Il Sole 24 Ore 08/01/2008, Francesco Billari, Gianpiero Dalla Zuanna, 8 gennaio 2008
L’immigrato fa l’Italia giovane. IL SOLE 24 ORE 8 gennaio 2008. Per dimostrare che l’Italia è in crisi, nelle loro recenti analisi il New York Times e il Times fanno largo uso di indicatori demografici, riecheggiando un’immagine comune anche da noi
L’immigrato fa l’Italia giovane. IL SOLE 24 ORE 8 gennaio 2008. Per dimostrare che l’Italia è in crisi, nelle loro recenti analisi il New York Times e il Times fanno largo uso di indicatori demografici, riecheggiando un’immagine comune anche da noi. La popolazione italiana sarebbe a crescita zero e starebbe invecchiando rapidamente; inoltre, in Italia nascerebbero meno bambini rispetto a ogni altro Paese occidentale. Questa immagine della demografia italiana è, oggi, sbagliata. La vera e propria "rivoluzione demografica" che stiamo sperimentando è stata infatti, finora, poco considerata. La popolazione italiana è cresciuta nell’ultimo decennio. In Italia oggi vivono più di 60 milioni di persone. Infatti, ai 59,4 milioni di iscritti all’anagrafe vanno aggiunti almeno 700mila stranieri irregolari, come stimato da varie fonti. Una cifra simile è suggerita dalle recenti 655mila richieste di assunzioni di extracomunitari: nella stragrande maggioranza dei casi si tratta di domande di regolarizzazioni mascherate, per stranieri che già vivono e lavorano nel nostro Paese. All’inizio del 1999, vivevano in Italia 57,6 milioni di persone, sempre tenendo conto anche delle stime sugli irregolari. Dall’inizio del 1999 alla fine del 2007, la popolazione italiana è dunque cresciuta – in media – di 270mila persone all’anno, come se ogni anno si aggiungesse all’Italia una provincia come Savona. un ritmo di crescita più veloce di quello degli anni Settanta del ’900, che accomuna l’Italia al Regno Unito e alla Francia, ed è più rapido rispetto a Germania, Svezia e Giappone. L’immigrazione ha rallentato l’invecchiamento. Nei nove anni considerati, la popolazione con più di 65 anni è cresciuta di 1,5 milioni di persone, grazie soprattutto allo spettacolare aumento della sopravvivenza degli anziani: un incremento molto più rapido di quello del Regno Unito, quasi doppio rispetto agli Usa, dove oggi la speranza di vita alla nascita è di tre anni più bassa che in Italia (77 contro 80 anni). Ma la popolazione nelle età centrali (20-64 anni) è cresciuta in misura ancora maggiore (circa due milioni in più), grazie ai sostenuti ingressi di cittadini stranieri. Sempre grazie agli immigrati e ai loro figli, nello stesso periodo le persone con meno di vent’anni sono rimaste praticamente costanti. Di conseguenza, malgrado il grande incremento della sopravvivenza degli anziani, l’età media della popolazione che vive in Italia è cresciuta di poco, passando da 41,2 anni all’inizio del 1999 a 42,5 alla fine del 2007 (un incremento simile a quello osservato nel Regno Unito). Questi andamenti sono molto diversi da quelli immaginati solo pochi anni prima. Le stime costruite dall’Istat e dall’Onu negli anni Ottanta prevedevano, per fine 2007, appena 33 milioni di persone in età 20-64, ossia 4 milioni in meno di quante vivono e lavorano oggi effettivamente in Italia. Infine le nascite. In Italia nascono meno bambini rispetto ad altri Paesi ricchi con la stessa popolazione. Nel 2006 in Italia ci sono state 560mila nascite, contro le 760mila della Francia e le 700mila del Regno Unito. Tuttavia, la fecondità è in aumento da quasi dieci anni, e questa crescita è più vivace laddove – dieci anni fa – c’era il record mondiale della bassa natalità. In Emilia Romagna nel 2006 sono nati 1,4 figli per donna, il 40% in più rispetto al 1997. A livello nazionale, solo il 40% della crescita dell’ultimo decennio è dovuta alla maggior fecondità degli stranieri. Il resto è legato alla forte ripresa delle nascite per le donne italiane con più di trent’anni e delle nascite extra nuziali. Questa rivoluzione demografica italiana proseguirà nel prossimo futuro. Le immigrazioni continueranno, sostenute sia da fattori di espulsione (l’incremento della popolazione in età lavorativa nei Paesi poveri) che di attrazione (il nostro bisogno di manodopera), oltre che dalla persistente mancata regolazione pubblica degli ingressi. La vita media continuerà a crescere, anche se forse a ritmi meno sostenuti rispetto al recente passato, grazie alla rapida disseminazioni di nuovi fattori di prevenzione e di cura. Infine, anche la fecondità dovrebbe continuare a crescere, specialmente con un fisco più favorevole alle famiglie con figli, con più decise misure di conciliazione fra lavoro e genitorialità e con l’ulteriore diffusione delle nascite nelle nuove forme familiari. Per la società e l’economia italiana è oggi importante abbandonare un’idea depressiva del "declino demografico". In realtà, siamo co-protagonisti di una rivoluzione demografica che sta ridisegnando le società dei Paesi ricchi, e per questo dobbiamo attrezzarci. Gli italiani non dovrebbero raffigurarsi come i vecchi custodi di un fortino assediato: tra qualche decennio saranno molto diversi da quelli che sono oggi, ma non saranno solamente un po’ più vecchi. Le migrazioni continueranno a essere, come sono sempre state, un modo naturale per contrastare il declino demografico, e gli immigrati dovranno essere velocemente considerati come membri a pieno titolo della società. Una maggior attenzione verso le famiglie con figli e verso la conciliazione tra lavoro e famiglia diventeranno sempre più pressanti. La popolazione italiana non è dunque in declino, ma in veloce trasformazione. Appunto, una rivoluzione demografica. Francesco Billari (Università Bocconi) Gianpiero Dalla Zuanna (Università di Padova)