero cooptati. Altre, minacciava di ridurre i rivali sul lastrico con guerre dei prezzi. Minacce mai vuote: Rockefeller strinse alleanze con le ferrovie che gli garantirono forti sconti, a volte superiori al 70%, per il trasporto di greggio e derivati. E arruolò alleati per paralizzare gli avversari più tenaci: convinse le ferrovie a negare a un oleodotto rivale il diritto ad attraversare i binari, costringendo i concorrenti a travasare il greggio in barili per portarlo al di là dell’ostacolo. Standard Oil divenne la regina del settore: era lei a decidere il trasporto dell’oro nero e a stabilirne i prezzi. Nel 1890 l’azienda spostò il quartier generale da Clevaland a New York: controllava ormai l’88% del greggio raffinato negli Stati Uniti. Nel 1904 la sua quota era del 91% nella produzione e dell’85% nelle vendite, soprattutto kerosene. Quegli anni segnarono però anche il progressivo cambiamento del clima nel Paese: nel 1882 Standard Oil aveva dato vita a un "trust" per meglio controllare le disparate attività in numerosi Stati. Ma nel 1892 l’Ohio ordinò la sua dissoluzione. Rockefeller rispose scorporando le attività nello Stato e nel 1899 nasceva la Standard Oil Company of New Jersey, un’inedita holding company con quote in ben 41 società che a loro volta controllavano altre aziende. La resa dei conti, tuttavia, sarebbe arrivata negli anni successivi: ai primi del 900 l’azienda finì nel mirino di giornalisti d’assalto, a cominciare da Ida Trabell che in The History of the Standard Oil Company accusò Rockefeller di pratiche scorrette. Commissioni governative trovarono l’impero responsabile di concorrenza sleale. E nel 1911, con la sua quota di mercato nella raffinazione ancora al 64% (mentre nella ricerca ed estrazione non superava l’11%), fu trovata in violazione della legge antitrust Sherman Act: il Dipartimento della Giustizia ordinò la sua dissoluzione in 34 società distinte. John Rockefeller si era ormai ritirato da oltre dieci anni dal management, ma come grande azionista ricevette un quarto dei titoli delle nuove società, gonfiando il suo patrimonio. Abbastanza da soddisfare una delle due grandi ambizioni che aveva coltivato fin da ragazzo: quella di guadagnare almeno centomila dollari. Nel 1902 vantava già 200 milioni su una ricchezza nazionale di 101 miliardi. E negli ultimi anni della sua vita, questo patrimonio sarebbe lievitato a 1,4 miliardi. Il secondo desiderio non venne invece esaudito: era quello di vivere cent’anni; Rockefeller morì in Florida nel 1937, all’età di 98 anni. Lasciando però una longeva dinastia di banchieri e politici nata dall’oro nero. Marco Valsania